Perché anche l’Italia può finire nel mirino nucleare di Putin

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(Roma, 06 aprile 2022). Che si tratti di un’ipotesi priva di qualsiasi fondamento o di una possibilità effettivamente da prendere in considerazione, è bene iniziare a fare i conti con la realtà. Prendiamo una cartina geografica e focalizziamo la nostra attenzione sull’Europa settentrionale. Tra la Polonia e la Lituania spicca una piccola porzione di territorio appartenente alla Russia: è l’enclave di Kaliningrad. Altamente strategica per Mosca per almeno due ragioni: consente al Paese di avere uno sbocco sul Mar Baltico con vista Unione europea ma, soprattutto, è sede di una base militare dalla quale potrebbero teoricamente essere lanciati missili, razzi e, teoricamente, pure testate nucleari.

A questo punto non resta che tracciare un cerchio utilizzando Kaliningrad come centro della nostra circonferenza. Emerge un cerchio che comprende praticamente l’intera Europa, Paesi della Nato e Italia compresi. Ecco: questa è l’area che tecnicamente potrebbe essere colpita dalla Federazione Russa nel caso in cui Vladimir Putin dovesse “sparare” dalla base di Kiliningrad. Tranne il Portogallo, l’intero continente rientra nella gittata dei siluri russi. A destare particoalare preoccupazione troviamo il missile 9m729, dotato di una gittata di 2.500 chilometri e denunciato dagli Stati Uniti come violazione del Trattato Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty).

Nella testa di Mosca

Il Cremlino è stato chiaro: la Federazione Russa ricorrerà all’extrema ratio del nucleare soltanto se qualcuno minaccerà la sua esistenza, anche se il concetto di “minacciare l’esistenza”, messo in questi termini, risulta piutosto vago e ambiguo. Certo è che, qualora Putin dovesse attingere all’arma finale – tra l’altro, dallo scorso 27 febbraio il presidente russo ha messo in stato di allerta la forza di dissuasione russa, che comprende anche le testate nucleari – pure l’Italia rischia di esser parte della conseguente Apocalisse che si verrebbe a creare.

Lo ha spiegato Nikolai N. Sokov, già dirigente del Ministero degli Esteri dell’Unione Sovietica e della Russia, ora membro del Centro per il Disarmamento e per la Non-Proliferazione di Vienna. A detta di Sokov – si legge su Libero – uno dei primi obiettivi di una Russia messa alle strette potrebbe essere la base militare di Aviano. Il giornalista austriaco Paolo Barnard ha intervistato proprio Sokov, e dalla loro chiacchierata sono emerse considerazioni degne di nota.

Intanto, il Cremlino ha iniziato a considerare la Nato come una minaccia esistenziale dai tempi del Kosovo, ovvero da quanto l’Alleanza Atlantica ha attaccato un’area di influenza russa senza passare attraverso una risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu. Piccolo particolare: la Russia avrebbe potuto esercitare il diritto di veto ma Mosca- o meglio l’intera procedura – fu bypassata. “Quello fu uno shock per il Cremlino, significava che la Nato poteva attaccare ovunque a piacimento, quindi non più un’alleanza difensiva ma offensiva. Inoltre, sempre dal Kosovo, venne la realizzazione dell’immensa superiorità degli Stati Uniti nelle armi convenzionali a lungo raggio”, ha spiegato Sokov.

I rischi per l’Italia

Tutto questo avrebbe scosso la Russia al punto tale da prendere adeguate contromisure, da concretizzare tanto nel rafforamento degli armamenti quanto nel mostrare armi sempre più temibili. È emerso anche il concetto di “attacco preventivo nucleare, mirato e sottoscritto”, pensato appositamente per costringere un avversario più potente a fermare “le sue operazioni con armi convenzionali contro la Russia, pena l’olocausto nucleare”.

D’innanzi a una eventuale escalation militare, gli obiettivi del Cremlino sarebbero le basi militari. Aviano, nel Friuli Venezia Giulia, sarebbe tra i target russi perché “i primissimi a essere colpiti da un attacco di de-escalation sarebbero proprio le basi aeree Usa e Nato”. Oltre ad Aviano, ha aggiunto Sokov, nell’ipotetica lista di Putin figurerebbero un paio di basi in Polonia, quelle in Germania e, soprattutto, quelle britanniche.

“Non stiamo parlando del lancio di armi nucleari tattiche russe a raggio intermedio, ma di quelle a lungo raggio”, ha sottolineato l’esperto, aggiungendo che Putin potrebbe premere il “pulsante rosso” anche soltanto all’idea che gli Stati Uniti possano farlo prima di lui o abbiano intenzione di imporre un regime change alla Russia.

Di Federico Giuliani. (Il Giornale/Inside Over)