(Roma, 07 maggio 2021). Un passaporto grigio, 6 mila euro e un corso di formazione in un Paese europeo sono tutto ciò che serve per lasciare la Turchia e chiedere asilo in Europa. È questo lo schema al centro del cosiddetto scandalo dei passaporti grigi venuto alla luce negli ultimi mesi e che ha svelato l’esistenza di una rete di trafficanti di esseri umani di cui fanno parte anche politici, funzionari dei Ministeri, imprenditori e Ong locali.
Lo scandalo è scoppiato a marzo, quando si è scoperto che 45 persone inviate a settembre del 2020 in Germania dal Municipio di Yesilyurt, retto dal partito della Giustizia e dello Sviluppo (Akp), nell’ambito di un progetto per “accrescere la coscienza ambientalista individuale” non hanno mai fatto ritorno in Turchia. Tutti i componenti del gruppo erano in possesso del passaporto grigio, un documento rilasciato dalle autorità ai rappresentati del Governo o ai cittadini che viaggiano all’estero all’interno di programmi sponsorizzati dalle autorità.
Lo schema
Secondo quanto emerso fino ad oggi, almeno sei Municipi – retti per lo più dall’Akp del presidente Recep Tayyip Erdogan – rilasciavano i passaporti grigi dietro compenso a cittadini che volevano rifarsi una vita in Europa e che non avrebbero potuto viaggiare usando i documenti in loro possesso. Tra questi vi sarebbero anche dissidenti, curdi e persone facenti parte della rete di Fethullah Gulen, l’uomo accusato di essere la mente dietro il fallito colpo di Stato del 2016.
Una volta scoppiato lo scandalo, è stata avviata un’indagine nei Municipi coinvolti ed è stata sospesa l’emissione di passaporti grigi per tutti coloro che non sono funzionari governativi, ma il tentativo dell’opposizione di avviare anche un’indagine parlamentare è stato prontamente bloccato dall’Akp. In questo modo non sarà quindi possibile per le autorità competenti comprendere quanto estesa sia questa rete all’interno dei Ministeri e dello stesso Governo. Considerando l’iter per l’emissione di passaporti grigi, è infatti impossibile che almeno alcuni funzionari del ministero dell’Interno, oltre che dei Municipi, non fossero al corrente dell’uso che sarebbe stato fatto di questi particolari documenti.
Ma ad essere coinvolti nello scandalo sarebbero anche alcune Ong e almeno un imprenditore turco attivo ad Hannover. Come affermato dal ministro degli Interni, Suleyman Soylu, i corsi che le persone arrivate in Europa avrebbero dovuto seguire erano organizzati in collaborazione con alcune organizzazioni non governative e – nel caso del viaggio sponsorizzato dal Municipio di Yesilyurt – da un’azienda turca con sede ad Hannover. Secondo quanto rivelato ai media da un cittadino turco che si trova attualmente in Germania, anche la Diyanet, la Presidenza degli Affari religiosi, organizzava questo tipo di viaggi in Europa in collaborazione con le autorità locali prima di finire sotto indagine.
I numeri dello scandalo
Secondo i dati del ministero dell’Interno, dal 2018 ad oggi almeno 800 cittadini avrebbero lasciato la Turchia per chiedere asilo in Europa usando i passaporti grigi, ma si tratta in realtà di una stima al ribasso. Come raccontato ai media da diverse persone che hanno usato questo “servizio”, in molti casi i passaporti venivano restituiti una volta arrivati nell’area Schengen e timbrati in Turchia dagli organizzatori del viaggio per far risultare che il possessore avesse fatto ritorno in patria.
In attesa di ulteriori chiarimenti da parte delle autorità turche, la Germania ha deciso di avviare un’indagine interna per capire quanti cittadini turchi sono arrivati nel Paese grazie ai passaporti grigi. Le prime stime indicano che almeno 500 persone avrebbero varcato i confini tedeschi usando questo tipo di documenti per poi restare nel Paese e chiedere in alcuni casi asilo politico. Eppure la vendita di passaporti per scappare dalla Turchia non è una novità. Alcuni mesi prima dello scoppio dello scandalo, due consoli turchi in Germania avevano denunciato l’uso dei passaporti grigi per favorire l’immigrazione irregolare in Europa. Per tutta risposta, i funzionari sono stati richiamati in patria e il caso archiviato.
Tra corruzione e flussi migratori
Lo scandalo che sta coinvolgendo le autorità turche è l’ennesimo episodio di corruzione che vede protagonisti funzionari governativi, un problema ancora irrisolto e che si è anzi aggravato negli ultimi anni. La Turchia è infatti all’86esimo posto su 186 nell’indice 2020 redatto da Transparency International, trenta posizioni in meno rispetto a sette anni fa.
Ma la vendita di passaporti grigi e la rete per il traffico di esseri umani messa in piedi da funzionari governativi di diverso livello rappresenta un problema anche per l’Europa. Almeno 800 cittadini turchi sono entrati in territorio europeo lasciando un Paese, la Turchia, che da cinque anni riceve soldi da Bruxelles per mantenere chiusi i propri confini e bloccare i flussi migratori verso l’Europa. Ma così non è stato.
Futura D’Aprile. (Inside Over)