(Roma, 03 ottobre 2022). Angoscia e incertezza sulle sorti di Alessia Piperno, la trentenne romana detenuta a Teheran da cinque giorni che solo domenica è riuscita a mettersi in contatto con il padre in Italia dicendogli di trovarsi in una prigione della capitale iraniana, a nord del Paese. Spensierata, curiosa, nomade digitale, la giovane aveva deciso da tempo di diventare una travel blogger e il viaggio in Iran era solo uno dei tanti che aveva programmato e condiviso sui social, dove era diventata molto conosciuta. «Questa terra mi ha accolto a braccia aperte è vero, non è stato sempre facile, ma dopo due mesi e mezzo mi è entrata dritta, dentro e profonda nel cuore», scriveva in un post su Instagram intitolato Bella Ciao.
L’ultimo post
Alessia faceva un lungo ragionamento sulla situazione nel Paese spiegando che la «decisione più saggia» sarebbe quella di lasciare l’Iran ma – scrive – «non riesco ad andarmene da qui, ora più che mai». «E non lo faccio per sfidare la sorte – continua – ma perché anche io ora sono parte di tutto questo». Successivamente, cinque giorni fa nel giorno del suo trentesimo compleanno, annunciava di aver deciso di andare in Pakistan con il sogno di ricostruire un villaggio. E proprio quel giorno la 30enne sarebbe stata fermata. A rivelarlo è il papà, Alberto, il quale ha spiegato che proprio da quel giorno non si avevano più tracce della figlia. L’uomo, titolare di una libreria nel quartiere Tuscolano di Roma, ha ricevuto diversi attestati di solidarietà per la vicenda.
Il gruppo di turisti
«Siamo molto preoccupati, la situazione purtroppo non va bene. Siamo contatto con Unità di Crisi della Farnesina che ha attivato tutte le procedure del caso», ha detto all’Ansa Alberto spiegando che dopo la telefonata dal carcere non è più riuscito a mettersi in contatto con la figlia. «In questo momento non possiamo parlare, ci dispiace, è un momento delicato». Sono invece le parole di uno dei dipendenti della libreria della famiglia. All’interno del negozio c’è solo la mamma della ragazza.
Secondo le prime ricostruzioni, Alessia era entrata in Iran con altri turisti. La donna, stando a quanto si apprende, era con un gruppo di alcune persone nel quale c’erano anche un polacco, un francese e un altro italiano. Prima di arrivare a Teheran, il gruppo di turisti avrebbe visitato Rasht, la città iraniana ad una trentina di chilometri dal mar Caspio, capoluogo della regione di Gilan. Poco meno di una settimana fa la Piperno si sarebbe poi diretta nelle zone del Kurdistan iraniano: con lei ci sarebbero stati il cittadino francese e il polacco mentre l’altro italiano non avrebbe seguito il gruppo ed avrebbe lasciato il Paese per raggiungere l’India. La trentenne avrebbe poi fatto ritorno nella capitale, dove, secondo quanto lei stessa ha fatto sapere nella famosa telefonata, sarebbe stata arrestata.
La testimonianza
«Purtroppo Alessia è stata arrestata a Teheran. Ci siamo conosciuti in Iran e si era stretto un bel rapporto, tanto che ci sentivamo quasi tutti i giorni. Da mercoledì non si collegava più a internet e quindi abbiamo iniziato a preoccuparci e già un paio di giorni fa abbiamo iniziato ad allertare la Farnesina e l’ambasciata italiana in Iran». Comincia così il racconto di Angela e Paolo, due ragazzi che, come Alessia, hanno deciso di fare della loro passione, i viaggi, il loro lavoro. In alcune storie su Instagram raccontano di essersi preoccupati già da quando era stata diffusa la notizia dell’arresto di alcuni europei durante le manifestazioni nel Paese.
«Ci siamo anche messi in contatto con la famiglia che ci ha confermato appunto ieri di aver ricevuto la telefonata di Alessia in cui diceva che era in prigione ma non ha dato altre informazioni. Non si sa dove sia e per quale motivo sia stata arrestata – spiegano -. Noi stiamo bene e siamo al sicuro. Siamo solo molto molto preoccupati e in ansia per lei, per quello che è successo. Sono state delle nottate insonni, abbiamo cercato di fare tutto il possibile ma adesso purtroppo non si può far altro che aspettare che venga liberata al più presto».
Gli insulti sui social
Ma ecco che, come in una triste e cretina liturgia, sono arrivati anche gli insulti social, che, al solito, rivelano la grettezza e il disprezzo assoluto per ogni forma di complessità. «Ridicola, paghino lei e la sua famiglia. Buon soggiorno in Iran», scrive un utente che attacca perfino i genitori di Alessia, colpevoli, secondo alcuni, di aver lanciato un appello per salvare la ragazza. «Ora dobbiamo anche spendere soldi per liberarla, come se non avessimo già abbastanza problemi», aggiunge un altro illuminato del web.
Di Mario Landi. (Il Mattino)