Secondo i primi risultati dell’inchiesta sull’assassinio di ieri a Rambouillet (Parigi), dove il tunisino Jamel Gorchène, 36 anni, ha ucciso con una coltellata alla gola una poliziotta madre di famiglia di 49 anni, il killer si è « radicalizzato durante il lockdown ».
Originario della regione di Susa, nell’est della Tunisia, Gorchène arrivò in Francia nel 2009 e 10 anni più tardi ha ottenuto una permesso di soggiorno per lavoro, secondo quanto riferito dall’antiterrorismo.
Lavorava facendo consegne a domicilio e viveva in una casa alla periferia di Rambouillet, insieme con la zia e due fratelli (uno gemello).
Un vicino che lo conosceva ha testimoniato che Jamel era « musulmano » ma « non praticante ». Per anni, i suoi post sui social erano dedicati soprattutto alla denuncia dell’islamofobia, ma a cominciare dall’aprile del 2020, al momento del primo lockdown, ha cominciato a pubblicare soltanto preghiere e versetti del Corano. Il 24 ottobre, dopo la decapitazione del professor Samuel Paty nella banlieue di Parigi, aveva cambiato la sua foto del profilo Facebook, sostituendola con il simbolo di una campagna on line dal titolo « Rispettate Maometto profeta di Dio ». Al momento dell’aggressione con il coltello, ieri a Rambouillet contro la poliziotta, ha gridato « Allah Akbar ». (ANSA)