(Roma, 06 luglio 2021). Il primo ministro custode del governo libanese, Hassan Diab, ha affermato che il proprio Paese è sull’orlo di una “catastrofe” e che a breve potrebbe verificarsi una “esplosione sociale”. Motivo per cui, è stato richiesto il sostegno della comunità internazionale.
Le parole del premier, a capo di un governo provvisorio, sono giunte martedì 6 luglio, nel corso di un incontro con ambasciatori e rappresentanti delle missioni diplomatiche a Beirut, durante il quale è stato evidenziato come il popolo libanese stia affrontando un “destino oscuro da solo”. Per Diab, è necessario un nuovo esecutivo, in grado di riprendere i negoziati con il Fondo Monetario Internazionale (FMI), anch’essi in una fase di stallo, considerato che la squadra governativa provvisoria, attualmente al potere, non ha il diritto di farlo. Inoltre, per il primo ministro, collegare gli aiuti internazionali da destinare al Libano alla formazione di un nuovo esecutivo rappresenta una “minaccia” alla sopravvivenza dei libanesi, i quali sono gli unici a pagare il caro prezzo di un “assedio” che, in realtà, non colpisce “i corrotti”. “Il quadro è diventato chiaro: Libano e libanesi sono sull’orlo del disastro”, sono state le parole di Diab, il quale ha invitato i propri interlocutori internazionali a trasmettere un messaggio ai propri Paesi e istituzioni: “Salvate il Libano prima che sia troppo tardi”.
La popolazione libanese lamenta condizioni di vita sempre più precarie e una perdurante svalutazione della lira libanese, dopo che è stato toccato un minimo record, raggiungendo un tasso di cambio pari a circa 18.000 lire rispetto al dollaro USA nel mercato nero, sebbene quello ufficiale continui a rimanere invariato, ovvero 1.507 lire per dollaro. In generale, la valuta libanese ha perso circa il 90% del proprio valore dall’inizio della crisi economica e finanziaria. Oltre ad essere la più grave registrata nel Paese mediorientale dalla guerra civile del 1975-1990, per la Banca Mondiale potrebbe trattarsi di una delle peggiori tre crisi registrate a livello internazionale negli ultimi 150 anni.
A peggiorare il quadro libanese vi è poi una perdurante fase di stallo politico. È dal 22 ottobre 2020 che il primo ministro designato, Saad Hariri, si è impegnato a risanare una situazione politica sempre più precaria. Da allora sono state avviate consultazioni, ma il Paese non è riuscito a trovare una via d’uscita alla crisi, aggravata ulteriormente dalla pandemia di Coronavirus e dall’esplosione che, il 4 agosto 2020, ha colpito il porto di Beirut. In tale quadro, sono diversi gli attori internazionali che si sono interessati al dossier libanese, tra cui la Francia, esprimendo la propria disponibilità ad aiutare Beirut, a condizione che questa trovi un accordo per formare un nuovo esecutivo indipendente e apartitico.
In tale quadro, il Paese rischia di rimanere anche senza medicinali. A lanciare l’allarme, il 4 luglio, sono stati il Sindacato degli importatori di farmaci e i proprietari dei depositi libanesi, i quali hanno riferito che le scorte di centinaia di medicinali essenziali, anche per patologie croniche e incurabili, sono terminate e che altre centinaia potrebbero presto finire, se la Banca centrale non sbloccherà i fondi quanto prima. Le attività di import, è stato specificato, sono ferme da quasi un mese e presto Beirut potrebbe non essere più in grado di fornire assistenza sanitaria alla popolazione. Motivo per cui, è stata richiesta un’azione immediata, o la situazione potrebbe divenire “catastrofica” entro la fine di luglio.
È la Banca centrale libanese, altresì nota come Banque du Liban, che fornisce moneta forte, funzionale ad importare medicinali. Tuttavia, secondo il Sindacato, l’ente non ha fornito i dollari promessi, accumulando, da dicembre 2020, un debito pari a circa 600 milioni di dollari con i fornitori stranieri, in un momento in cui gli importatori non possono più ottenere nuove linee di credito. Per il Sindacato, l’unica soluzione a breve termine consiste nel rispettare l’accordo tra il Ministero della Salute Pubblica e la Banque du Liban, raggiunto sotto l’egida del presidente Aoun, che prevede sussidi per specifici farmaci e attrezzature sanitarie, selezionati dal Ministero stesso. Inoltre, a detta del sindacato, è necessario creare un meccanismo di distribuzione che garantisca la fornitura di medicinali ai pazienti bisognosi, prevenendo fenomeni quali il traffico illegale.
Piera Laurenza. (SIcurezza Internazionale)