(Roma, 28 giugno 2021). Vietato abbassare la guardia contro lo Stato islamico, in particolare in Africa dove l’intreccio fra terroristi e trafficanti rappresenta una minaccia diretta per l’Europa. E’ quanto emerge dalla riunione ministeriale della Coalizione globale anti-Daesh, acronimo arabo di Stato islamico dell’Iraq e del Levante, co-presieduta oggi a Roma dal capo della diplomazia italiana, Luigi Di Maio, e dal segretario di Stato Usa, Antony Blinken. Le delegazioni di 83 Paesi si sono riunite alla Nuova Fiera di Roma per fare il punto sulle strategie in campo per contrastare l’attività terroristica in aree come quella siro-irachena in Asia occidentale e del Sahel in Africa. “Daesh/Isis non controlla più il territorio e quasi otto milioni di persone sono state liberate dal suo controllo in Iraq e Siria, ma la minaccia resta. La ripresa delle attività (…) richiede una forte vigilanza e un’azione coordinata”, si legge nel comunicato congiunto. Per quanto riguarda l’Iraq, in particolare, “i ministri hanno accolto con favore l’espansione incrementale della missione di consulenza, addestramento e rafforzamento delle capacità della Nato in Iraq”, missione che sarà presto guidata dall’Italia. In Siria – oggetto di una riunione “ad hoc” a porte chiuse al termine della ministeriale – la Coalizione “deve continuare a vigilare contro la minaccia del terrorismo, in tutte le sue forme e manifestazioni, per costruire sui successi ottenuti e continuare ad agire insieme contro qualsiasi minaccia a questo risultato ed evitare vuoti di sicurezza che Daesh/Isis potrebbe sfruttare”.
Il maggiore elemento di novità è però l’Africa, presente per la prima volta con tre Paesi che non fanno parte della Coalizione – Burkina Faso, Ghana e Mozambico – in qualità di osservatori. In una sessione della riunione incentrata sulla situazione della sicurezza in altri continenti e regioni, Africa in primis, “i ministri hanno rilevato con grave preoccupazione che gli affiliati e le reti Daesh/Isis nell’Africa subsahariana minacciano la sicurezza e la stabilità, in particolare nella regione del Sahel e in Africa orientale/Mozambico”. A tal riguardo, “la Coalizione si impegna a collaborare con i Paesi colpiti per affrontare le minacce poste da Daesh/Isis in Africa”, ponendo l’accento sul “rafforzamento delle istituzioni statali civili e il consolidamento dello stato di diritto, compresa la capacità di applicazione della legge”. La prossima ministeriale della Coalizione globale dovrebbe tenersi entro giugno 2022, mentre una riunione dei direttori politici a Bruxelles è prevista nell’autunno del 2021.
Dagli interventi introduttivi dei due ministri è emersa una pressoché totale convergenza sulla strategia da adottare per evitare un ritorno delle bandiere nere. Di Maio ha detto che sebbene la minaccia di Daesh sia centrale in Iraq e in Siria, è necessario affrontare le ramificazioni globali del sedicente califfato, “soprattutto nel continente africano e in Sahel, la cui stabilità è cruciale anche per l’Europa e per il Mediterraneo allargato”. Un approccio condiviso anche da Blinken, il quale ha annunciato sanzioni contro uno dei leader dello Stato islamico nel Grande Sahara (Isgs). Il titolare della Farnesina ha voluto ringraziare, in particolare, i rappresentanti di Burkina Faso, Ghana e Mozambico, presenti come osservatori. “L’Italia farà la propria parte impegnandosi per la pace, la stabilità e lo sviluppo sostenibile anche in quest’area prioritaria per la nostra politica estera. Come ho confermato nelle mie recenti missioni nella regione, continueremo a rafforzare la presenza diplomatica, a partecipare alle principali missioni internazionali e a dare il nostro contributo per lo sviluppo sostenibile e la gestione del fenomeno migratorio, attraverso attività di capacity building”, ha aggiunto il capo della diplomazia italiana, proponendo ai partner della coalizione di istituire un gruppo di lavoro o una piattaforma di approfondimento da dedicare all’Africa.
Per eliminare definitivamente lo Stato islamico, ha aggiunto Di Maio, è necessaria una “azione coerente e complessiva di contrasto alle fonti di finanziamento dell’organizzazione nelle sue aree di tradizionale attività in ogni parte del globo”. Proprio per evitare che le bandiere nere usufruiscano di finanziamenti, l’Italia co-presiede insieme a Stati Uniti e Arabia Saudita il “Counter-Isis Financial Group”. Non solo. Di Maio ha aggiunto che la lotta contro lo Stato islamico ha ottenuto “importanti successi, ma molto resta da fare” e proprio per questo l’Italia sta pensando di “aumentare la sua partecipazione e di assumere il comando della missione Nato in Iraq”. Il ministro ha ricordato come l’Italia stia già ampiamente facendo la propria parte nella lotta contro le bandiere nere “con oltre 800 unità tra Iraq e Kuwait, nel rispetto della sovranità irachena e in accordo con le autorità di Baghdad”. Si tratta, secondo il titolare della Farnesina, di un “significativo contingente militare a supporto della popolazione e delle istituzioni locali con l’obiettivo di rendere il Paese capace di affrontare le minacce in autonomia”.
