La Francia e il Regno Unito e la Manica della discordia

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(Roma, Parigi, 27 novembre 2021). Le relazioni fra i due Paesi sono state tese fin dal referendum sulla Brexit ma, negli ultimi due anni, sono peggiorate ulteriormente. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è la tragica vicenda dei 27 migranti morti mentre tentavano di attraversare il canale

La Manica, il « Channel » che rappresenta la barriera geografica fra le isole britanniche e l’Europa continentale è tornato protagonista, in questi anni post Brexit, della dicotomia fra Europa e Regno Unito. Una scissione che segna non solo una distanza geografica, solo 34 chilometri nel punto più stretto, ma anche politica, culturale ed economica.

Per quasi cinquant’anni, grazie alla permanenza nell’Unione europea, il canale era stato il trait d’union pacifico e silente fra la Francia e la Gran Bretagna, ma oggi fa sentire il peso del suo passato, riprendendosi l’antico ruolo di confine fra due mondi che, nei secoli, si sono guardati con diffidenza.

È bastato che il Regno Unito uscisse dall’Unione europea perché quel braccio di mare ritornasse quella separazione che, nei secoli, ha alimentato un’atavica competizione fra il continente e le isole, fra la Francia e il Regno Unito in particolare.

Questi due Paesi, confinanti sull’acqua e costretti a un’amicale convivenza dal 1973 al 2016, oggi si trovano nell’antico ruolo di antagonisti pur facendo entrambi parte della Nato. La cronaca attuale lo conferma.

Le relazioni fra i due Paesi sono state tese fin dal referendum sulla Brexit ma, negli ultimi due anni, sono peggiorate ulteriormente.

Ad alimentare lo scontro ci sono state le dispute sull’accordo firmato per uscire dall’Unione europea e le conseguenti controversie sulle acque della Manica, scenario della cosiddetta “guerra del pesce”.

Le tensioni sono culminate nel sequestro di un peschereccio inglese da parte dei francesi e nel dispiegamento delle navi militari sul confine marittimo da parte dei britannici.

Un altro recente capitolo della disputa fra i due Paesi separati dalla Manica è legato all’accordo fra Regno Unito e Stati Uniti per la costruzione di sottomarini a propulsione nucleare per conto dell’Australia, soffiato all’ultimo minuto ai francesi che, in segno di protesta, hanno ritirato gli ambasciatori dagli Stati Uniti e dall’Australia.

In questi giorni si è arrivati a un nuovo punto di rottura che vede al centro della disputa proprio il canale della Manica. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è la tragica vicenda dei 27 morti di origine somala e irachena mentre tentavano di attraversare il canale e raggiungere la costa britannica su un’imbarcazione di fortuna.

I ministri degli Interni francese e britannico, si sarebbero dovuti incontrare domenica 28 novembre, nel corso di un meeting europeo organizzato proprio per parlare dell’emergenza dei cosiddetti viaggi della speranza dalle spiagge francesi alle coste britanniche: ma l’incontro non ci sarà.

Il pomo della discordia è in questo caso una lettera che Boris Johnson ha scritto a Emmanuel Macron, resa pubblica dallo stesso primo ministro britannico su Twitter. Nella lettera Johnson chiedeva alla Francia di vigilare più attentamente le proprie coste, addossandole implicitamente la responsabilità dell’accaduto, aggiungendo una proposta in cinque punti per raggiungere l’obiettivo. La cancellazione della riunione fra ministri è stata la risposta di Parigi.

Questa mattina, nel corso di una conferenza stampa, Macron ha criticato duramente il primo ministro britannico: “Rimango sorpreso quando le cose non vengono fatte con serietà. I leader non comunicano fra loro, su certe questioni, via Twitter o scrivendo lettere pubbliche. Non siamo whistleblowers”.

Sul fronte britannico, le posizioni non sono più morbide. A gettare benzina sul fuoco ci ha pensato oggi il ministro dei Trasporti britannico Grant Shapps: “Il problema ha origine in Francia. Chi si imbarca per questi viaggi pericolosi verso il Regno Unito parte dalla Francia e questo significa che gli interventi devono essere realizzati sulle spiagge Francesi”.

In mattinata, durante il consueto incontro fra il portavoce di Downing Street e i giornalisti, è stata ribadita la legittimità della lettera nei contenuti e nella modalità. Boris Johnson non è pentito del gesto e spera che la controparte francese sia aperta a collaborare.

La decisione di rendere pubblica la lettera nasce in realtà da un’esigenza tutta interna di dimostrare di non essere responsabile dell’arrivo di immigrati clandestini. Per il fautore della Brexit, è di vitale importanza politica, specialmente in un momento di grande crisi in termini di leadership.

I sondaggi non sono più favorevoli, la capacità di gestire le enormi emergenze del Paese post Brexit è messa costantemente in discussione e la credibilità personale di Johnson ha avuto un brusco arresto dopo il discorso di due giorni fa alla conferenza annuale della Confederazione dell’industria britannica.

Nel corso del suo intervento, al cospetto degli amministratori delegati dei più importanti gruppi industriali del Paese, il primo ministro non solo ha perso il filo del discorso ed è rimasto in silenzio per circa 20 secondi, ma ha deragliato inaspettatamente sul parco a tema di Peppa Pig che si trova a sud dell’Inghilterra.

In un momento cruciale per le imprese, ha parlato della sua visita, il giorno prima, al parco giochi di Peppa Pig, definendolo un posto da visitare assolutamente.

Ha poi simulato con un suono gutturale il rombo di un motore per descrivere la ripresa economica del Paese e infine si è paragonato a Mosè. In queste ore sono i suoi stessi compagni di partito a essere preoccupati per la piega che ha preso il governo.

Ieri, un numero imprecisato di alti dirigenti del partito, è andato a trovare il primo ministro a Downing Street, segno che una conversazione sulla direzione futura è sul tavolo del confronto.

Critiche sono giunte anche alla ministra dell’Interno Priti Patel, accusata di non essere capace di mediare e di trovare soluzioni efficaci con i francesi. Senza capacità diplomatiche, il Regno Unito rischia di rimanere ancora più isolato di quanto desiderasse esserlo al momento del referendum sulla Brexit.

In questo caso, a pagarne ancora le conseguenze, saranno le persone disperate che tentano di attraversare la Manica.

Il cappello dell’Unione europea ha garantito per quarantotto anni una convivenza pacifica sul canale e l’amicizia fra due Paesi profondamente competitivi. Adesso tutto torna nelle mani dei singoli governi e la capacità di lavorare in concerto diventa cruciale per due vicini di casa separati dalla Storia e della Manica.

Di Alessandra Sestito. (AGI)