(Roma, 01 settembre 2022). Una nuova, misteriosa tragedia scuote i vertici del mondo imprenditoriale russo. Ravil Maganov, presidente del consiglio di amministrazione della Lukoil, la prima azienda petrolifera del Paese, un impero con 100.000 dipendenti e interessi in decine di Paesi, compresa l’Italia, è morto in un ospedale di Mosca. Il decesso è avvenuto «al termine di una grave malattia», ha affermato la compagnia in un comunicato ufficiale. Ma secondo diversi media russi Maganov, 67 anni, sarebbe rimasto ucciso cadendo da una finestra del sesto piano del nosocomio.
Il giallo
Negli ultimi mesi, a partire dall’inizio di quella che a Mosca viene definita l’operazione militare speciale in Ucraina, diversi dirigenti di gruppi industriali, specie nel settore energetico, hanno perso la vita in una serie di incidenti. Tra loro, quattro manager di imprese legate a Gazprom, il gigante statale del gas, e un ex funzionario della Lukoil, Alexander Subbotin, trovato morto l’8 maggio in una casa nel villaggio di Ulyankovo, a nord di Mosca. Gli investigatori avevano stabilito che la causa della morte era stata un attacco cardiaco. La Lukoil era balzata clamorosamente alla ribalta anche della cronaca politica in Russia agli inizi di marzo, quando il consiglio di amministrazione aveva preso apertamente posizione contro l’operazione in Ucraina esprimendo «solidarietà per tutte le vittime colpite da questa tragedia» e chiedendo «un cessate il fuoco durevole». Una presa di posizione che non rappresenta un caso isolato tra i ricchissimi oligarchi che hanno prosperato nei 30 anni seguiti alla fine dell’Unione sovietica.
L’oligarca
Altri casi che avevano fatto clamore erano stati quelli del re dell’alluminio Oleg Deripaska e di Mikhail Friedman, azionista di riferimento del gruppo Alfa Bank. Il mese successivo alla dichiarazione del consiglio di amministrazione, il presidente della Lukoil, Vagit Alekperov, si era dimesso dopo averla diretta per 30 anni, e per di più senza alcuna spiegazione ufficiale. Alcuni avevano ipotizzato che la decisione di abbandonare fosse da mettere in relazione alla critica espressa, altri che fosse motivata dalla necessità di preservare gli interessi del gruppo all’estero in considerazione del fatto che Alekperov è tra gli oligarchi sanzionati dalla Gran Bretagna e dall’Australia. Inevitabile, comunque, che la morte di Maganov, avvenuta nella Clinica ospedaliera centrale – dove tra l’altro martedì sera è deceduto l’ultimo leader sovietico Mikhail Gorbaciov – lasci spazio ad ogni genere di ipotesi.
Chi era
Una fonte anonima della polizia citata dall’agenzia Tass ha affermato che Maganov, 67 anni, si è suicidato dopo essere stato ricoverato per problemi cardiaci e che assumeva antidepressivi. Ma gli inquirenti non hanno fornito alcuna spiegazione ufficiale. L’unica dichiarazione pubblica, al momento, è quella della Lukoil, che parla appunto di una «grave malattia» e rende omaggio alla lunga carriera di Maganov. «Ravil Ulfatovich – si legge nella nota, in cui il presidente viene chiamato con nome e patronimico, alla maniera russa – ha dato un contributo inestimabile non solo allo sviluppo della compagnia, ma all’intera industria del petrolio e del gas russi». Maganov aveva cominciato a lavorare come manager di un campo petrolifero ed era poi salito alla dirigenza della Langepasneftegaz, una delle tre società siberiane dalla cui fusione nacque nel 1991 la Lukoil. Secondo il gruppo, fu proprio lui a proporre il nome della nuova compagnia. Successivamente ha guidato per molti anni le attività delle esplorazioni geologiche.