(Roma, 18 aprile 2021). L’Iran ha dichiarato di aver identificato il responsabile dell’incidente presso l’impianto nucleare sotterraneo di Natanz, verificatosi l’11 aprile. Nel frattempo, a Vienna, proseguono i colloqui per cercare di salvare l’accordo sul nucleare iraniano, altresì noto come Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), rilanciando l’intesa e favorendo il rientro degli Stati Uniti. L’episodio di Natanz ha minacciato di mettere a rischio le trattative e infiammato ulteriormente le tensioni in tutto il Medio Oriente, dove restano alti i dissidi tra Iran e Israele, considerato il principale sospettato dell’incidente.
La televisione di Stato iraniana ha specificato che l’uomo coinvolto nel sabotaggio dell’impianto sarebbe un 43enne di nome Reza Karimi, fuggito dall’Iran prima dell’esplosione. L’emittente ha poi mostrato quella che ha descritto come una fotografia del sospetto colpevole e accanto al suo volto una scritta “Interpol Wanted”. “Sono in corso le misure necessarie per il suo arresto e il ritorno nel Paese attraverso canali legali”, ha dichiarato il servizio.
Israele, pur non avendo ufficialmente accettato la responsabilità dell’attacco, non ha imposto alcuna restrizione alla copertura della notizia da parte dei media locali, alcuni dei quali hanno esplicitamente accusato dell’incidente l’agenzia di spionaggio israeliana Mossad.
Sebbene le dinamiche dell’evento restino ancora misteriose, ciò che è certo è che il sito di Natanz rappresenta un luogo destinato alle attività di arricchimento dell’uranio e all’assemblaggio e costruzione di centrifughe di tipo avanzato ed è considerato il fulcro del programma sul nucleare iraniano. Stando a quanto riferito, l’attacco dell’11 aprile avrebbe provocato un grande blackout e danneggiato un numero imprecisato di centrifughe. Il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, Saeed Khatibzadeh, ha definito l’incidente un “atto contro l’umanità”, in quanto, sebbene non siano stati registrati particolari danni o vittime, l’esplosione avrebbe potuto provocare un disastro. L’episodio si è verificato il giorno successivo all’avvio dell’alimentazione delle centrifughe della stessa centrale di Natanz, che era già stata colpita da un attacco il 2 luglio 2020. Anche in quella occasione, Teheran aveva accusato Israele, che aveva, però, negato qualsiasi coinvolgimento.
Sabato 17 aprile, la televisione di Stato iraniana ha altresì trasmesso alcuni filmati in cui veniva mostrata una fila di centrifughe che, a detta dell’emittente, avrebbero sostituito quelle danneggiate dall’esplosione. Il servizio ha poi specificato che “un gran numero” di centrifughe, la cui attività di arricchimento era stata interrotta dall’esplosione, è ora tornato ad operare normalmente.
Nel frattempo, i rappresentanti delle parti che hanno sottoscritto l’accordo sul nucleare iraniano del 14 luglio 2015, ovvero Iran, Cina, Russia, Germania, Francia, Regno Unito e Unione europea, hanno concluso il loro secondo round di incontri formali a Vienna con una nota di speranza. In molti hanno sottolineato che il vertice sarebbe servito a fare consistenti passi in avanti. Dopo i colloqui, i negoziatori dell’Iran hanno affermato che una “nuova intesa” sembra essersi formata tra tutte le parti come risultato degli sforzi fatti da due gruppi di lavoro, uno impegnato a determinare quali sanzioni contro Teheran gli Stati Uniti dovranno revocare e l’altro per determinare quali misure nucleari l’Iran dovrà rivedere. “Ora c’è una visione condivisa dell’obiettivo finale tra tutte le parti e il percorso che deve essere intrapreso è un po’ più noto”, ha detto Abbas Araghchi, viceministro degli esteri iraniano e principale negoziatore per conto di Teheran. “Anche se non sarà un percorso facile. Ci sono alcune gravi differenze che dovranno essere risolte”, ha aggiunto, rimanendo comunque cauto.
Vale la pena sottolineare che il 14 aprile, in concomitanza con i colloqui sul JCPOA, l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (AIEA) aveva riferito che Teheran aveva quasi completato i preparativi per arricchire l’uranio al 60%, il livello più alto mai raggiunto. L’Iran ha giustificato la sua mossa specificando che la decisione di arricchire uranio oltre il 3,67% previsto dall’accordo del 2015 rappresentava una risposta all’incidente presso la centrale di Natanz. L’Iran insiste sul fatto che il suo programma nucleare è pacifico, anche se i Paesi occidentali e l’AIEA diffidano delle affermazioni iraniane. Per costruire armi nucleari, è richiesto un arricchimento di uranio del 90%.
Chiara Gentili. (Sicurezza Internazionale)