(Roma, 18 dicembre 2021). L’ultima volta che un aereo militare britannico aveva abbattuto un velivolo nemico era 40 anni fa: quando i caccia del Regno Unito si scontravano con la forza aerea argentina nei cieli delle Falkland. Adesso, dopo quattro decenni di “pausa”, gli aerei della Royal Air Force tornano a colpire un bersaglio volante. Anche se questa volta è nei cieli della Siria e soprattutto non contro un aereo pilotato da un uomo in carne e ossa, ma contro un drone. Nessun duello tra le nuvole, nessuno scontro tra uomini nei loro abitacoli, ma un scontro che nella guerra del presente e del futuro è destinato a essere sempre più importante.
La notizia è stata confermata dal governo britannico, che ha certificato l’abbattimento di un “drone ostile” da parte di un Typhoon della Raf che “rappresentava una minaccia per le forze della coalizione nell’area”. La notizia di per sé potrebbe sembrare di poco conto, ma non va sottovalutato il fatto che l’aviazione di Londra sia stata coinvolta in un primo scontro aereo proprio contro un drone e proprio in Siria durante l’operazione contro il sedicente Stato islamico.
Il “duello”, stando alle informazioni riportate dalla Difesa di Sua Maestà, è avvenuto nei pressi di Al Tanf, una delle basi più importanti delle forze occidentali in Siria impegnate nella guerra allo Stato islamico ma anche (più prosaicamente) al contenimento di esercito siriano, forze iraniane e elementi russi. Il 14 dicembre, le forze della coalizione anti Daesh hanno segnalato l’attività di un drone vicino la base e l’hanno identificato come una minaccia. Il drone, estremamente piccolo e per questo difficile da colpire da un aereo, è stato abbattuto da un Typhoon decollato dalla base di Cipro utilizzando un missile aria-aria a corto raggio avanzato.
Il ministro della Difesa, Ben Wallace, ha parlato dell’attacco come di “una dimostrazione impressionante della capacità dell’Aeronautica di eliminare obiettivi ostili in aria”. Ma quello che conta a livello strategico è l’impiego sempre più operativo degli aerei della Raf in un’area come quella della Siria e dell’Iraq, e in generale di tutto il quadrante in cui è coinvolta la coalizione anti Daesh.
La questione diventa centrale anche per quanto riguarda il contrasto alla minaccia dei droni, diventati in questi tempi una delle principali armi per colpire le forze occidentali presenti in territorio siriano e iracheno. Da tempo si segnala una costante attività di velivoli a pilotaggio remoto diretti contro gli avamposti Usa. Spesso da Washington è arrivata l’accusa che questo sistema di attacchi fosse in realtà frutto di un coinvolgimento più o meno indiretto dell’Iran, con addestratori e militari provenienti da milizie legate ai Pasdaran. E questa minaccia dal cielo è diventata fondamentale anche alla luce del pericolo segnalato da Israele di una eventuale saturazione del sistema di difesa antimissile. Secondo la Difesa dello Stato ebraico, il pericolo maggiore per il proprio territorio è quello di un attacco simultaneo con droni e missili che possa in qualche modo bucare Iron Dome. In un momento di stallo nei negoziati tra Iran e Paesi occidentali sul programma nucleare e con il costante aumento dell’attività di droni segnalata anche nel Golfo Persico e in Yemen, l’attacco della Raf al drone “ostile” in Siria rappresenta un segnale di come anche Londra possa attivarsi sotto questo aspetto del contrasto ai velivoli pilotati da remoto. E in questo caso non sarebbe un messaggio rivolto esclusivamente alle ormai ultime sacche di gruppi ancora formalmente definite come Stato islamico.
Di Lorenzo Vita. (Il Giornale/Inside Over)