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Colpire la Russia in profondità. La strategia dietro i raid ucraini

(Roma, 07 dicembre 2022). L’Ucraina ha scelto di colpire in profondità il territorio russo. Il governatore della regione di Kursk, Roman Starovoyt, ha confermato che un drone ha colpito un aeroporto della regione provocando l’incendio di un serbatoio di carburante. “Non ci sono vittime”, ha scritto Sarovoyt, non specificando da dove provenisse il velivolo pur essendo abbastanza certo che si sia trattato di un drone ucraino. Mentre in queste stesse ore, il media russo Baza, riportato dalla Ukrainska Pravda, riferisce di un altro attacco, sempre con droni, avvenuto contro un sito industriale nell’oblast russo di Bryansk, a 80 chilometri dal confine ucraino. Secondo il sito, non vi sarebbero stati comunque danni ingenti.

L’attacco confermato dalle autorità russe, cui si aggiunge quello solo riportato da alcuni media della scorsa notte, fa seguito agli altri due raid che hanno investito gli aeroporti di Dyagilevo, nella regione di Ryazan e di Engels, regione di Saratov, nella mattina di lunedì. Entrambi all’interno della Federazione Russa. Al New York Times, un anonimo funzionario ucraino ha confermato due elementi particolarmente importanti. Il primo, che gli attacchi sono stati opera di droni di Kiev. Il secondo, che “almeno uno dei due attacchi è stato completato con l’ausilio di forze speciali che si trovavano in prossimità dell’aerodromo, e che hanno guidato i droni verso il bersaglio”. Dal momento che queste basi si trovano a centinaia di chilometri dal confine ucraino, per Mosca si tratta di un vero e proprio allarme: non solo i cieli del Paese sono vulnerabili agli attacchi di Kiev, ma anche che sabotatori e forze speciali ucraine sarebbero riuscite a penetrare in territorio russo.

Secondo il ministero della Difesa russo, gli attacchi hanno provocato tre morti e quattro feriti oltre a “lievi danni” ad alcuni bombardieri, probabilmente due Tu-95 e Tupolev Tu-22 Backfire. La società israeliana ImageSat International, che si occupa proprio di immagini satellitari, ha condiviso delle fotografie su Twitter che mostrerebbero “segni di bruciature” e frammenti di varia natura proprio intorno a un Tu-22M nella base di Dyagilevo.

Tuttavia, il danno sicuramente più importante resta quello psicologico: la dimostrazione da parte di Kiev di poter colpire nel cuore della Russia. Un aspetto che, se confermato, rappresenterebbe un problema di estrema gravità per l’intelligence di Mosca, costretta a dover porre rimedio a una clamorosa falla interna alla rete di sicurezza.

Non a caso, il ministero della Difesa britannico, nel suo quotidiano aggiornamento su quanto avviene nella guerra tra Russia e Ucraina, ha detto che gli attacchi potrebbero essere considerati dai russi come uno dei “fallimenti strategicamente più significativi” per quanto concerne la protezione del territorio nazionale. Viene sottolineato soprattutto il valore dell’attacco a Engels, base operativa dell’aviazione a lungo raggio russa e distante diverse centinaia di chilometri dal confine ucraino. Per Londra, è probabile che l’aviazione a lungo raggio russa “risponda spostando temporaneamente i bombardieri in altre basi”. Ipotesi che assomiglia molto a quanto già avvenuto nel Mar Nero, con lo spostamento del grosso della flotta da Sebastopoli ai porti più a est, e che indica la vulnerabilità delle forze russe anche dove pensavano di non poter subire grossi danni.

Per gli strateghi del Cremlino si tratta quindi di comprendere due problemi strettamente legati l’uno all’altro. Il primo, come sia stato possibile non intercettare i droni ma soprattutto eventuali forze speciali nemiche che hanno coordinato l’attacco. Il secondo, quale tipo di arma abbiano usato le unità di Kiev per colpire così nel profondo il territorio della Federazione Russa. Come spiega Analisi Difesa, “circolano voci sull’impiego di un nuovo drone-suicida (munizione circuitante) a lungo raggio”, mentre fonti russe parlano di “veicoli aerei senza pilota a reazione di fabbricazione sovietica” che “lasciano intendere che gli ordigni impiegati siano due vecchi Tupolev Tu-141 Strizh risalenti all’era sovietica e già utilizzati in più occasioni dagli ucraini”.

Un simile mezzo precipitò non lontano da Zagabria l’11 marzo 2022 proveniente dall’Ucraina. Kiev potrebbe avere modificato questo mezzo a pilotaggio remoto per trasportare esplosivo? Non si può scartare a priori questa pista, tuttavia, permangono molti dubbi non solo sulle capacità ucraine di modificare quelli che sono fondamentalmente vecchi mezzi della Guerra Fredda, ma anche sul fatto che questi non siano stati intercettati proprio da chi dovrebbe conoscere alla perfezione quei vettori, cioè le difese russe. Inoltre, la rivelazione del Nyt sull’impiego di forze speciali di Kiev nei pressi degli aeroporti colpiti potrebbe anche far propendere per sabotaggi combinati con azione a terra, droni e probabilmente un sofisticato livello di intelligence.

Di Lorenzo Vita. (Il Giornale/Inside Over)

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