Qatargate: l’inchiesta si allarga fino a Marocco e Iran. Ipotesi «gola profonda» dagli Emirati arabi Uniti

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(Roma, 14 dicembre 2022). Al centro le attività della Ong “Fight Impunity” dell’ex eurodeputato Panzeri

L’inchiesta si allarga. Anche geograficamente. E spuntano i nomi di nuovi Paesi – dal Marocco agli Emirati, fino all’Iran – coinvolti nel disegno criminale che, secondo le ipotesi degli inquirenti belgi, ruotava attorno alle attività della Ong “Fight Impunity” dell’ex eurodeputato di Articolo Uno Pier Antonio Panzeri. Anzitutto il Marocco, il secondo Stato tirato in ballo dalle accuse formulate dal pm di Bruxelles Michel Claise per i rapporti strettissimi di Panzeri con suoi alti papaveri, tra cui l’ambasciatore in Polonia Abderrahim Atmoun, che – secondo quanto trapelato finora – sarebbe all’origine dei generosi regali elargiti alla famiglia dell’ex segretario della Camera del Lavoro di Milano.

Qatargate, l’ipotesi resa dei conti tra i Paesi del Golfo

Ma dietro il vaso di Pandora che, scoperchiato, ha innescato il più grande scandalo nella storia dell’Europarlamento c’è pure l’ipotesi di una resa dei conti tra i Paesi del Golfo, i cui rapporti interni sono ben più tesi di quello che l’unità regionale lascia trasparire. Gli Emirati Arabi Uniti, in particolare, potrebbero essere la “gola profonda” che ha attivato i sospetti; in particolare perché – si racconta – Abu Dhabi è stata al centro di un’audizione della sotto-commissione Diritti umani presieduta dalla socialista belga Maria Arena, in primavera, a proposito delle supposte influenze e ingerenze esterne sull’Ue e anche per «screditare l’immagine dei Paesi rivali, come Qatar e Turchia».

L’Europarlamento setacciato

L’ufficio di un’assistente di Arena, che in precedenza aveva collaborato con la Ong di Panzeri, è stato perquisito e posto sotto sequestro dalla polizia giudiziaria belga. E a proposito di perquisizione, nuovi locali all’Europarlamento sono finiti sotto la lente degli inquirenti: non solo quello di Mychelle Rieu, ex consigliera politica dei verdi e oggi capa unità della sotto-commissione Diritti umani, ma pure del “policy advisor” del gruppo dei Socialisti & Democratici (S&D) Eldar Mamedov, di passaporto lettone ma di origini iraniano-macedoni. Sospettato da chi lo conosce di fare da portavoce nei palazzi dell’Eurocamera delle istanze care al regime di Teheran. Che ha notoriamente un occhio di riguardo per quello che accade a Doha. Intanto, l’eurodeputato Pd Andrea Cozzolino, presidente della delegazione per i rapporti con il Maghreb, per il quale lavora Francesco Giorgi (compagno di Eva Kaili e fedelissimo di Panzeri), si è autosospeso dal gruppo S&D. Il suo nome, tuttavia, non risulta nel registro degli indagati, né il suo ufficio è stato perquisito o sigillato.

(Il Mattino)