Hamas e Fatah in Egitto per consolidare la tregua a Gaza

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Delegazioni di Fatah e Hamas sono state accolte al Cairo per discutere con funzionari egiziani di una serie di questioni, tra cui un’iniziativa volta a promuovere la riconciliazione interna palestinese e i modi per consolidare la tregua che, il 21 maggio scorso, ha posto fine alla violenta escalation a Gaza.

Il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, è giunto nella capitale egiziana già l’8 giugno, dopo aver ricevuto un “invito speciale” da parte del Cairo, in vista di un incontro più ampio, programmato per il 12 e 13 giugno, che si presume vedrà la partecipazione dei diversi gruppi palestinesi. Al momento, i funzionari egiziani stanno incontrando separatamente delegati di Hamas e Fatah, dopo che, già il 31 maggio, una delegazione egiziana guidata dal capo dei servizi di intelligence, Abbas Kamel, si è recata nella Striscia di Gaza. Il tutto si inserisce nel quadro degli sforzi profusi dall’Egitto per rilanciare il processo di pace tra israeliani e palestinesi.

Fonti palestinesi hanno rivelato ad al-Arabiya che le discussioni appena avviate riguarderanno diverse questioni, tra cui il cessate il fuoco a Gaza, la ricostruzione dell’enclave, lo scambio di prigionieri, oltre allo status dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), le elezioni e la formazione di un nuovo governo. A tal proposito, risale al 29 aprile scorso l’annuncio con cui il presidente dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, ha dichiarato che le elezioni, previste a partire dal mese di maggio, sarebbero state rinviate fino a quando non sarebbe stato possibile votare anche nei territori di Gerusalemme Est, posti sotto il controllo di Israele.

Fonti egiziane hanno poi riferito al quotidiano al-Araby al-Jadeed che anche una delegazione delle Brigate al-Qassam, braccio militare di Hamas, si è recata al Cairo per discussioni che riguarderanno soprattutto lo scambio di prigionieri con Israele. A tal proposito, a detta delle fonti, dovrebbero essere condotte trattative indirette con una delegazione della sicurezza israeliana, anch’essa in visita nella capitale egiziana. Al momento, Hamas detiene quattro soldati israeliani, due dei quali catturati nel 2014. Dall’altro lato, il capo dell’Autorità per gli affari dei prigionieri e degli ex prigionieri, Qadri Abu Bakr, ha affermato che attualmente vi sono 5.000 prigionieri palestinesi in 23 carceri israeliane. In cima alla lista dei prigionieri palestinesi richiesti da Hamas sembrerebbe esservi Marwan Barghouti, un leader palestinese arrestato dalle Forze di difesa israeliane nel 2002, successivamente processato e condannato per omicidio, con cinque sentenze a vita. Fonti di al-Araby al-Jadeed hanno rivelato che le Brigate al-Qassam si sarebbero dette disposte ad accettare un compromesso con Israele, in cambio di un accordo con l’Egitto riguardante la ricostruzione di Gaza.

L’ultima escalation a Gaza ha avuto inizio quando, il 10 maggio, dopo giorni di tensioni, Hamas ha avvertito il governo di Tel Aviv che avrebbe avviato un attacco su larga scala qualora le forze israeliane non si fossero ritirate dalla Spianata delle Moschee e dal monte del Tempio, oltre che dal compound di al-Aqsa, entro le 2:00 del mattino. Alla luce della mancata risposta da parte israeliana, il gruppo ha iniziato a lanciare razzi contro Gerusalemme già dalla sera del 10 maggio e, nel corso dei giorni successivi, le offensive sono proseguite con attacchi da ambo le parti. Dopo 11 giorni di combattimenti, alle 2:00 di mattina del 21 maggio è entrato in vigore a Gaza un cessate il fuoco, mediato dall’Egitto, che sembra essere tuttora rispettato.

Secondo quanto riferito dall’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, il proprio ufficio ha verificato la morte di 270 palestinesi a Gaza, in Cisgiordania e Gerusalemme Est, inclusi 68 bambini, durante le violenze scoppiate tra il 10 e il 21 maggio. I razzi di Hamas, invece, hanno causato il decesso di 10 israeliani e un cittadino straniero. Parallelamente, 57 scuole, 9 ospedali e 19 centri di assistenza sanitaria di base sono stati completamente o parzialmente danneggiati. A fronte di ciò, è stato lanciato un appello per raccogliere 95 milioni di dollari per sostenere la popolazione palestinese a Gaza e in Cisgiordania. Al contempo, secondo funzionari palestinesi, i costi di ricostruzione a Gaza ammontano a decine di milioni di dollari. A detta del Ministero degli alloggi di Gaza, 1.500 unità abitative sono state completamente distrutte, mentre altre 1.500 sono state danneggiate in modo permanente e 17.000 hanno subito danni parziali. Un funzionario del Ministero ha stimato il costo della ricostruzione in 150 milioni di dollari.

(Sicurezza Internazionale)