(Roma, 01 giugno 2021). La crisi economica e finanziaria in Libano potrebbe essere classificata nella top 10 o tra le peggiori tre registrate a livello internazionale dalla metà del diciannovesimo secolo. Nel frattempo, Beirut continua ad assistere a un perdurante stallo sul versante politico.
Il monito è giunto dal Lebanon Economic Monitor (LEM), legato alla Banca Mondiale, nel suo ultimo rapporto relativo alla primavera 2021, in cui la crisi economica libanese è stata posta a confronto con gli episodi simili riportati a livello internazionale tra il 1857 e il 2013. Secondo quanto riportato, il PIL del Libano è passato da circa 55 miliardi di dollari nel 2018 a quasi 33 miliardi nel 2020, il che corrisponde a un calo di quasi il 40%. Una percentuale simile viene solitamente registrata in periodi di conflitti e guerre, una situazione che, attualmente, non riguarda il Libano. Il Paese mediorientale, invece, assiste a una “disastrosa inerzia politica” dal mese di ottobre 2019, che ha contribuito a provocare la peggiore crisi economica e finanziaria registrata dalla guerra civile del 1975-1990. La situazione è stata ulteriormente esacerbata dalla pandemia di Covid-19 e dall’esplosione che, il 4 agosto 2020, ha colpito il porto di Beirut.
La stessa Banca Mondiale aveva precedentemente messo in guardia da uno stato di fragilità, con possibili conseguenze a livello regionale, oltre che globale. Nel rapporto dell’autunno 2020, il Lebanon Economic Monitor aveva parlato di “depressione deliberata”. A distanza di mesi, la situazione sembra non essere cambiata e nel Paese continua a mancare una autorità esecutiva con pieni poteri, in grado di porre in essere le misure necessarie a risanare il quadro economico. Il vuoto istituzionale, specifica il LEM, dura oramai da circa otto mesi, e l’impatto sociale potrebbe rivelarsi “catastrofico”. Metà della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, e coloro che ricevono il proprio salario in lire, ovvero la maggior parte della forza lavoro, vedono il proprio potere d’acquisto diminuire giorno dopo giorno.
Secondo sondaggi condotti alla fine del 2020 dal World Food Program, il 41% della popolazione accede con difficoltà a risorse alimentari e di prima necessità. Anche in ambito sanitario, il 36% dei libanesi non riesce a usufruire facilmente dell’assistenza sanitaria necessaria, una percentuale in crescita, se si considera che tra luglio e agosto questa era pari al 25%. Non da ultimo, il tasso di disoccupazione è aumentato dal 28% di febbraio 2020 a quasi il 40% riportato a novembre-dicembre. A questi fenomeni si è poi unita la continua fluttuazione del tasso di cambio della lira rispetto al dollaro, che ha anche superato le 15.000 lire per poi crollare nuovamente. In generale, è stato registrato un deprezzamento del tasso di cambio medio del 129% nel 2020, che ha provocato un aumento dell’inflazione, con una media dell’84,3% nel 2020.
Si stima che la crescita del PIL reale si sia ridotta del 20,3% nel 2020, sulla scia di una riduzione del 6,7% nel 2019. A seguito dello scoppio della pandemia di Coronavirus, il settore del turismo è stato particolarmente colpito. Il numero dei turisti in visita in Libano è diminuito del 71,5%, su base annua, nei primi cinque mesi del 2020. Parallelamente, la forte contrazione economica ha provocato un calo proporzionale delle importazioni, diminuite del 45% durante i primi dieci mesi del 2020. A fronte di ciò, la Banca Mondiale stima un disavanzo del conto corrente di dieci punti percentuale, raggiungendo l’11% del PIL nel 2020, in calo rispetto alla media del 22,5% del 2013-2019.
A detta della Banca Mondiale, sono diversi i fattori che ostacolano lo sviluppo del Libano. Tra questi, l’influenza di una élite, nascosta dietro il velo del confessionalismo, e uno stato di tensione, testimoniato altresì dal tono più violento assunto dalle manifestazioni degli ultimi anni. Non da ultimo, la sicurezza è minacciata da un aumento della criminalità e dall’acuirsi della frammentazione sociale. Il tutto lascia presagire lo scoppio di disordini sociali, simili a quelli nati ad ottobre 2019, che hanno portato alla caduta del premier in carica, Saad Hariri, nuovamente scelto, il 22 ottobre 2020, per formare un nuovo esecutivo. Nel corso degli ultimi mesi, il primo ministro incaricato si è impegnato a rispettare la road map di Parigi e dei donatori internazionali, che hanno richiesto un governo indipendente e apartitico in cambio di fondi, ma, ad oggi, non è stato ancora trovato un compromesso con le autorità politiche libanesi.
Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)