Quasi amici. Ma Raisi, Putin e Erdogan sono davvero così alleati ?

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(Roma, 19 luglio 2022). Probabilmente non basta essere autocrati e revisionisti dello status quo internazionale per proporre un’alternativa al mondo. Ecco tutti i punti di frizione tra Iran, Russia e Turchia i cui leader oggi si sono riuniti a Teheran

Costruire un sistema globale alternativo a quello a guida statunitense. Questo sembra essere l’obiettivo dei leader di Iran, Russia e Turchia. Ma Ebrahim Raisi, Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan sono davvero così compatti? Probabilmente no. Per dare vita a una proposta alternativa non basta essere autocrati, puntare a una revisione dello status quo internazionale, annunciare questo incontro nei giorni in cui il presidente statunitense Joe Biden è in Medio Oriente mettendo in guardia dalle minaccia cinese, iraniana e russa, e avere questioni aperte con gli Stati Uniti. Servono obiettivi comuni. E i tre riuniti a Teheran non sembrano averli. In cima all’agenda degli incontri in Iran ci sono Siria, Ucraina e petrolio. Tutti hanno qualcosa da guadagnare. Ma anche molto da perdere.

Allineate nella sfida a Washington soffrendo per ragioni diverse le stesse condizioni (sanzioni e isolamento diplomatico), Teheran e Mosca sono sempre più lontane su petrolio e materie prime. La guerra dei prezzi innescata dalla Russia preoccupa l’Iran che vede minacciati i suoi affari in Cina e nel resto dell’Asia. La questione è in cima all’agenda iraniana per l’incontro ma al fondo di quella russa. Non è tutto. Mosca sta cercando di acquistare da Teheran centinaia di droni da utilizzare nella guerra in Ucraina, secondo la Casa Bianca. L’Iran nega, ma Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Biden, ha dichiarato nei giorni scorsi che funzionari russi hanno compiuto due viaggi in Iran quest’estate per ispezionare i mezzi. Alla fine i droni iraniani andranno in Russia e le armi russe in Iran? Vedremo. La pressione di Washington su Teheran è alta, in ballo ci sono i negoziatori per il ritorno all’accordo nucleare Jcpoa. Senza dimenticare un aspetto: Putin ha rapporti con gli alleati degli Stati Uniti che l’Iran considera nemici, come Israele e Arabia Saudita, o con cui ha diverse questioni aperte, come Emirati Arabi Uniti e Egitto.

Nel frattempo, la guerra in Ucraina ha ulteriormente complicato i rapporti tra Putin e Erdogan. Quest’ultimo ha condannato l’invasione russa e ha fornito droni all’Ucraina, ma ha anche continuato a svolgere un ruolo di “guastafeste” all’interno della Nato (nelle ultime ore è tornato a minacciare di bloccare l’adesione di Svezia e Finlandia). Inoltre, come raccontato su Formiche.net, la Turchia sta cercando un ruolo nel nuovo sistema di sicurezza e difesa regionale, rivendicando capacità geostrategiche (anche in ottica Nato). L’Iran è per questo un ottimo punto di contatto. Ankara e Teheran vivono una fase tesa delle relazioni per via di una diatriba che riguarda le acque di confine, diventate sempre più indispensabili in mezzo a siccità (e tempeste di sabbia) e crisi alimentare.

Infine, Mosca e Teheran sostengono il leader siriano Bashar al-Assad, mentre Ankara appoggia i gruppi ribelli che lo combattono. Inoltre, vuole eliminare le milizie curde nel Nord della Siria, ma avrà bisogno del consenso delle altre due capitali visto il loro peso nel Paese.

C’è un ultimo interrogativo aperto: come costruire un ordine alternativo senza la Cina? L’Iran sta seguendo quest’ultima e la Russia nella “politica dei blocco” e sta valutando l’invito ad aderire all’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, guidata appunto da Russia e Cina, che lo renderebbe “uno dei centri chiave dell’emergente ordine mondiale multipolare”, secondo Sergey Lavrov, ministro degli Esteri russo. L’amicizia “senza limiti” siglata da Putin e dal leader cinese Xi Jinping a inizio febbraio, tre settimane prima dell’invasione dell’Ucraina, non sembra decollare. Almeno non nei modi in cui sperava Mosca, che invece rischia di finire sotto l’orbita di Pechino in un rapporto ben diverso da un’amicizia tra pari. Anche perché nessuno come la Cina ha interessi acquisiti nello status quo da proteggere. Ed ecco che un eventuale asse revisionista Iran-Russia potrebbe preoccuparla.

Di Gabriele Carrer. (Formiche)