(Roma, 30 luglio 2021). La stampa iraniana ha annunciato la formazione di una milizia, chiamata “Hashd Al-Shi’i”, che in arabo significa “Mobilitazione sciita”, a sostegno del governo afghano contro i talebani.
La notizia si è cominciata a diffondere a partire dal 19 luglio, quando il quotidiano iraniano “Repubblica Islamica” ha rivelato che il gruppo aveva annunciato la propria presenza in Afghanistan. L’articolo in questione ha riportato le parole di Saeed Hassan Al-Haidari, il comandante del gruppo, che ha dichiarato: “Comanderò gruppi popolari che combatteranno a fianco delle forze governative per difendere la nostra patria nello stesso modo in cui ho difeso il santuario del mio avo Imam Ali”, in riferimento al primo dei 12 imam sciiti. Lo stesso quotidiano ha riferito che alcuni dei membri del nuovo gruppo sono ex membri della Brigata Fatemiyoun. Questa organizzazione è composta principalmente da cittadini afghani che sono stati reclutati dalla forza speciale al-Quds dei Guardiani della Rivoluzione dell’Iran. La milizia è stata in prima linea nelle operazioni militari di Teheran in Siria, a sostegno del presidente Bashar al-Assad.
Già il 21 dicembre 2020, il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, era apparso alla televisione afghana suggerendo che il governo di Kabul avrebbe potuto utilizzare la Brigata Fatemiyoun per “per la lotta al terrorismo e per la protezione della sicurezza dell’Afghanistan”. Zarif aveva poi aggiunto che la milizia si trovava in Siria “volontariamente” e che questa conta poco meno di 5.000 combattenti. Solo 2.000 di questi si trovavano ancora in Siria. Alcuni politici e rappresentanti della società civile afghana avevano reagito con scetticismo e indignazione alla proposta iraniana di riportare in patria i combattenti afghani. Secondo alcune testimonianze, molti di questi militanti non sono altro che rifugiati afghani in Iran, che sono stati forzati ad unirsi alla milizia iraniana. Questa è anche la ricostruzione del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, che il 24 gennaio 2019 ha inserito la Brigata nella lista nera delle sanzioni statunitensi. Tuttavia, l’Iran sostiene che si tratti di volontari che vengono regolarmente retribuiti per i loro servizi.
Di fronte alla formazione di una nuova milizia iraniana operativa sul suolo afghano, alcuni rappresentanti di Kabul hanno avvertito l’Iran dei rischi al riguardo. Qasem Vafaizadah, capo del Ministero afgano dell’Informazione e della Cultura ha dichiarato: “Con questo tipo di cospirazione, l’Iran sta complicando la guerra in Afghanistan provocando la popolazione e creando minacce alla sicurezza, ma questo fuoco brucerà anche loro”. Inoltre, Vafaizadah ha sottolineato che nel Paese non c’è spazio “per questi gruppi mercenari che fungono da burattini delle potenze straniere”. L’Iran ha buoni rapporti con il governo di Kabul, nonostante questo sia il principale alleato degli Stati Uniti nella regione. Anche nei momenti di crisi economica l’Iran ha sovvenzionato l’Afghanistan in maniera ufficiale. Tuttavia, Teheran è stata accusata di aver mantenuto contatti con alcune cellule dell’insurrezione talebana, nonostante questi siano stati responsabili di gravi discriminazioni e violenze nei confronti della minoranza afghana sciita degli hazara.
Intanto, il 26 luglio, Mohammad Ebrahim Taherian, il rappresentante speciale del Ministero degli Esteri iraniano per l’Afghanistan ha incontrato a Kabul il ministro degli Esteri afghano, Mohammad Hanif Atmar, e ha ribadito sul supporto del suo Paese. Secondo fonti iraniane, Atmar avrebbe affermato di apprezzare “le ragionevoli posizioni dell’Iran” nel sostenere gli sforzi di pace volti a mettere fine alle continue violenze e violazioni dei diritti umani perpetrate dai talebani. Il rappresentante di Kabul ha anche affermato che questa escalation porterà a una diffusione dell’estremismo e ad un rafforzamento di gruppi terroristici internazionali, come lo Stato Islamico. In tale contesto, secondo Atmar, la cooperazione politica, economica, culturale e commerciale tra Kabul e Teheran rappresenterebbe un’urgente necessità, sottolineando la necessità che l’Iran faccia da mediatore per la pace afghana.
Il 22 giugno, Deborah Lyons, la rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite per l’Afghanistan, ha avvertito che i talebani hanno preso il controllo di più di 50 dei 370 distretti afghani da maggio, sottolineando che le aree conquistate circondano le capitali provinciali. Il timore è che i talebani stiano preparando il terreno per lanciare gli assalti finali una volta che le forze straniere si saranno completamente ritirate. Il 24 luglio, il governo afghano ha imposto un coprifuoco di un mese, in quasi tutto il Paese, nel tentativo di impedire ai talebani di invadere le città. Sono vietati tutti i movimenti, dalle 22 alle 4, su tutto il territorio nazionale, ad eccezione della capitale Kabul e di altre due province, quelle di Panjshir e Nangarhar. Mentre il Paese è sconvolto dalle violenze, dalla provincia di Herat, al confine con l’Iran, arrivano notizie positive per il governo afghano, le cui forze armate continuano a resistere contro i talebani.
La sera del 28 luglio, un attacco dei talebani alla città di Herat e al distretto di Karokh sono stati respinti con successo, causando almeno 40 vittime tra i militanti del gruppo, secondo le autorità locali afghane. Da parte loro, i talebani non hanno confermato le perdite e la situazione nell’area rimane instabile, con notizie di nuovi combattimenti in altre zone. “Abbiamo carri armati e attrezzature militari e combatteremo con forza contro i talebani”, ha detto Akram Khan, un comandante ad Herat. “Stiamo difendendo il nostro suolo. Non stiamo andando avanti in questo momento per prevenire le vittime civili”, ha aggiunto Abdul Rahim, un membro del commando. Mohammad Ismail Khan, un ex leader dei mujaheddin che guida anche le forze di insurrezione pubbliche, formate da cittadini armati che affiancano l’esercito contro i talebani, ha visitato il campo di battaglia e ha assicurato ai cittadini che non permetteranno ai talebani di entrare in città.
Maria Grazia Rutigliano. (Sicurezza Internazionale)