Libano: il Paese verso il «caos totale»

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(Roma, 27 agosto 2021). Il capo di una delle agenzie di sicurezza del Libano più rilevanti ha ordinato ai suoi ufficiali di stare in allerta di fronte al possibile protrarsi di una crisi nazionale, la quale potrebbe provocare una situazione di caos totale.

In particolare, in un messaggio indirizzato agli agenti di sicurezza libanesi, datato 27 agosto, il maggiore generale Abbas Ibrahim, ha messo in guardia dal possibile “grande collasso” delle istituzioni statali, il quale potrebbe avere conseguenze anche per l’apparato di sicurezza del Paese, inclusa la General Security, un’agenzia di intelligence e sicurezza adibita, tra le diverse mansioni, al controllo dei valichi di frontiera. “La crisi che sta attraversando il Libano potrebbe prolungarsi”, ha dichiarato Abbas Ibrahim rivolgendosi ai membri della propria squadra, chiamati a erigersi come una “barriera”, al fine ultimo di salvaguardare il Libano e il suo popolo. A detta del maggiore generale, se lo Stato libanese dovesse crollare, di conseguenza tutto crollerebbe e tutti entrerebbero in un vortice di caos e tensione.

Le parole del capo della sicurezza libanese fanno seguito a quelle del Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che, il 26 agosto, ha esortato gli attori politici libanesi a formare quanto prima un governo di unità nazionale. Quest’ultimo, ha riferito il portavoce Stephane Dujarric, è necessario per portare “sollievo e giustizia”, oltre che per avviare il percorso di riforme volto a fornire servizi di base, ripristinare stabilità, promuovere uno sviluppo sostenibile e “infondere speranza per un futuro migliore”.

Entrambe le dichiarazioni derivano da una situazione economica, politica e sociale sempre più instabile. Il Libano, da circa due anni, continua a far fronte a una grave crisi economica e finanziaria, che, per la Banca Mondiale, potrebbe essere classificata tra le peggiori tre registrate a livello internazionale negli ultimi 150 anni. Nelle ultime settimane, poi, la popolazione è in preda a una grave crisi di carburante, intensificatasi con la decisione della Banca centrale, dell’11 agosto, di revocare i sussidi sulle importazioni di carburante e di passare ai tassi di mercato, a causa dell’esaurimento delle risorse monetarie in dollari.  Ciò ha avuto conseguenze sui prezzi dei beni di prima necessità e sulla fornitura di servizi essenziali, mentre ha alimentato episodi di violenza sempre più frequenti. A tal proposito, il 26 agosto, l’esercito libanese è stato costretto a dispiegare proprie truppe nell’area di Akkar-Fneideq, nel Nord del Libano, per frenare gli scontri tra gli abitanti locali, a maggioranza sunnita, che hanno visto altresì l’impiego di armi pesanti e granate. Le tensioni sarebbero nate da litigi per accaparrarsi benzina e diesel.

A livello politico, il Libano risulta essere ancora privo di un governo dai pieni poteri. Il 26 luglio, un ex premier libanese, Nagib Mikati è stato incaricato di formare un nuovo esecutivo per Beirut e da allora ha tenuto colloqui con il capo di Stato, Michel Aoun, che, finora, non hanno portato al risultato auspicato. Il 26 agosto, si è tenuto il 13esimo incontro tra il premier designato e il presidente Aoun, ma non sono state rilasciate dichiarazioni a seguito dei colloqui. Fonti mediatiche hanno riferito che Mikati ha presentato al presidente della Repubblica una squadra composta da 24 membri, ma che le divergenze sono sorte soprattutto in merito ai Ministeri di Giustizia, Interno, Economia e Affari Sociali, oltre che sulla posizione di vicepremier.

Mikati è un imprenditore, definito “miliardario”, di 65 anni, proveniente dalla città settentrionale di Tripoli, ed è stato già primo ministro per due volte in passato, oltre che ministro dei Trasporti e dei Lavori pubblici. Tuttavia, il primo ministro designato fa parte di quella classe politica accusata di aver condotto il Libano verso la crisi attuale. Inoltre, Mikati deve far fronte all’opposizione del blocco cristiano, compresa quella del Movimento Patriottico Libero, partito fondato dal presidente Aoun e guidato dal genero Gebran Bassil. Quest’ultimo, il quale guida la maggiore alleanza cristiana in Parlamento, non ha nominato alcun candidato nel corso delle consultazioni vincolanti del 26 luglio. Tuttavia, Bassil si è detto disposto a lavorare con Mikati per favorire la formazione di un nuovo gabinetto.

Al momento della sua nomina, il premier designato ha affermato di aver ricevuto le “garanzie necessarie” da parte della comunità internazionale, altrimenti, “non avrebbe compiuto tale passo”. Tra i Paesi che hanno mostrato sostegno a Mikati vi sono gli Stati Uniti e la Francia. Parigi si è impegnata a supportare il Libano sin dall’esplosione che, il 4 agosto 2020, ha devastato il porto di Beirut. A tal proposito, Mikati ha affermato che tra le sue priorità vi è la realizzazione della “iniziativa francese”. Quest’ultima era stata proposta dal capo dell’Eliseo, Emmanuel Macron, all’indomani dell’incidente del 4 agosto, e prevede la formazione di un governo di specialisti, lontani da qualsiasi alleanza politica, in grado di porre in essere le riforme economiche e finanziarie di cui necessita il Paese.

Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)