(Roma, 19 settembre 2022). L’esercito russo sembra avere iniziato a utilizzare i droni kamikaze iraniani Shahed-136. La difesa aerea delle forze armate ucraine avrebbe abbattuto una di queste loitering munitions vicino a Kupyansk, nella regione di Kharkov.
Recentemente una fonte online ucraina ha rilasciato immagini del relitto del drone, su cui appare la scritta in cirillico Geran-2, ma la sagoma e la colorazione ricordano molto da vicino quelle dei piccoli Uav kamikaze di fabbricazione iraniana.
Qualche settimana fa siamo venuti a sapere che la Russia stava per acquisire una serie di droni da ricognizione e da combattimento dall’Iran: la notizia era stata diffusa inizialmente dagli Stati Uniti per voce di Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale, durante una conferenza stampa l’11 luglio 2022. Una prima conferma è arrivata intorno al 10 agosto, quando la ricognizione satellitare aveva scoperto una delegazione militare russa in una base aerea nell’Iran centrale, molto probabilmente per cominciare a familiarizzare coi droni costruiti localmente Shaded-129, 191 e Mohajer-6.
La conferma dei primi trasferimenti è avvenuta qualche giorno dopo, quando il Washington Post ha segnalato che i primi aerei cargo avevano raggiunto Mosca intorno al 19, mentre più recentemente abbiamo potuto osservare direttamente altri voli della compagnia iraniana Fars Air Qeshm, una società di trasporto aereo che opera principalmente per conto delle Irgc (Islamic Revolutionary Guard Corps), le guardie della rivoluzione islamica iraniane note anche come Pasdaran, oltre ad altri effettuati direttamente da velivoli cargo dell’aeronautica russa.
Secondo l’intelligence israeliana, da aprile sarebbero stati 42 i voli Teheran-Mosca, a volte facenti scalo in Armenia, in confronto ai tre dello stesso periodo dell’anno precedente. La sosta a Yerevan dei velivoli da trasporto iraniani si può spiegare con le rinnovate tensioni nel Caucaso, che hanno portato a scontri a fuoco tra forze azere e armene: Teheran vede l’aggressione di Baku all’Armenia come il tentativo di espansione dell’influenza turca nella regione, che intende assolutamente evitare anche a costo di schierarsi direttamente in un ipotetico futuro conflitto.
Tornando alle loitering munitions, anche gli esperti russi ammettono che potrebbe trattarsi di un drone iraniano “russificato”, ma dubitano fortemente che sia stato abbattuto dalla difesa aerea delle forze armate ucraine. I danni all’Uav suggeriscono che molto probabilmente abbia colpito il bersaglio, dopodiché i rottami si sarebbero sparpagliati.
L’utilizzo di droni iraniani da parte dell’esercito russo conferma il fatto che Mosca soffra della mancanza di droni medio/piccoli, fattore che potrebbe avvantaggiare le forze armate ucraine che vengono rifornite di loitering munitions e altri Uav di piccola e media grandezza da parte dell’Occidente oltre che di sistemi missilistici ad alta precisione che la Russia, senza il supporto degli Uav, non può né rilevare né contrastare efficacemente.
Gli arsenali di Mosca sembra che stiano esaurendosi, come evidenziato da altre notizie giunteci nelle ultime settimane. Sappiamo infatti che la batteria di S-300 “ceduta” alle forze armate siriane è stata ritirata: sempre la ricognizione satellitare evidenzia che il sito di lancio è stato smantellato, mentre fotografie apparse sul web mostrano un’unità mercantile russa con a bordo i mezzi del sistema missilistico in transito attraverso il Bosforo diretta verso il Mar Nero. Questa decisione risponde anche alla necessità di avere più batterie di sistemi antiaerei mobili a fronte dell’utilizzo, da parte dell’aeronautica ucraina, di missili antiradiazioni Agm-88 Harm forniti dagli Stati Uniti e montati su MiG-29 e Su-27.
Un’altra prova che potrebbe dimostrare la penuria di armamenti russa, è la notizia, diffusa dal New York Times e da Associated Press che riportano le informazioni di un anonimo funzionario statunitense, secondo la quale la Russia si sta rivolgendo alla Corea del Nord per ottenere munizioni. I funzionari dell’intelligence statunitense ritengono anche che i russi potrebbero cercare di acquistare ulteriore equipaggiamento militare nordcoreano in futuro. Del resto segnali dimostranti la difficoltà di approvvigionamento di munizioni per l’esercito russo si erano avuti già prima, quando si era notato che i proiettili da 122 millimetri per l’artiglieria venivano usati sempre più raramente optando sui vecchi pezzi da 152 millimetri come il D-20, fabbricato negli anni ’50 in Unione Sovietica in grande numero, ma la questione richiede ulteriori conferme.
Quello che sappiamo per certo è che in Russia scarseggiano i microchip ad alte prestazioni necessari per i sistemi di guida dei vettori missilistici e per i cacciabombardieri: sono stati gli stessi media russi a lanciare l’allarme nei giorni e nelle settimane scorse quando hanno riportato che il piano statale di aiuti economici all’industria russa di settore è insufficiente a soddisfare la richiesta interna. Del resto questa situazione era già intuibile guardando ad almeno due fatti conclamati: l’uso dei missili dei sistemi da difesa aerea S-300/400 o dei sistemi antinave Bastion-P per compiere attacchi terrestri (a discapito della precisione) e il ritrovamento di microprocessori di fabbricazione occidentale nei vettori da crociera utilizzati nel conflitto, acquistati dalla Russia negli anni antecedenti l’attuale conflitto a testimonianza del divario tecnologico esistente tra la produzione interna russa e quella estera.
Le sanzioni, pertanto, sembra che comincino ad avere effetto: l’industria meccanica russa, che prima del conflitto si affidava quasi esclusivamente su chip e semiconduttori provenienti dall’Occidente, si trova in difficoltà, e con essa la filiera produttiva degli armamenti, inoltre il rapido esaurimento del surplus del budget nazionale, dovuto al crollo delle esportazioni energetiche, presto comincerà ad esacerbare questa situazione.
Di Paolo Mauri. (Inside Over)