Libano: il giallo del video che torna a spaccare Beirut

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(Roma, 16 ottobre 2021). A due giorni dagli scontri che hanno infiammato la capitale, il portavoce delle famiglie delle vittime dell’esplosione nel porto compare in un filmato in cui chiede la rimozione del giudice contro cui sono scesi in piazza gli uomini di Hezbollah e di Amal. E’ sdegno degli altri familiari: « Guardate i suoi occhi, lo stanno minacciando »

Dopo l’esplosione di violenza di giovedì scorso a Beirut, quando sette manifestanti sciiti sono stati uccisi da cecchini cristiani mentre marciavano verso un tribunale, continua lo scontro politico fra Amal ed Hezbollah da una parte e i partiti cristiani e parte del governo guidato dal premier sunnita Najib Mikati all’altra.

Questa mattina a Beirut un video ha acceso una polemica che è un sintomo ulteriore delle tensioni fortissime nella società libanese: nel video si vede Ibrahim Hoteit, portavoce dei familiari delle vittime dell’esplosione del porto del 4 agosto 2020. Bitar legge una dichiarazione in cui chiede le dimissioni del procuratore Tarek Bitar, condanna gli Stati Uniti per “interferenze nell’inchiesta” ed esprime condoglianze per i membri di Hezbollah e Amal uccisi negli scontri.

Hoteit da mesi è in prima linea nelle proteste dei familiari per la ricerca della verità sulla mega-esplosione dell’agosto 2020 in cui è morto suo fratello insieme ad altre 214 persone. Nel video guarda nervosamente verso l’alto, con un atteggiamento che lascia pensare sia minacciato da qualcuno che non si vede. Molti giornalisti a Beirut lo stanno cercando, ma al momento non è stata ancora rintracciato per poter confermare l’autenticità del video, o meglio la “spontaneità” con cui ha fatto quella dichiarazione.

Paul Naggear, padre di un’altra delle vittime dell’esplosione del porto, ha detto di “esortare tutti a considerarlo come fatto sotto pressione per dividere le nostre comunità » e ha chiesto « di non diffonderlo”.

Le parole di Hoteit nel video contro Bitar sono in totale contraddizione con le sue posizioni a favore dell’inchiesta, che sono sempre state di incoraggiamento del giudice Tareq Bitar, un magistrato di confessione greco-cattolica. Sunniva Rose, giornalista alla National News Agency libanese, ha ricordato che il portavoce dei familiari, intervistato mercoledì sulla manifestazione di protesta contro il giudice Bitar organizzata da Hezbollah e Amal, aveva confermato la richiesta dei familiari di “verità, giustizia e punizione dei responsabili. Questo è un nostro diritto legalmente e umanamente. Non vogliamo che la nostra causa sia politicizzata, non vogliamo scontrarci con nessuno in modo che il nostro caso non si perda tra le lungaggini politiche e partitiche”.

La contesa giudiziaria è però diventata ormai uno scontro politico durissimo, che per alcune ore è divenuto anche militare. Giovedì la protesta organizzata da Amal ed Hezbollah contro Bitar è degenerata quando alcuni cecchini cristiani hanno iniziato a sparare sugli sciiti che si avvicinavano al loro quartiere.

Sempre giovedì la Cassazione libanese aveva respinto il terzo tentativo di sostituire il magistrato incaricato dell’inchiesta; a chiederlo erano i due ex ministri sciiti Ali Hassan Khalil e Ghazi Zeaiter. I due sono ex ministri di Amal, ancora oggi deputati. Il giudice Bitar ha chiesto di interrogarli e ha emesso un mandato di arresto per Hassan Khalil, che è il braccio destro del capo di Amal Nabih Berri, presidente del Parlamento.

Alla protesta di Amal si affianca Hezbollah per solidarietà politica, ma anche perché il movimento di Hassan Nasrallah ritiene di essere “l’obiettivo politico di questa inchiesta”, come hanno detto deputati del partito. Hezbollah e Amal accusano Bitar di agire per conto degli Stati Uniti e delle fazioni cristiane libanesi, e hanno sospeso la partecipazione dei loro ministri alle sedute del governo, pronti a far saltare l’accordo che era stato raggiunto faticosamente da poche settimane dal primo ministro sunnita Najib Mikati.

Di Vincenzo Nigro. (La Repubblica)