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Pakistan: Shahbaz Sharif eletto primo ministro, deputati Pti boicottano voto e annunciano dimissioni

Imran Khan è il primo premier della storia del Paese a cadere in seguito a una mozione di sfiducia, passata con 174 voti. La votazione giunge dopo una crisi della precedente maggioranza, che Khan ha attribuito a un’interferenza straniera, e dopo un intervento della Corte suprema

Shahbaz Sharif, presidente della Lega musulmana del Pakistan Nawaz (Pml-N), è stato eletto primo ministro del Paese dall’Assemblea nazionale, la camera bassa. Hanno votato in suo favore 174 deputati su 342. I membri del Movimento per la giustizia del Pakistan (Pti), il partito dell’ex premier Imran Khan, hanno lasciato l’aula prima del voto, annunciando dimissioni in massa. La seduta è stata presieduta da Ayaz Sadiq della Lega Pml-N, dopo il rifiuto del vicepresidente dell’Assemblea, Qasim Khan Suri, esponente del Pti, di presiederla. Il Pti aveva candidato contro Sharif il ministro degli Esteri uscente, Shah Mahmood Qureshi. Shahbaz Sharif, già leader dell’opposizione al governo di Imran Khan, è il fratello minore dell’ex premier Nawaz Sharif, fondatore nel 1993 del partito conservatore Pml-N, condannato per corruzione nel 2018 e dal 2019 a Londra, dove era stato autorizzato a recarsi per quattro settimane per cure mediche. Khan è il primo premier della storia del Pakistan caduto in seguito a una mozione di sfiducia, passata con 174 voti. La votazione giunge dopo una crisi della precedente maggioranza, che Khan ha attribuito a un’interferenza straniera, e dopo un intervento della Corte suprema.

La mozione contro Khan, infatti, è stata presentata l’8 marzo da diverse forze di opposizione, tra cui le due principali, Pml-N e Partito popolare pachistano (Ppp), e ha successivamente ottenuto l’appoggio di una forza della maggioranza, il Movimento Muttahida Qaumi (Mqm). Khan ha denunciato una “cospirazione finanziata dall’estero” e ha rivelato alla stampa che il giorno precedente la presentazione della mozione di sfiducia, il ministero degli Esteri avrebbe ricevuto la trascrizione di una conversazione tra un diplomatico pachistano e uno di un altro Paese, con un avvertimento: al primo sarebbe stata trasmessa l’insoddisfazione dell’Occidente per la posizione del Pakistan sull’Ucraina e sarebbe stato detto che i futuri contatti bilaterali sarebbero stati determinati dall’esito della mozione. Gli Stati Uniti sono il Paese accusato mentre i due diplomatici sono stati identificati come l’ex ambasciatore del Pakistan a Washington Asad Majeed e il vicesegretario di Stato Usa per gli affari dell’Asia centrale e meridionale, Donald Lu. La direttrice delle comunicazioni della Casa Bianca, Kate Bedingfield, ha affermato che non c’è “assolutamente alcuna verità” nelle accuse.

Il 3 aprile il vicepresidente dell’Assemblea nazionale Suri ha respinto la mozione di sfiducia, dichiarandola in contrasto con l’articolo 5 della Costituzione sulla “lealtà allo Stato”. Suri aveva assunto la presidenza dopo che i partiti di opposizione avevano presentato una mozione di sfiducia anche nei confronti del presidente dell’Assemblea, Asad Qaiser, anch’egli del Pti. Dopo il mancato voto dell’Assemblea, il presidente del Pakistan, Arif Alvi, su richiesta del primo ministro, aveva sciolto il parlamento e convocato nuove elezioni entro 90 giorni. La Corte suprema, tuttavia, di sua iniziativa, ha avviato un esame di legittimità costituzionale e ha annullato la decisione di Suri e ordinato la convocazione dell’Assemblea il 9 aprile affinché votasse la mozione. I cinque togati del collegio allargato – composto dal giudice capo, Umar Ata Bandial, e dai giudici Ijazul Ahsan, Mazhar Alam Khan Miankhel, Munib Akhtar e Jamal Khan Mandokhail – si sono espressi all’unanimità, dopo quattro giorni di udienze, ravvisando una violazione dell’articolo 95 della Costituzione, che disciplina la mozione di sfiducia. (Nova News)

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