Da parte sua, Blinken ha avvertito che la lotta contro lo Stato islamico ha prodotto risultati importanti, ma Daesh è “ancora in grado di compiere attacchi su larga scala” come dimostrano gli attentati kamikaze avvenuti a Baghdad. Parlando dell’Iraq e della Siria, il capo della diplomazia statunitense ha detto: “Dobbiamo ribadire il nostro impegno, ivi compresa la nostra determinazione nella nostra missione Nato”, ha detto Blinken, riferendosi alla missione dell’Alleanza atlantica che l’Italia si appresta a guidare dopo la Danimarca. Il capo della diplomazia statunitense ha quindi invitato a rinnovare il sostegno nella lotta contro le bandiere per evitare una “ripresa di Daesh in questi Paesi”. Gli Stati Uniti hanno sottoposto a sanzioni Ousmane Illiassou Djibo, comandante dello Stato islamico del Grande Sahara (Isgs) nella zona di Haoussa, al confine Ansongo-Menaka (Mali) e Tillaberi (Niger), noto anche come Petit Chafori. Blinken ha annunciato le sanzioni contro quello che ha definito un “senior leader”, cioè una personalità di spicco dello Stato islamico, come parte “dei sforzi continui contro le fonti di finanziamento dell’Isis in Africa”.
Gli Stati Uniti, ha annunciato il segretario di Stato, forniranno altri 446 milioni di dollari di assistenza umanitaria in Iraq e in Siria, portando il totale dei fondi stanziati come risposta alla crisi siriana a 13,5 miliardi di dollari. Il capo della diplomazia Usa ha sottolineato la necessità di fornire “assistenza e stabilizzazione” alle aree liberate da giogo del sedicente califfato, andando a “colmare le lacune” ed evitare che la crisi economica possa essere sfruttata dai terroristi. “Insieme, dobbiamo mantenere i nostri impegni per raggiungere gli obiettivi di stabilizzazione”, ha sottolineato Blinken. Secondo il capo della diplomazia Usa, inoltre, un totale di 10 mila combattenti dello Stato islamico sono ancora prigionieri nei centri di detenzione delle Forze democratiche siriane (Sdf, alleanza curdo-araba sostenuta dagli Usa) in Siria, una situazione che “non è sostenibile e non può andare avanti all’infinito”. “Gli Stati Uniti continuano a incoraggiare i Paesi di origine, ivi compresi i partner della Coalizione, a rimpatriare, riabilitare e, quando applicabile, perseguire penalmente i loro cittadini”, ha detto Blinken, ricordando come diversi Paesi abbiano svolto un “buon lavoro” da questo punto di vista, inclusa l’Italia che “si è distinta come uno dei pochi Paesi in Occidente pronti a riprendere questi individui”.
Gli stessi concetti sono stati ribaditi anche nella conferenza stampa congiunta di Blinken e Di Maio. Secondo Di Maio, proteggere il Sahel dallo Stato islamico significa salvaguardare “la sicurezza dell’Europa e fermare i trafficanti di armi e soprattutto di esseri umani”, ha spiegato Di Maio, sottolineando l’intenzione di “spostare l’attenzione della Coalizione sul Sahel e sull’Africa in generale”, dove lo Stato islamico controlla “interi villaggi” e dove c’è “grande richiesta di aiuto”. Di Maio ha spiegato come l’Italia si stia muovendo anche attraverso accordi bilaterali, ad esempio combattendo il cambiamento climatico e la desertificazione “che provoca povertà rubando terreno all’agricoltura”. Allo stesso tempo, ha aggiunto Di Maio, l’Italia sostiene sul terreno il lavoro delle agenzie Onu “per permettere a queste persone di venire in Italia attraverso corridoi umanitari legali”. Per combattere il terrorismo ed evitare un ritorno dello Stato islamico, ha aggiunto, è necessario un “approccio olistico” che metta insieme sia la dimensione militare che quella civile. “La riunione di oggi ci ha consentito di fare il punto sulla diverse iniziative nella lotta a Daesh, non solo miliari”, ha detto il capo della diplomazia italiana, citando ad esempio il lavoro di un gruppo “ad hoc” per contrastare la propaganda terroristica, oppure la commissione per prosciugare le fonti di finanziamento di Daesh, co-presieduta da Arabia Saudita, Italia e Stati Uniti. “Il miglior modo per contrastare le organizzazioni terroristiche e Daesh è rafforzare le istituzioni locali”, ha aggiunto Di Maio, annunciando al riguardo un aumento degli stanziamenti dell’Italia a favore della cooperazione allo sviluppo in Paesi chiave come l’Afghanistan.
