(Roma, 04 novembre 2022). Benjamin Netanyahu si appresta a riprendere in mano lo scettro del governo israeliano. I risultati elettorali hanno certificato non solo la vittoria del suo partito, il Likud, ma anche dei partiti della destra religiosa potenziali suoi alleati. Assieme a loro “Bibi”, come viene soprannominato, potrebbe dar vita a una maggioranza di destra composta da 65 o 67 deputati.
Il ritorno di Netanyahu sta destando reazioni contrapposte a livello internazionale, tra chi saluta il rientro del più longevo premier israeliano e chi invece guarda con sospetto al successo dei partiti religiosi. Contraddizioni del tutto inesistenti invece a Mosca. Al Cremlino, nessuno ha dubbi: la vittoria di Netanyahu è considerata in chiave esclusivamente positiva. E questo, in primo luogo, per i rapporti personali privilegiati tra il rientrante premier e il presidente russo Vladimir Putin.
Un’amicizia di lunga data
Quando Putin è salito al potere, Netanyahu era ancora ben lontano dall’iniziare la scalata che lo avrebbe portato poi a essere il leader più longevo dello Stato ebraico. A inizio millennio infatti l’uomo forte di Israele era Ariel Sharon, storico rivale del futuro premier all’interno del Likud. E già in quel periodo il Cremlino aveva iniziato a coltivare buoni rapporti con il governo israeliano. Del resto, l’emigrazione russa successiva alla caduta dell’Urss ha trasformato Israele nel terzo Paese più russofono al mondo, impossibile dunque non concepire relazioni di prim’ordine tra le parti.
Netanyahu è tornato protagonista della politica israeliana solo nel 2005, quando ha preso la testa di un Likud orfano di Sharon, il quale sul finire di quell’anno ha avuto il tempo di fondare un nuovo partito, il centrista Kadima, prima di cadere vittima di una malattia che lo ha messo fuori dai giochi. Bibi ha completato la sua ascesa nel 2009, quando è diventato premier per la seconda volta (dopo una breve parentesi negli anni ’90) ed ha poi mantenuto la carica fino al 2021.
Un lasso di tempo molto ampio, in cui Netanyahu con Putin non solo ha ulteriormente rafforzato i rapporti tra Israele e Russia ma ha anche sviluppato un’amicizia personale con il presidente russo. Un legame testimoniato dalla frequenza delle chiamate tra i due, almeno una a settimana. Colloqui in cui sono stati stabiliti contatti sulla Siria, accordi di natura commerciale e comuni posizioni politiche sulle posizioni più spinose. Dell’amicizia tra i due ne ha parlato lo stesso Netanyahu nel gennaio 2020, quando il premier israeliano è volato a Mosca per risolvere la vicenda relativa a Naama Issachar, cittadino israeliano imprigionato in Russia per accuse di detenzione di sostanze stupefacenti.
La posizione di Netanyahu sull’Ucraina
Il ritorno di un amico di Putin alla guida di Israele non può quindi che essere salutato positivamente dal Cremlino. Anche perché nell’ultimo anno i rapporti tra Russia e Stato ebraico hanno toccato punti molto bassi. Il conflitto in Ucraina ha inciso e non poco. Naftali Bennett, successore di Netanyahu, ha provato a ritagliarsi un ruolo di mediatore tra Putin e Zelensky, senza però successo. Da allora, una serie di eventi hanno fatto incrinare le relazioni. Tra questi, la fuga dalla Russia del rabbino capo di Mosca, il quale si era opposto nel dare pubblico sostegno alle operazioni belliche, e l’aiuto militare di Teheran al Cremlino.
La speranza di Vladimir Putin è poter ricucire ogni strappo. Tuttavia anche Benjamin Netanyahu ha espresso parole di condanna all’operazione russa. In piena campagna elettorale, il rientrante premier ha più volte dichiarato che la guerra in Ucraina è stata uno sbaglio e ha esortato l’amico Putin a cambiare idea e porre fine al conflitto.
Cosa potrebbe cambiare adesso
Netanyahu ha quindi condannato i piani del Cremlino, ma non ha rinnegato l’amicizia con Putin. E anzi, spera di poter far pesare i suoi rapporti personali con il presidente russo per ridare a Israele il ruolo di mediatore, in questo momento appannaggio unicamente della Turchia. Potrebbe in effetti essere questa la vera novità sul conflitto derivante dal ritorno in sella di Netanyahu. Israele cioè, pur mantenendo ferma la propria posizione di condanna delle operazioni russe, tornerebbe ad avere un ruolo importante in ambito diplomatico ed essere maggiormente protagonista sotto il profilo politico.
Del resto, tra Netanyahu e Putin sono diverse le questioni su cui entrambi hanno necessità di avere le idee chiare. Su tutte, i rapporti tra Teheran e Mosca, il dossier relativo al nucleare iraniano e la guerra in Siria.
Di Mauro Indelicato. (Il Giornale/Inside Over)