Nord Stream, il gasdotto che ha indebolito Kiev e legato le mani alla Germania

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(Roma, 15 giugno 2022). La conduttura, fortemente voluta da Putin ma anche da Merkel, è entrata in funzione nel 2011 ed è servita ad aumentare le forniture a Berlino e a diminuire il transito attraverso l’Ucraina

Il Nord Stream si può considerare sicuramente uno dei capolavori di Vladimir Putin, sia dal punto di vista economico che geopolitico. Grazie a questa gasdotto, che ha una conduttura già in funzione e una pronta ma non ancora attivata, il presidente russo negli anni passati è riuscito non solo a facilitare la vendita del gas, ma anche nel duplice intento di indebolire l’Ucraina da una parte e di legare le mani alla Germania dall’altra.

Il Nord Stream 1, quello le cui forniture sono state appena tagliate del 40 per cento gettando nel panico i mercati, è stato messo in servizio nel 2011, quando a guidare il governo di Berlino c’era l’allora cancelliera Angela Merkel. Si tratta del gasdotto di maggiore capacità tra Russia e Germania che parte da Vyborg, città a nord-ovest di San Pietroburgo e, attraversando il mar baltico, arriva fino a Lubmin nel Land di Meclemburgo-Pomerania occidentale. La sua capacità è di 55 miliardi di metri cubi l’anno, capacità che sarebbe raddoppiata se lo scorso febbraio il cancelliere Olaf Scholz non avesse congelato l’entrata in funzione della seconda conduttura, il Nord Stream 2, in risposta alla decisione di Putin di riconoscere le autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk e inviare di truppe sul loro territorio, mossa che si è poi trasformata nell’invasione vera e propria dell’Ucraina.

E proprio Kiev fu la principale vittima della costruzione di questo gasdotto, visto che prima buona parte del gas russo destinato all’Europa passava sul suo territorio, oltre che attraverso la Bielorussia e la Polonia. L’impatto del Nord Stream sull’Ucraina è stato fortissimo fin da subito. La prima linea è stata aperta nel 2011 e la quantità di gas in transito attraverso il Paese ex sovietico è diminuita del 24% in circa un anno. Se la rotta ucraina era utilizzata per il transito del 48,6% del gas di Mosca nel 2013, questa percentuale era già scesa al 38,7% nel 2014. Le cose per Kiev sono poi peggiorate nel 2020 con l’entrata in funzione del Turkish Stream, che trasporta gli idrocarburi della Siberia attraverso la Turchia. La quota di transito del gas attraverso l’Ucraina, che nel 2009 rappresentava oltre il 60% delle consegne di gasdotti della Russia all’Ue e al Regno Unito, è crollata al 25% nel 2021.

La costruzione del Nord Stream, sia l’1 che il 2, è stata fortemente voluta da Merkel, sia perché per Berlino in questo modo sarebbe stato più semplice ottenere gli idrocarburi di cui aveva bisogno, sia perché l’Ucraina non si è mai rivelato un attore affidabile e la sua gestione del transito del gas era considerata opaca. Ma nel lungo periodo questo progetto ha chiaramente aumentato la dipendenza nei confronti di Mosca, dipendenza che è aumentata negli ultimi anni visto che i tedeschi hanno deciso di dire addio al nucleare.

Anche quella fu una decisione di Merkel, presa nel 2011, in seguito al disastro della centrale di Fukushima, in Giappone. Fu allora che Berlino si impegnò a ridurre progressivamente l’utilizzo dell’energia nucleare fin da subito e a spegnere tutte le proprie centrali atomiche proprio entro il 2022. Senza nucleare, e con le rinnovabili ancora da sviluppare pienamente, il gas è diventato ancora più importante il Paese. La Germania ha importato 142 miliardi di metri cubi di gas nel 2021, in calo del 6,4% rispetto al 2020, secondo l’ufficio di statistica del commercio estero Bafa. I dati dell’Independent Commodity Intelligence Services (Icis) mostrano che quello russo rappresentava ben al 32% della fornitura, seguito da quello della Norvegia al 20% e da quello dei Paesi Bassi al 12%.

E così se da una parte Berlino criticava l’invasione dell’Ucraina, dallo scoppio della guerra ha inviato circa 200 milioni di euro ogni giorno a Mosca per le forniture di energia. Questa dipendenza dalla Russia ha anche ammorbidito la posizione della Germania, che è stata tra le capitali meno aggressive quando si è trattato di discutere le sanzioni contro il Cremlino, almeno quando riguardavano gas e petrolio. Il gasdotto Nord Stream1 è di proprietà e gestito dalla Nord Stream AG, azienda con sede in Svizzera. La russa Gazprom possiede una partecipazione del 51% nel progetto, mentre il resto è di proprietà di società energetiche tedesche, olandesi e francesi. Nord Stream 2 è invece di proprietà e gestito da Nord Stream 2AG, con Gazprom come unico azionista e diverse società energetiche dell’Europa occidentale che hanno finanziato e investito nella sua costruzione.

L’amministratore delegato però era un tedesco, Matthias Warnig, che ha lasciato solo alla fine dello scorso mese, in seguito alle pressioni che si sono fatte sempre più forti dopo l’invasione dell’Ucraina. Prima di lui, a capo del consorzio che si è occupato della costruzione dei gasdotti, Gazprom aveva nominato addirittura Gerhard Schroeder, il predecessore di Merkel, l’ex leader dei socialdemocratici tedeschi della Spd, che aveva da poco terminato il suo mandato come cancelliere tedesco.

Di Alfonso Bianchi. (Europa Today)