(Roma, 03 aprile 2021). Il governo di Damasco ha approvato un accordo con la compagnia russa Oil Capital, che consentirà a Mosca di svolgere attività di esplorazione e produzione petrolifera nella Zona Economica Esclusiva (ZEE) siriana nel bacino del Mediterraneo, e, nello specifico, nel blocco numero 1, al largo delle coste di Tartous. Tuttavia, il blocco in questione sembra coinvolgere acque reclamate dal Libano.
Nello specifico, come spiegato dal quotidiano al-Arab, il blocco siriano n. 1 si sovrappone in modo significativo con il blocco n. 1 e il blocco n. 2 del Libano, coinvolgendo circa 750 chilometri quadrati all’interno dei confini marittimi libanesi. Secondo quanto riportato da al-Araby al-Jadeed, la superficie contesa potrebbe addirittura raggiungere i 1000 chilometri quadrati.
Alla luce di ciò, dopo che l’accordo è stato ratificato da Damasco, il 16 marzo, attori del panorama politico libanese hanno chiesto di demarcare i confini marittimi tra Siria e Libano in modo ufficiale. In particolare, il capo del partito delle Forze libanesi, Samir Geagea, ha accusato il governo damasceno di aver provato a sequestrare illegalmente 750 chilometri quadrati di acque libanesi, dopo che, nel 2014, lo stesso esecutivo si era opposto a una proposta del Libano per attività di esplorazione di gas e petrolio. Motivo per cui, Geagea ha invitato le autorità di Beirut a chiedere alle Nazioni Unite di definire i confini marittimi con Damasco, o a ricorrere alla Corte internazionale di giustizia, se il presidente siriano, Bashar al-Assad, non accetterà di ricorrere all’arbitrato internazionale. Inoltre, per Geagea, bisognerebbe informare le compagnie russe coinvolte nell’accordo della sovrapposizione dei blocchi siriano e libanese.
L’accordo tra Mosca e Damasco era stato concluso già nell’aprile 2020. I dettagli, tuttavia, non sono stati ancora resi noti. Circa la sovranità sulla zona marittima messa in questione da Beirut, si tratta di una questione lasciata in sospeso sin dal 2005, anno del ritiro delle forze di Assad dal Libano. Ad ogni modo, al momento, le autorità politiche libanesi non hanno rilasciato commenti a riguardo né hanno chiesto chiarimenti alla Siria, il che lascia presagire che Beirut perderà nuovamente parte del proprio territorio marittimo, così come avvenuto con Israele, Paese con cui i negoziati sono rimasti in una fase di stallo. In tal caso, ad essere stata lasciata in sospeso è la sovranità su una superficie pari a 860 chilometri quadrati. Diversamente da Israele, però, Damasco è considerata un alleato da Hezbollah, un attore prominente nella politica libanese, un ulteriore fattore che potrebbe spingere il Libano a chiudere un occhio sul contratto di esplorazione siro-russo. A tal proposito, un deputato libanese, esponente di Hezbollah, Ihab Hamadeh, ha affermato che le preoccupazioni per una possibile controversia marittima con la Siria non sono altro che “intrighi politici”. “La crisi sta nell’aggressione del nemico israeliano contro i nostri confini, le nostre acque e i nostri diritti petroliferi marittimi. Quello che sta accadendo oggi è un tentativo di ignorare questo problema … al servizio del nemico israeliano”, ha affermato il parlamentare.
Il recente contratto con la Oil Capital è stato visto da diversi analisti come un modo per Mosca di recuperare i debiti contratti dal governo damasceno nei suoi confronti, oltre che per assumere un crescente controllo sulle risorse siriane. Altri, invece, hanno messo in luce come questo spinga la Russia ad entrare nella più complessa questione del Mediterraneo Orientale, che vede coinvolti in prima linea Grecia e Turchia, oltre a creare possibili attriti con i Paesi membri dell’East Mediterranean Gas Forum (EMGF), in cui partecipa anche Israele. Ad ogni modo, l’azione di Mosca è stata definita strategica. La Russia, spiegano gli analisti, dopo essere intervenuta sia in Siria sia in Libia svolgerà un ruolo sempre più rilevante nel definire il futuro della regione del Mediterraneo, così come di quella mediorientale. Al contempo, ci si troverà di fronte ad una situazione complessa. Mentre in Siria Mosca è riuscita a coordinare le proprie mosse con la Turchia, ora, nel Mediterraneo, potrebbe rappresentare un suo rivale nell’esplorazione di gas, il che potrebbe portare Ankara ad opporsi all’accordo siro-russo. Ciò, secondo fonti libanesi, spiegherebbe il recente avvicinamento turco al Libano, avvenuto in seguito all’esplosione del porto di Beirut, del 4 agosto 2020.
Non è la prima volta che Assad stringe accordi con la Russia per attività di esplorazione nel Mediterraneo. Risale al 26 dicembre 2013 l’accordo firmato dal governo siriano e dalla russa Soyuzneftegaz, che consentiva l’esplorazione, la perforazione, lo sviluppo e la produzione di petrolio e gas nel Blocco 2, un’area di 2.977 chilometri quadrati al largo della costa siriana, al costo di 100 milioni di dollari. Nel 2015, la società russa ha annunciato di aver interrotto le proprie operazioni a causa del conflitto in Siria. Poi, nell’agosto 2017, Damasco ha emesso il decreto n. 27, approvando un emendamento al contratto con Soyuzneftegaz, e in cui ha fatto riferimento alla sub-società con un nuovo nome, East Med Amrit S.A. La minaccia di nuove sanzioni imposte dagli Stati Uniti attraverso il Caesar Act, entrato in vigore nel 2020, che penalizza qualsiasi entità straniera che intrattiene affari o sostiene il governo di Assad, ha spinto la Russia a trovare modi per non rischiare di vedere le proprie società energetiche oggetto di sanzioni. Gli esperti affermano che l’accordo con Soyuzneftegaz e le successive modifiche al nome e all’origine della sub-società sono stati progettati per proteggere le principali compagnie energetiche russe, così da consentire loro di effettuare attività di esplorazione. A detta di analisti, ciò rivela la crescente influenza della Russia sulle risorse siriane, oltre che all’abilità di Mosca di eludere le sanzioni statunitensi.
Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionle)