(Roma, 29 marzo 2022). Maxi operazione anti-ISCAP in Repubblica Democratica del Congo. Alle manovre, che si tengono a North Kivu e Ituri, partecipa anche l’Uganda. Già uccisi quasi 30 jihadisti pro-ISIS
La Repubblica Democratica del Congo (RDC/DRC) lancia una maxi operazione a Est per sradicare le cellule di ISCAP. Le manovre si tengono soprattutto nel North Kivu e a Ituri e hanno preso di mira le basi operative dei jihadisti pro-ISIS fino al confine con l’Uganda. Questa, infatti, è la rotta principale da cui passano le nuove reclute dei terroristi, mascherati da camionisti e provenienti dal Kenya. Nelle ultime ore i soldati di Kinshasa hanno conquistato tre roccaforti del gruppo, uccidendo almeno 27 elementi e ferendone molti altri. Kampala parallelamente ha inviato un contingente alla frontiera per bloccare eventuali tentativi di fuga e chiudere i miliziani in una morsa. L’operazione, che durerà con certezza fino alla fine di aprile, è la risposta agli attacchi crescenti di IS nella regione e nasce da un coordinamento stabilito all’inizio dell’anno tra i due paesi africani.
L’operazione ha però un rovescio della medaglia: i miliziani aumenteranno gli attacchi contro i civili. Kinshasa, perciò, deve colpire le reti logistiche e i leader
Le manovre militari anti-ISCAP di Kinshasa e Kampala hanno però un rovescio della medaglia. Più colpiranno i jihadisti pro-ISIS, maggiori saranno gli attacchi di questi ultimi verso la popolazione dei due paesi africani. Il gruppo, infatti, cercherà di fare il possibile per aumentare il pressing sui due governi, al fine di obbligare i nemici a rallentare e quindi a prendere fiato. Sia nella Repubblica Democratica del Congo sia in Uganda. L’unica soluzione per evitare massacri prossimamente è essere più veloci e maggiormente incisivi rispetto ai miliziani, neutralizzando i comandanti e le reti logistiche e di supporto. In questo modo saranno i terroristi a doversi riorganizzare per capire come procedere. I due governi, peraltro, hanno un vantaggio rispetto al nemico: conoscono bene il territorio in cui operano (e possono sfruttarlo), a differenza dei fondamentalisti reclutati in Kenya.
Di Francesco Bussoletti. (Difesa & Sicurezza)