Blinken, da parte sua, ha ribadito il “forte” sostegno Usa all’iniziativa dell’Italia per far sì che la coalizione contro Daesh “metta a fuoco la sua preparazione in Africa”, tenendo d’occhio anche la Siria e l’Iraq. Questo tema riveste “un’importanza particolare”, ha aggiunto Blinken. “Abbiamo sentito un consenso molto forte da parte dei partner della coalizione” internazionale al riguardo, ha proseguito il capo della diplomazia di Washington. L’obiettivo più grande che gli Usa perseguono in Siria, ha detto Blinken, è quello di raggiungere “una pace duratura”. Tramite il “sostegno al cessate il fuoco e l’assistenza umanitaria” gli Usa intendono “creare le fondamenta su cui può basarsi il futuro della Siria”, ha aggiunto Blinken. Rispondendo a una domanda sui cosiddetti foreign fighter, Blinken ha sottolineato che il messaggio emerso dalla riunione ministeriale della coalizione è che “i Paesi devono fare di più” per i rimpatri. “Ci sono Paesi che hanno assunto misure molto concrete, come Italia e Stati Uniti, ma anche Paesi di Asia centrale e Balcani hanno preso provvedimenti importanti”, ha proseguito. “C’è ancora lavoro da fare”, ha sottolineato il segretario di Stato, auspicando che i rimpatriati possano “affrontare la giustizia” ed essere “reintegrati e tornare a far parte della società”.
Quanto all’Iraq, gli ultimi raid lanciati questa notte dalle forze Usa contro “depositi di armi” di milizie filo-iraniane presso il confine tra Siria e Iraq rappresentano “un messaggio molto chiaro e non ambiguo”, ha detto Blinken. Gli Usa “agiranno per proteggere il personale statunitense”, a fronte di “attacchi dei gruppi sostenuti dall’Iran contro i nostri interessi”, il presidente Joe Biden ha ordinato ulteriori azioni per “fermare e scoraggiare questi attacchi”, ha detto Blinken. “Abbiamo portato avanti azioni per limitare l’escalation ma anche per inviare un messaggio molto chiaro e non ambiguo”, ha detto il segretario di Stato Usa, parlando di “azione di autodifesa” e auspicando che il messaggio sia “recepito da coloro che devono recepirlo”. Gli attacchi dimostrano che il presidente Joe Biden è “pronto ad agire deliberatamente e appropriatamente per proteggere i nostri interessi”.
Sebbene la coalizione contro lo Stato islamico abbia ottenuto risultati importanti, estirpando la dimensione territoriale del sedicente “califfato” ed eliminando il leader Abu Bakr al Baghdadi, il gruppo terroristico è ancora attivo e non va sottovalutato. Solo la scorsa settimana, un nuovo file audio di Daesh è stato diffuso dalla Fondazione Al Furqan, legata alle bandiere nere. Dopo la sconfitta territoriale culminata con la morte del suo fondatore Abu Bakr al Baghdadi il 27 ottobre del 2019, lo Stato islamico ha mantenuto una serie di cellule disseminate in vari Paesi del Medio Oriente, dell’Africa e del Nord Africa, rafforzandosi ulteriormente in Asia del Sud, in particolare in Afghanistan. In Iraq il gruppo terroristico ha rivendicato numerosi attacchi negli ultimi anni, in particolare il duplice attentato suicida avvenuto a Baghdad il 21 gennaio 2021 e costato la vita a 32 persone.
Recentemente, un attacco suicida rivendicato dal gruppo terroristico ha colpito la Libia, in particolare la località di Sebha, importante tappa della rotta che porti i migranti in Europa, uccidendo due ufficiali delle forze di sicurezza. E’ interessante notare come i ministri degli Esteri di Paesi che fino a pochi mesi fa avevano interrotto i rapporti diplomatici, come Arabia Saudita e Qatar, siano presenti oggi a Roma per fare fronte comune contro Daesh. Non solo l’Italia per la prima volta co-presiede insieme agli Usa la ministeriale anti-Daesh, ma ospita il primo, grande evento internazionale di persona alla presenza di figure chiave del mondo sunnita che fino allo scorso dicembre non potevano essere nello stesso luogo. Basti pensare che il capo della diplomazia del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani, era in piedi a circa due metri di distanza dal ministro degli Esteri dell’Egitto, Sameh Shoukry, durante la foto di famiglia. Da notare anche la presenza del ministro degli Esteri della Turchia, Mevlut Cavusoglu, e del capo della diplomazia saudita, Faisal bin Farhan Al Saud. Va ricordato che Bahrein, Arabia Saudita, Egitto ed Emirati Arabi Uniti hanno boicottato per circa tre anni il Qatar, campione della Fratellanza musulmana insieme della Turchia, per il presunto sostegno di Doha al terrorismo.
Redazione. (Nova News)