Russia e Iran: Missili Javelin, Nlaw e Stinger catturati in cambio di droni

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(Roma, 10 novembre 2022). Un aereo da trasporto militare russo Ilyushin Il-76 avrebbe portato denaro ed esemplari di sistemi missilistici portatili di fabbricazione occidentale in Iran, atterrando all’aeroporto di Teheran nelle prime ore del 20 agosto scorso.

Sembrerebbe che il carico comprendesse alcuni Atgm (Anti Tank Guided Missile) tipo Javelin ed Nlaw e i sistemi Manpads (Man Portable Air Defense System) tipo Stinger catturati durante il conflitto in Ucraina.

A riferirlo una fonte anonima di Sky News, che ha anche riportato che le armi facevano parte di una spedizione di equipaggiamenti militari britannici e statunitensi destinati all’esercito ucraino caduti nelle mani dei russi. Se confermato, come sembra essere dall’analisi delle immagini satellitari che ci sono giunte, tale spedizione potrebbe dare all’Iran la capacità di migliorare il livello tecnologico dei propri armamenti attraverso procedimenti di retroingegneria, ovvero smontando e copiando i “pezzi” dei sistemi d’arma.

Un procedimento per nulla nuovo, e utilizzato spesso quando è capitata l’occasione di poter “mettere le mani” su sistemi bellici all’avanguardia di altri Paesi. A tal proposito ricordiamo due esempi storici: il bombardiere sovietico Tupolev Tu-4 “Bull” è la copia fabbricata in loco del B-29. I sovietici hanno potuto costruirlo grazie ai quei bombardieri statunitensi che hanno effettuato atterraggi di emergenza in Unione Sovietica dopo aver compiuto incursioni sul Giappone durante la Seconda Guerra Mondiale. Venendo a tempi più recenti, l’Unione Sovietica ha potuto sviluppare il missile AA-2 “Atoll” grazie a un colpo di fortuna occorso durante la terza crisi per lo Stretto di Taiwan del 1958, quando un missile Aim-9B “Sidewinder”, allora il primo a guida infrarossa, lanciato da un F-86F “Sabre” taiwanese rimase incastrato inesploso in un caccia cinese tipo MiG-17F che così poté rientrare alla base indenne.

Questa spedizione tutta particolare sembra essere il pagamento, da parte della Russia, per la fornitura di più di 160 veicoli aerei senza pilota (Uav – Unmanned Air Vehicle), inclusi 100 droni kamikaze (o in gergo tecnico loitering munitions) Shahed-136.

La fonte di Sky News ha anche affermato che un ulteriore accordo per i droni del valore di 200 milioni di euro è stato concordato pochi giorni fa tra Teheran e Mosca.

La conferma dell’utilizzo di droni iraniani ci arriva sia da una preda bellica, sia da immagini relative ai Geran-2, che risultano essere identici agli Shahed-136 fabbricati dall’Iran. Inoltre diversi rapporti dell’intelligence statunitense e israeliana riferiscono della presenza di “consiglieri militari” delle Irgc (Islamic Revolutionary Guard Corps) – o pasdaran – in Russia, probabilmente per addestrare il personale locale all’uso di questi particolari strumenti.

Qualche settimana fa, infatti, un drone Mohajer-6 è stato catturato integro dagli ucraini dopo che era precipitato nelle acque del Mar Nero, mentre su altri, abbattuti, è stato trovato il motore a scoppio Rotax di fabbricazione austriaca, che equipaggia questo tipo di Uav.

L’Iran ha già dimostrato di utilizzare tecniche di retroingegneria per incrementare il suo livello tecnologico: a dicembre del 2011, un drone statunitense da ricognizione Rq-170 Sentinel è stato catturato praticamente integro vicino alla città di Kashmar, nel nordest del Paese, dopo aver subito un’azione di jamming. Da quel drone, Teheran ha potuto sviluppare il suo Shahed-171 e lo Saegheh. Il recente tentativo, andato male, di catturare un drone navale statunitense nelle acque del Golfo Persico, si deve leggere proprio in questo senso.

I droni iraniani sono diventati una parte cruciale dello sforzo bellico della Russia nel conflitto in Ucraina, a testimonianza della difficoltà di approvvigionamento di mezzi in cui versa l’esercito russo. Insieme agli aiuti nordcoreani e alla possibilità, che si fa ogni giorno più concreta, che Teheran fornisca a Mosca anche missili balistici a corto raggio, questo trasferimento di armamenti certifica che gli arsenali russi sono “agli sgoccioli” e che l’industria bellica locale fatica a riempirli, al di là di ogni tipo di considerazione partigiana o considerante la propaganda russa.

I missili balistici iraniani potrebbero essere trasferiti facilmente attraverso il Mar Caspio, e tenuti al riparo dalla reazione ucraina restando ben al di dentro dei confini russi. Quando (e se) questo avverrà, sarà però difficile sfuggire agli occhi della ricognizione satellitare occidentale.

L’Iran possiede uno dei più vasti – ed eterogenei – arsenali missilistici del Medio Oriente, in particolare per quanto riguarda i sistemi a corto e medio raggio. Sembra che i vettori dati per in arrivo in Russia siano del tipo Fateh-110 e Zolfaghar, considerati dagli esperti ragionevolmente precisi a distanze relativamente brevi: missili di questo tipo sono stati utilizzati in attacchi di ritorsione in Iraq il 13 marzo scorso, a Erbil. Si tratta di due Srbm (Short Range Ballistic Missile) sebbene lo Zolfaghar abbia una gittata stimata di 700 chilometri, fattore che lo farebbe includere nella categoria superiore, quella dei missili a medio raggio (Mrbm – Medium Range Ballistic Missile).

Di Paolo Mauri. (Inside Over)