(Roma, 14 ottobre 2022). Mosca cerca nuovi canali di sbocco, Ankara vuole diventare una potenza energetica tra Asia e Mediterraneo
Ha atteso due giorni per pronunciarsi dopo l’offerta, forse inattesa nei tempi, di diventare la piattaforma di sbarco del gas proveniente dai ricchi giacimenti russi, sempre più scollegati dall’Europa. Ma alla fine, la risposta è stata entusiastica: il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato che « non c’è tempo da perdere » per dar vita al progetto di Vladimir Putin, messo sul tavolo durante l’incontro in Kazakistan. Un progetto che, nelle speranze di Ankara, potrebbe ridefinire gli equilibri energetici e geopolitici tra Ue, Asia, Medio Oriente, senza dimenticare la Libia.
Il patto con Putin
I governi russo e turco hanno già dato ordine alle istituzioni coinvolte nel piano per compiere studi tecnici e piani di fattibilità. Ma entrambi sono in attesa di capire quale sarà la risposta dell’Europa, oltre che i risvolti sul fronte Nato. Di sicuro, i vantaggi di un eventuale partnership sul gas tra Ankara e Mosca sono evidenti. « Per Putin – scrive il New Yotk Times – i vantaggi includono la vendita di energia e armi, investimenti e uno stretto legame con un membro della Nato, che sta cercando di isolarlo. Per Erdogan, i vantaggi riguardano energia a basso costo, un ampio mercato di esportazione, un rinnovato turismo russo e, soprattutto, l’apparente acquiescenza russa ai suoi sforzi per schiacciare il separatismo curdo in Siria, dove la Russia sostiene il governo siriano di Bashar al-Assad ».
Ma per Erdogan la proposta russa è allettante anche perché, almeno nei suoi piani, gli permetterebbe di aumentare drasticamente l’importanza del suo Paese nei confronti dell’Europa, diventando il centro di smistamento di gas da più fonti: dall’Azerbaigian all’Iran, dal Turkmenistan all’Iraq, passando per la Libia e i giacimenti del Mediterraneo su cui sta cercando di allungare le mani. È un vecchio sogno, finora rimasto per lo più nel cassetto. Ma la ‘spinta’ di Mosca potrebbe essere d’aiuto. La proposta di Putin sembra concreta: la Russia sta cercando rotte più affidabili per lo smistamento del gas verso l’Unione europea, dato che il progetto di arrivare fino in Cina è complesso e non di rapida attuazione. Il Cremlino vede pertanto nella Turchia un « Paese intermediario per creare un hub che permetta di fissare i prezzi senza implicazioni politiche ». Ma Ankara è pronta per questo ruolo ?
Un hub del gas
Da un punto di vista geografico, la Turchia è posizionata in modo strategico: si trova « al centro del sistema di gasdotti del Southern gas corridor (Sgc), che mira ad aumentare e diversificare l’approvvigionamento energetico dell’Europa portando le risorse di gas dal Mar Caspio ai mercati europei, senza coinvolgere la Russia », scrive il Swp, istituto tedesco per gli affari internazionali e di sicurezza. « In questo senso, la realizzazione del Gasdotto trans-anatolico (Tanap) e quella del Gasdotto trans-adriatico (Tap) hanno segnato una svolta per la Turchia », almeno in potenza, continua il Swp. La cooperazione tra Ankara e Europa, infatti, « non si è ancora completamente sviluppata al livello desiderato e non è stata sufficiente a porre fine alla pesante dipendenza dal gas russo, né in Turchia né in Europa ».
I limiti di Ankara
Servono nuovi gasdotti, come il Turkstream dalla stessa Russia (ancora in fase di progettazione) o verso i giacimenti del Turkmenistan, che è considerata la quarta riserva di gas del globo. Ma soprattutto, servirebbe da parte dell’Ue l’interesse per fare di Ankara il suo hub principale sostenendo la creazione di nuove interconnessioni. « Io penso che si tratti dell’ennesimo gioco del gas di Putin », dice l’esperto del think tank Bruguel, Simone Tagliapietra all’Adnkronos. Le forniture russe all’Europa si sono ormai ridotte dell’80% e quindi il Cremlino « cerca di giocarsi altre carte molto fantasiose » ma che non hanno senso: « Dire di usare la Turchia come un hub del gas è l’ennesimo tentativo di seminare zizzania, di frammentare il fronte Nato e l’Europa », sostiene l’esperto.
Tagliapietra sottolinea come i rubi esistenti attualmente tra Russia e Turchia servono a malapena a soddisfare la domanda interna di Ankara. E poi, « se anche dovessero arrivare ulteriori volumi di gas russo, come arriverebbero in Europa? Mancano gli interconnettori. C’è il Tap, il gasdotto che arriva in Puglia, ma porta il gas azero ». Come anche il nuovo Igb, che collega Bulgaria e Grecia. « Non ci sono le infrastrutture, non c’è mercato, nessun Paese sta pensando di ricomprare il gas russo – insiste l’esperto di Bruegel – La questione non si pone neanche, se non per creare confusione e per cercare di dividere ancora di più il fronte occidentale ».
Le mosse di Erdogan
Erdogan, però, ci crede, e ha già individuato nella Tracia la regione-ponte su cui far arrivare le nuove forniture russe da rispedire in Europa: da un lato il mar Nero, dall’altro il Mediterraneo. Tagliapietra sostiene che tali eventuali nuovi flussi rischierebbero di restare in Turchia, perché l’Ue si sta già attrezzando per rifornirsi altrove. Per il momento, i lavori di Bruxelles e delle principali capitali europee sono rivolti ad aumentare la quota di gas naturale liquefatto proveniente da Usa, Africa e Paesi del Golfo. Ma a parte gli Stati Uniti, gli altri partner non sono poi così più affidabili della Turchia, che in fondo resta pur sempre un alleato Nato: lo si è visto di recente con il sostegno in sede Opec+ fornito dall’Arabia Saudita proprio a Mosca.
Ecco perché, nel suo RePowerEu, la Commissione europea ha inserito anche il progetto dell’East Med, il gasdotto che dai giacimenti del Mediterraneo orientale dovrebbe portare gas fino in Grecia e da qui al resto d’Europa: intorno all’East Med ci sono Israele, Egitto, Cipro, la stessa Atene, oltre agli interessi a distanza di Francia e Italia (Total e Eni sono attivissime nella zona). Erdogan da tempo sta cercando di insinuarsi in questo mega affare, scatenando la rabbia della Grecia. Di recente, ha siglato un protocollo d’intesa con la Libia sullo sfruttamento delle acque territoriali che mira proprio ad aumentare la pressione sulla regione. Senza dimenticare il corteggiamento sempre più stretto di Ankara sui Balcani occidentali. Infine, il ruolo sempre più centrale nella mediazione tra Kiev e Mosca. Tutte iniziative che, nelle speranze di Erdogan, potrebbero convincere l’Europa a venire incontro, almeno in parte, al sogno turco di diventare un hub del gas.
Di Dario Prestigiacomo. (Europa Today)