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Trovare equilibrio con l’Iran. Bin Salman sorprende tutti

(Roma, 28 aprile 2021). Il principe ereditario saudita parla della necessità di avere buone relazioni con l’Iran, sia perché a Washington si punta a una stabilizzazione della regione, sia perché soffre la situazione in Yemen

“Stiamo cercando di avere buone relazioni con l’Iran […] miriamo a vedere un Iran prospero, stiamo lavorando con i nostri partner nella regione per superare le nostre differenze con l’Iran, in particolare il sostegno [della Repubblica islamica] alle milizie [sciite] e allo sviluppo del suo programma nucleare”. Queste parole sulle “buone relazioni” con Teheran sono l’inusuale commento che il principe ereditario saudita e factotum del regno, Mohammed bin Salman, ha fatto in una video intervista (altrettanto inusuale) al “Liwan Al Mudaifer Show” andata in onda martedì 27 aprile sulla Tv di Stato saudita.

Si tratta di dichiarazioni molti importanti che arrivano nelle settimane che seguono un vertice tra intelligence che sauditi e iraniani hanno avuto a Baghdad. MbS (acronimo con cui il principe viene comunemente indicato dai media internazionali) ha aggiunto che per realizzare il suo piano di sviluppo e differenziazione dal petrolio – “Vision 2030” – serve che Riad abbia relazioni estere pragmatiche e che prosperi la stabilità regionale. Ha poi aggiunto, riferendosi agli Stati Uniti, che i paesi non sempre hanno interessi allineati, ma con Washington c’è un allineamento “al 90 per cento”.

Da quando è entrato nello Studio Ovale Joe Biden i rapporti tra Usa e Arabia Saudita si sono raffreddati, l’amministrazione americana ha preso posizioni critiche con Riad, ma sostanzialmente rimane una cooperazione di interesse reciproco. Da notare che questa posizione nei confronti dell’Iran presa da bin Salman può proprio essere frutto dell’effetto-Biden, ossia della necessità che sentono i vari paesi della regione mediorientale di trovare una stabilizzazione tattica – perché questo è l’interesse degli Stati Uniti.

Stando questo, MbS non poteva non parlare di Yemen, conflitto in cui Riad è impegnata nel sostenere il governo di Sanaa contro i ribelli Houthi, che ricevono assistenza militare dall’Iran. “Non permetteremo alle milizie armate di entrare nei nostri confini “, ha detto il principe il cui paese ha più volte subito gli attacchi aerei del gruppo zaydita. Ma ha invitato i ribelli yemeniti al tavolo dei negoziati. “Gli Houthi hanno forti relazioni con l’Iran, ma alla fine sono yemeniti e speriamo di avere una soluzione yemenita per porre fine al conflitto”, ha detto.

Dietro alle parole di MbS ci sono due situazioni: una riguarda come detto le iniziative che gli Stati Uniti di Biden stanno prendendo. Martedì l’inviato Usa per l’Iran, Robert Malley, ha avuto un incontro in videoconferenza con delegati dei membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo, a cui ha spiegato le volontà (e descritto i passaggi) americane di rientrare nel Jcpoa, l’accordo sul nucleare con Teheran da cui l’amministrazione ha tirato fuori gli Usa e che i sauditi hanno sempre criticato. Oggi, mercoledì 28 aprile, ci sarà un terzo round di colloqui a Vienna tra i paesi del Jcpoa e gli Usa – dove questi terranno relazioni indirette con gli iraniani.

La staffetta è fornita dalla piattaforma diplomatica europea gestita da Enrique Mora, direttore politico dell’EEAS. Sempre ieri, la delegazioni iraniana si è incontrata con quella russa e cinese, paesi che trovano nel Jcpoa spazi per testare potenzialità di cooperazione con gli Usa, ma anche dinamiche di disturbo. In questi giorni, Javad Zarif è stato a Baghdad e nel Kurdistan iracheno: l’Iraq è vettore di contatto tra Iran e Arabia Saudita. Zarif è la componente iraniana che ha contribuito al raggiungimento del Jcapo nel 2015, e recentemente è stato protagonista di un audio-leak in cui ha criticato pesantemente i Pasdaran.

Il corpo militare teocratico muove le milizie sciite filo-iraniane, e in parte gli Houthi. La situazione regionale è la seconda componente che ha portato MbS a certe dichiarazioni. Lo Yemen è il Vietnam saudita, Riad sta cercando una via di uscita davanti a una decisione che bin Salman aveva preso sull’onda dell’ascesa al potere del 2015, anche pensandolo come conflitto per procura contro l’Iran.

I risultati non sono stati buoni. La guerra ha messo in chiaro che le capacità tecnologiche saudite non sono sufficienti, perché le forze armate del regno sono molto inesperte sul campo. Di più: il conflitto ha esposto Riad a pesanti critiche internazionali per le vittime civili. E non solo: MbS si è reso conto che mentre i suoi uomini erano insabbiati in Yemen, l’Iran cresceva, sviluppava presenza regionale tramite le milizie sciite, che diventavano capaci di infliggere danni molto pesanti all’Arabia Saudita – come nel caso degli attacchi (droni più missili) agli impianti della Saudi Aramco nel settembre 2019.

Emanuele Rossi. (Formiche)

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