(Roma, 11 maggio 2021). Un soldato turco è stato ucciso e altri 4 sono rimasti feriti a seguito di un’esplosione contro un convoglio turco nel governatorato Nord-occidentale di Idlib, verificatasi nella tarda serata del 10 maggio.
La notizia, riportata dall’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (SOHR) martedì 11 maggio, è stata altresì confermata dal Ministero della Difesa della Turchia, il quale ha riferito che le proprie forze hanno successivamente risposto all’attacco sparando su obiettivi da loro identificati all’interno della regione, senza, però, specificare ulteriori dettagli in merito. Il SOHR, un gruppo di monitoraggio del conflitto siriano, ha riportato che il convoglio turco era formato da 7 veicoli ed è stato colpito, da una bomba posta sul ciglio della strada, mentre viaggiava tra il valico di frontiera di Bab al-Hawa, al confine tra Siria e Turchia, e il villaggio siriano di Kfar Lousin. Uno dei veicoli, è stato precisato, è stato colpito in modo diretto. Le ambulanze si sono precipitate sul luogo nell’immediato, per assistere i soldati turchi rimasti feriti, mentre l’area è stata isolata per alcune ore. Il medesimo Osservatorio ha riferito di aver ottenuto un comunicato in cui un gruppo jihadista, il battaglione Ansar Abu Bakr al-Siddiq, ha rivendicato l’accaduto. Tuttavia, nessun’altra fonte ha confermato la notizia.
Non è la prima volta che convogli turchi vengono colpiti da dispositivi esplosivi o colpi di arma da fuoco da parte di individui non identificati. Uno degli ultimi episodi monitorati dal SOHR risale all’8 maggio, quando a Maarat Misrin, nel Nord di Idlib, l’esplosione di un ordigno esplosivo improvvisato ha colpito un altro convoglio turco mentre attraversava l’incrocio di Ram Hamdan.
Al contempo, le forze turche continuano ad essere accusate di colpire i gruppi curdi, le Syrian Democratic Forces (SDF) nel Nord della Siria. A tal proposito, il quotidiano al-Araby al-Jadeed ha riferito che, nella sera del 10 maggio, le forze turche hanno colpito postazioni delle SDF nell’area rurale settentrionale di Aleppo, dopo che le due parti si erano reciprocamente bombardate nel distretto di al-Bab, senza provocare vittime, ma danni materiali.
Nel Nord della Siria vi sono circa 60 postazioni militari turche, sulla base di un accordo raggiunto da Mosca e Ankara, distribuite perlopiù nei governatorati di Idlib, Aleppo, Hama e Latakia. Quindici punti sono posti in aree cadute sotto il controllo delle forze affiliate al presidente siriano, Bashar al-Assad. Motivo per cui il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha più volte esortato l’esercito di Damasco ad abbandonare le aree occupate dal mese di aprile 2019, minacciando un intervento delle proprie forze.
Ad ogni modo, è stata proprio la Turchia, insieme alla Russia, a favorire un accordo di cessate il fuoco nel governatorato di Idlib, l’ultima roccaforte posta ancora sotto il controllo dei gruppi ribelli, siglato il 5 marzo 2020 ed esteso al termine degli ultimi colloqui svoltisi a Sochi il 16 e 17 febbraio scorso. Sebbene la tregua sia stata più volte violata, l’intesa di Mosca e Ankara ha scongiurato il rischio di un’offensiva su vasta scala. Tuttavia, nonostante nel decimo anno sia stato registrato il minor numero di vittime civili, alla luce di battaglie e offensive meno intense, il conflitto siriano non può dirsi ancora concluso. Ad affrontarsi, dal 15 marzo 2011, vi sono, da un lato, l’esercito del regime siriano, coadiuvato da Mosca e appoggiato dall’Iran e dalle milizie libanesi filoiraniane di Hezbollah, mentre, sul fronte opposto, vi sono i ribelli, i quali ricevono il sostegno della Turchia.
Prima della tregua del 5 marzo 2020, Ankara aveva dato avvio all’operazione “Spring Shield”, esortando le forze di Assad a ritirarsi dalla zona di de-escalation, nel Nord-Ovest della Siria. La nuova offensiva faceva seguito alla morte di circa 34 soldati turchi, deceduti a causa di un raid siriano a Idlib, il 27 febbraio. Si trattava di un episodio che aveva fatto temere un ulteriore esacerbarsi delle tensioni, sebbene sia Ankara sia Mosca si fossero dette contrarie ad un conflitto diretto sul suolo siriano.
Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)