(Roma, 06 agosto 2021). Fonti della sicurezza a Beirut hanno riferito, nella mattina di venerdì 6 agosto, che altri missili sono stati lanciati verso i territori di Israele. Successivamente, il gruppo sciita Hezbollah ha rivendicato l’attacco, mentre l’esercito israeliano ha risposto colpendo obiettivi nel Sud del Libano.
Come riportato dal quotidiano al-Arabiya, sulla base delle informazioni ricevute dalle fonti libanesi, sono stati 15 i razzi lanciati contro i territori settentrionali israeliani, che hanno attivato le sirene di avvertimento in località nel Nord di Israele, nell’Alta Galilea e presso le Alture del Golan. A detta delle medesime fonti, obiettivo dell’attacco potrebbe essere stato la base militare israeliana di Dov. Da parte sua, l’esercito israeliano ha riferito che la maggior parte dei missili è stata intercettata dal sistema di difesa Cupola di ferro. Sino ad ora, non sono state riportate vittime o danni materiali.
Hezbollah ha rivendicato l’attacco poche ore dopo la diffusione delle prime notizie, affermando di aver colpito, alle ore 11:15, ora locale, obiettivi israeliani, con “decine di missili calibro 122”. I raid, in particolare, sono stati lanciati contro campi aperti, verso postazioni di Israele situate nei pressi delle fattorie di Shebaa. Come precisato dal gruppo sciita, si è trattato di una risposta al bombardamento israeliano del giorno precedente.
Quanto accaduto oggi giunge a circa un giorno di distanza dall’attacco missilistico condotto da Israele contro obiettivi libanesi, nella notte tra il 4 e il 5 agosto, che ha fatto seguito ai colpi di artiglieria lanciati in risposta a razzi provenienti dal Libano. In particolare, l’esercito israeliano, per la prima volta in sette anni, ha affermato che i propri aerei hanno lanciato raid contro postazioni in Libano, da cui si pensa siano stati lanciati missili nei giorni precedenti, e contro obiettivi e strutture impiegati in passato per colpire i territori israeliani e condurre operazioni “terroristiche”. Fonti libanesi hanno affermato che i raid israeliani hanno colpito, in particolare, un’area disabitata alla periferia di Aishiya, città nel distretto di Marjayoun, nel Sud del Libano. Né i raid israeliani né quelli libanesi hanno provocato vittime, ma sono scoppiati incendi nelle aree boschive nel Nord di Israele e in villaggi del Libano.
Secondo fonti della sicurezza israeliane, la responsabilità degli attentati precedenti al 6 agosto era da attribuirsi a gruppi palestinesi stanziati nel Libano meridionale. Ad ogni modo, quello lanciato nella notte del 4-5 agosto rappresenta il primo attacco missilistico riconosciuto dall’esercito israeliano dal 2014. In precedenza, Israele si è limitato a rispondere alle operazioni condotte dal Libano con colpi di artiglieria. Di fronte a tale scenario, sia Washington sia la Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite (UNIFIL) hanno espresso preoccupazione, esortando le parti alla calma. Il portavoce del Dipartimento di Stato degli USA, Ned Price, ha poi condannato gli attacchi contro i territori israeliani e ha affermato che “Israele ha il diritto di difendersi”. Da parte loro, gli Stati Uniti continueranno a sostenere gli sforzi volti a disinnescare le tensioni nella regione, ha riferito il portavoce.
Diversi analisti concordano sul fatto che l’episodio del 4-5 agosto è stato il segnale di una nuova possibile escalation, che metterebbe a repentaglio la sicurezza della regione e la risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza dell’ONU, che, nel 2006, ha obbligato Israele e Hezbollah a definire delle regole di ingaggio. L’attacco israeliano, è stato precisato, non rientra in tali regole.
A detta di alcuni esperti, Israele potrebbe continuare a lanciare missili contro il Libano. Obiettivo di Tel Aviv potrebbe essere attirare l’attenzione internazionale e intensificare la mobilitazione contro l’Iran e i suoi alleati, al fine ultimo di ostacolare i negoziati sull’accordo sul nucleare. Altra ipotesi è che non si vada allo scontro diretto. In tal caso, Israele ed Hezbollah continuerebbero comunque a “inviare messaggi” l’un l’altro. Da parte sua, il presidente libanese, Michel Aoun, il 5 agosto, ha accusato Israele di “intenzioni aggressive”, da inserirsi nel quadro di continue minacce contro il Libano e la sua sovranità.
Hezbollah, un’organizzazione paramilitare sciita appoggiata dall’Iran, continua a rappresentare uno dei principali rivali libanesi di Israele. Nel 2006, i due si sono scontrati in una battaglia lunga 34 giorni, nella quale circa 1200 persone sono morte in Libano, per lo più civili, e altre 158 hanno perso la vita a Israele, in gran parte soldati. Ciò ha portato al rafforzamento della Missione dell’Onu UNIFIL, istituita nel 1978 e rafforzata nel 2006, la quale ha il compito di far rispettare il cessate il fuoco tra Beirut e Tel Aviv e di monitorare il ritiro israeliano da una zona smilitarizzata di confine. La missione conta attualmente circa 10.500 unità, tra cui anche un contingente italiano.
Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)