Siria: l’ISIS colpisce milizie affiliate a Teheran

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(Roma, Parigi, 08 febbraio 2022). Cellule dello Stato Islamico hanno condotto un attacco su larga scala a Est del governatorato di Homs, nella Siria centro-meridionale, provocando morti e feriti. Ad essere colpiti sono stati gruppi armati filoiraniani supportati dal Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC).

Stando a quanto specificato da fonti “informate” al quotidiano panarabo al-Araby al-Jadeed, l’attentato è stato condotto nella mattina del 7 febbraio per mezzo di armi pesanti e di medio calibro, tra cui cannoni calibro 106, colpi di mortaio, missili Kornet e mitragliatrici montate su veicoli a quattro ruote. L’obiettivo è stato, nello specifico, un accampamento appartenente alla Brigata Fatemiyoun, una milizia sciita afgana formata nel 2014 per combattere in Siria e sostenuta dalla Guardie iraniane. L’accampamento è situato sulla strada che collega le città di Palmira e Sukhna ed è stato colpito dai versanti settentrionale e orientale per circa un’ora e mezza. Il bilancio delle vittime comprende 8 membri della brigata filoiraniana e “numerosi” feriti, i quali sono stati trasferiti all’ospedale di Palmira, posto sotto il controllo di milizie legate a Teheran. Inoltre, hanno aggiunto le fonti di al-Araby al-Jadeed, l’attacco ha provocato danni materiali, tra cui la distruzione di un veicolo con a bordo mitragliatrici.

L’attentato del 7 febbraio è giunto dopo che, nei giorni precedenti, la medesima Brigata Fatemiyoun aveva avviato una campagna volta a identificare e contrastare le cellule dell’ISIS ancora attive nelle aree a Est di Homs e soprattutto nelle aree desertiche di Palmira e lungo i monti di al-‘Amour. L’operazione è stata sostenuta non solo da gruppi armati filoiraniani, ma anche da aerei da guerra russi, tuttora impegnati nella lotta contro lo Stato Islamico nella zona di Badia, oltre che nel Sud-Est del governatorato di Hama, nel Sud-Ovest del governatorato di Raqqa, a Est del governatorato di Homs e nella regione di Deir Ezzor, attraverso raid che mirano a colpire grotte e nascondigli presumibilmente impiegati dall’organizzazione terroristica.

La fine del califfato islamico in Siria si fa risalire al 23 marzo 2019, data in cui le Syrian Democratic Forces (SDF) hanno annunciato ufficialmente la conquista dell’ultima enclave posta sotto il controllo dell’ISIS, Baghouz, nell’Est della Siria. Tuttavia, come sottolineato altresì nel Country Reports on Terrorism 2020, elaborato dal Dipartimento di Stato degli USA, lo Stato Islamico, sia in Siria sia in Iraq, continua a preservare una “presenza attiva”, oltre che una “insorgenza di basso livello”. Nella prima metà del 2020, in entrambi i Paesi è stato registrato un aumento nel numero di attacchi perpetrati dall’organizzazione terroristica. In Siria, nel corso del 2020, attacchi, bombardamenti e imboscate hanno riguardato soprattutto l’area dell’Eufrate occidentale, della valle di Deir Ezzor, oltre a Raqqa, Homs e As-Suwayda, e tra i principali obiettivi vi sono state le Syrian Democratic Forces.

Al contempo, il Country Report on Terrorism include la Siria tra gli Stati sponsor del terrorismo, una designazione acquisita nel 1979, ed evidenzia come il governo di Damasco continui a fornire armi e sostegno a diversi gruppi terroristici, tra cui Hezbollah, consentendone il riarmo anche da parte dell’Iran. Il regime siriano, afferma il Dipartimento di Stato, anche nel corso del 2020 ha continuato ad avere forti legami sia con Teheran sia con Hezbollah. Il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) rimane presente e attivo in Siria, con l’autorizzazione del presidente Bashar al-Assad, il quale dipende sempre di più da attori esterni per salvaguardare i propri territori dai nemici stranieri. Non da ultimo, gruppi filoiraniani basati in Iraq continuano a recarsi in Siria, ponendosi a fianco dell’esercito damasceno.

Non da ultimo, il governo siriano, negli ultimi venti anni, sembra aver avuto un atteggiamento “permissivo” nei confronti di organizzazioni terroristiche quali al-Qaeda e l’ISIS, consentendo loro di proliferare. Secondo gli USA, poi, Damasco ha spesso impiegato leggi antiterrorismo e tribunali speciali antiterrorismo per detenere i manifestanti, oppositori del regime, oltre a difensori dei diritti umani e operatori umanitari, con il pretesto di combattere il terrorismo. Tuttavia, il governo stesso continua ad autodefinirsi una vittima del terrorismo. I “terroristi”, per il governo di Assad, sarebbero i membri dell’opposizione armata interna.

Di Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)