Una coalizione di otto partiti politici maliani contrari alla giunta militare di Bamako formerà “un governo civile di transizione” domenica prossima, 27 febbraio. Lo ha annunciato in conferenza stampa da Abidjan, in Costa d’Avorio, il leader di opposizione Ainea Ibrahim Camara, già fondatore del Movimento repubblicano e ora alla guida di questa coalizione nominata movimento Faso Dambe (Mfd). “Formeremo a partire dalla mezzanotte del 27 febbraio un governo civile di transizione che condurrà il Paese alle elezioni generali entro sei mesi”, ha dichiarato alla stampa Camara, dando voce ai partiti che non condividono la posizione assunta dalla giunta militare, che dopo il colpo di Stato dell’agosto 2020 ha di recente disatteso le promesse di un periodo di transizione di un anno e mezzo, rimandando le elezioni al 2026. Nell’annuncio, la coalizione Mfd ha inoltre invitato i maliani a manifestare contro la giunta e ha promesso di ripristinare l’immagine del Paese affinché la diplomazia potesse rivivere tempi migliori, in particolare con la Comunità dei Paesi membri dell’Africa occidentale (Cedeao).
Diversi partiti di opposizione del Mali avevano già espresso all’inizio del mese la volontà di rispettare un calendario elettorale, annunciando che non avrebbero più riconosciuto le attuali autorità di transizione a partire dal prossimo 25 marzo. In una nota, il Quadro per lo scambio di partiti e gruppi politici per una transizione di successo, formazione che riunisce diverse sigle dell’opposizione maliana, annunciava dal proprio portavoce Zoumana N’tie Doumbia di aver adottato due risoluzioni: la proposta di concludere il periodo di transizione entro nove mesi e il rifiuto della rilettura della Carta in corso da parte del Consiglio nazionale di transizione (Cnt) – l’organo legislativo nominato dai militari -, in aperto contrasto con quanto dichiarato di recente dai militari golpisti che hanno preso il potere con il colpo di Stato del 20 agosto 2020. Il Quadro di scambio dei partiti politici indica di aver proceduto “all’adozione di un calendario elettorale, all’adozione di una nuova legge elettorale consensuale, al non riconoscimento delle attuali autorità dal 25 marzo 2022, all’istituzione di una nuova transizione con un governo di missione guidato da un primo ministro neutrale e l’istituzione di un nuovo Cnt”. Dopo aver deposto l’ex presidente Ibrahim Boubakar Keita, al termine dei 18 mesi annunciati inizialmente come periodo di transizione le autorità golpiste hanno di recente rimandato l’impegno a tenere regolari elezioni il 27 febbraio di quest’anno tra almeno quattro anni.
A concretizzare la presa di posizione dei detrattori della giunta è stato il processo di revisione della Carta costituzionale avviato dal governo transitorio. Convocando il Cnt, la giunta proponeva inoltre di abolire la carica di vicepresidente, di ridurre il numero dei membri del governo e di aumentare quello dei membri della Cnt. La proposta di abolire il vicepresidente della transizione – supportata da un disegno di legge già adottato in Consiglio dei ministri – ha sollevato forti preoccupazioni nell’opposizione sulla possibilità di accentrare cosi ulteriormente i poteri nelle mani del capo della giunta e presidente di transizione, il colonnello Assimi Goita. Il testo adottato dal Cnt, riporta “Rfi”, mira in particolare “ad abolire la carica di vicepresidente (di transizione) per evitare duplicazioni di missioni e consentire al ministro responsabile della Difesa e al ministro responsabile della Sicurezza di recuperare ed esercitare la pienezza del loro attribuzioni tradizionali”. Nel più ampio contesto delle sanzioni economiche imposte al Mali dalla Cedeao e dall’Unione europea dopo il mancato rispetto degli impegni assunti dalla giunta, la levata di scudi delle opposizioni assume un valore particolare, quello di un messaggio ai governi occidentali. L’annuncio arriva anche alla vigilia della visita del mediatore Cedeao, l’ex presidente nigeriano Goodluck Jonathan, atteso a Bamako proprio per discutere dell’agenda elettorale.
La visita a Bamako di Jonathan, che già in precedenza ha mediato nella crisi scaturita fra le autorità maliane e la Francia, segue peraltro la decisione di quest’ultima di ritirare le truppe francesi ed europee presenti in Mali per contribuire alla lotta anti jihadista.
Entro i prossimi sei mesi, gli uomini del dispositivo Barkhane e della Task force Takuba saranno riposizionati nella regione, molti in Niger, mentre il governo di transizione si è avvicinato alla società di sicurezza russa Wagner. La scelta ha suscitato forte allarme a livello internazionale per i metodi noti del gruppo, già presente in Repubblica Centrafricana e il cui operato è spesso stato denunciato dagli organismi di difesa dei diritti umani. Nel Paese, invece, si sono tenute diverse manifestazioni che vedono con favore la partenza delle truppe francesi, da tempo contestate perché non ritenute affidabili nella lotta al terrorismo, e durante le quali si è inneggiato ad una maggiore presenza russa. Migliaia di persone sono tornate in strada a Bamako chiedendo un rapido ritiro delle truppe francesi e bruciando anche la bandiera dell’Unione europea. (Nova News)