(Roma, 14 dicembre 2021). L’Armenia ha annunciato, martedì 14 dicembre, che al fine di migliorare le relazioni bilaterali con la Turchia, nominerà un rappresentante speciale. A rivelarlo è stato il portavoce del Ministero degli Esteri del Paese, Vahan Hunanyan.
La notizia è stata riportata, il medesimo martedì, dall’agenzia di stampa russa RIA Novosti. Anche il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha affermato che le parti avevano concordato di nominare reciprocamente inviati speciali per regolare i rapporti bilaterali con Erevan. Erevan è “pronta per un processo volto a normalizzare senza precondizioni le relazioni con la Turchia”, ha affermato il portavoce armeno, spiegando che tale questione è stata anche inserita nel piano di politica Estera del Paese. “Valutiamo positivamente la dichiarazione del ministro degli Esteri turco sulla nomina di un rappresentante speciale per normalizzare i rapporti e confermiamo che anche la parte armena nominerà un inviato speciale per il dialogo”, ha scritto Hunanyan su Facebook.
Le relazioni bilaterali tra Armenia e Turchia sono ufficialmente inesistenti e storicamente ostili. Recentemente, il primo gennaio, in Armenia era entrato in vigore il divieto di importare merci dalla Turchia. Tale mossa era la conseguenza del sostegno militare che Ankara aveva offerto all’Azerbaigian durante il conflitto nel Nagorno-Karabakh. Sulla base delle disposizioni dell’Unione Economica Eurasiatica, di cui l’Armenia è membro, l’embargo può essere applicato per un massimo di sei mesi, con possibilità di rinnovo. In seguito, il 29 aprile, il ministro dell’Economia dell’Armenia, Vahan Kerobyan, aveva annunciato l’intenzione di introdurre nuove restrizioni per le importazioni e per la vendita di prodotti provenienti dalla Turchia.
La Turchia ha riconosciuto il Paese poco dopo che quest’ultimo ha proclamato l’indipendenza dalla Russia, nel settembre 1991. Il congelamento delle relazioni bilaterali turco-armene si è acuito quando, nel 1993, su iniziativa di Ankara è stato chiuso il confine tra i due Stati. Le difficili relazioni tra i Paesi sono causate da una serie di circostanze legate, in particolare, al sostegno di Ankara alla posizione dell’Azerbaigian sulla questione della sovranità della regione contesa del Nagorno-Karabakh, nonché al non riconoscimento turco del genocidio armeno. Si tratta di un processo di deportazioni e uccisioni perpetrate, tra il 1915 e il 1916, dall’Impero ottomano, che causarono la morte di 1.5 milioni di armeni. Ankara ha sempre negato che la deportazione e il massacro degli armeni abbia costituito un genocidio. Al contrario, la Turchia ha affermato che quanto accaduto è stata la conseguenza dell’insurrezione degli armeni contro il Paese. In relazione al genocidio armeno, è opportuno ricordare che, il 24 aprile, il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha ufficialmente riconosciuto il genocidio armeno. Sebbene anche altri 29 Paesi abbiano compiuto mosse simili, Biden rappresenta il primo presidente degli USA a ufficializzare il genocidio, definendolo in tal modo.
Come spiegato da Reuters, alla fine del XIX secolo, i circa due milioni di armeni dell’Impero Ottomano iniziarono a rivendicare aspirazioni nazionaliste, portando a fenomeni di repressione da parte di “ottomani irregolari” già dal 1894-1896. In tale quadro, migliaia di persone vennero uccise a Costantinopoli, l’attuale Istanbul, nell’agosto 1896, dopo che i militanti armeni si impadronirono della Banca ottomana. Poi, nel corso della Prima Guerra Mondiale, mentre gli ottomani combattevano contro le forze russe nell’Anatolia orientale, molti armeni formarono gruppi partigiani per assistere gli eserciti russi invasori. Un tale sostegno venne seguito da arresti e uccisioni di intellettuali armeni da parte dell’Impero ottomano, il 24 aprile 1915, mentre, nel maggio dello stesso anno, i comandanti ottomani iniziarono la deportazione di massa degli armeni dall’Anatolia orientale verso la Siria e la Mesopotamia. L’Armenia sostiene che circa un milione e mezzo di persone morirono in massacri o di fame e sfinimento nel deserto.
Da parte sua, la repubblica turca, fondata nel 1923 dopo il crollo dell’Impero ottomano, ha sempre negato che fosse stata condotta una campagna sistematica volta ad annientare gli armeni. A detta di Ankara, migliaia di turchi e armeni morirono a seguito dell’ondata di violenza interetnica, perpetrata dalle forze ottomane nel momento in cui l’Impero cominciò a mostrare segnali di cedimento e si ritrovò a combattere contro l’invasione russa. La Turchia, pertanto, si oppone alla presentazione di questi eventi come “genocidi”, e li definisce una tragedia in cui entrambe le parti hanno registrato vittime.
Di Anna Peverieri. (Sicurezza Internazionale)