Gli effetti diplomatici della nuova guerra delle spie tra Italia e Russia

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(Roma, 31 marzo 2021). Tra Occidente e Russia è (di nuovo) Guerra Fredda e uno degli indicatori migliori per misurare la temperatura delle relazioni tra i blocchi è rappresentato dalla questione spionaggio. Il mese di marzo è stato particolarmente intenso e ricco di eventi da questo punto di vista, alla luce di un’operazione che ha smantellato una rete spionistica in Bulgaria e di un affair coinvolgente un ufficiale della Marina italiana scoppiato nella mattinata del 31.

Il caso

La giornata del 31 marzo si è aperta con la diffusione di una notizia che ha riportato la memoria dell’opinione pubblica ai tempi della Guerra Fredda: nella serata di ieri un capitano di fregata della Marina militare italiana è stato tratto in arresto per aver ricevuto denaro (cinquemila euro) da un funzionario militare russo, di stanza presso l’ambasciata russa a Roma, in cambio della consegna di documenti classificati di natura militare e riguardanti anche l’Alleanza Atlantica.

I due militari erano pedinati da tempo e sono stati colti in flagranza in reato dai carabinieri del Raggruppamento operativo speciale (ROS), agenti su mandato della Procura della Repubblica di Roma e operanti nell’ambito di una lunga attività di indagine portata avanti con il contributo e il supporto dei servizi segreti interni, ovvero l’Agenzia informazioni sicurezza interna (AISI), e dello Stato Maggiore della Difesa.

Per il capitano, che si trova in stato di arresto, sono scattate le accuse di gravi reati attinenti allo spionaggio e alla sicurezza dello Stato, per i quali rischia fino a dieci anni di reclusione, e tra i due governi è calato il gelo: il gelo di una sudorazione algida che (ci) ricorda come l’Italia sia uno dei teatri principali della cosiddetta “nuova guerra fredda”. Trattasi, del resto, del più grave incidente del genere dai tempi del caso Oto Melara di La Spezia del 1988.

Uno scandalo all’amatriciana

Presagi funesti ed eventi lugubri accadono ogniqualvolta che fra Roma e Mosca vi siano prove di riavvicinamento. In principio furono la Lega e l’Associazione Lombardia-Russia, travolte da uno scandalo all’amatriciana all’indomani del tour capitolino di Vladimir Putin, e, oggi, un fulmine a ciel sereno irrompe con veemenza nella quotidianità del Bel Paese, ponendo (forse) fine a settimane di dialogo nel nome della cooperazione vaccinale e di un possibile lenimento delle sanzioni russe ai prodotti alimentari nostrani.

Tra i due governi è calato il gelo perché il caso spionistico ha persuaso la Farnesina ad agire con pronta fermezza e con durezza ritorsiva. Nella mattinata del 31, infatti, il ministro Luigi di Maio ha messo la firma su un ordine di espulsione immediata nei confronti del funzionario coinvolto nello scandalo e del suo superiore, causando l’immediata reazione del Cremlino, che ha preannunciato reazioni. E, conoscendone il modus operandi, supponiamo che saranno perfettamente simmetriche oppure “asimmetriche al ribasso”.

L’operazione degli uomini del Ros, inoltre, ha avuto ripercussioni anche a San Marino, il micro-stato che ha storicamente funto da punto di collegamento tra Italia e Russia e che nei giorni scorsi ha dato semaforo verde all’utilizzo dello Sputnik V sul proprio territorio. Nella giornata di oggi era previsto l’arrivo sul monte Titano di Sergey Razov, ambasciatore russo in Italia e a San Marino, ma la sua visita è stata annullata a seguito della sua convocazione alla Farnesina.

Le reazioni internazionali

Il ministro degli Esteri Luigi di Maio, in audizione congiunta alle Commissioni riunite Esteri di Camera e Senato ha spiegato che la cessione di documenti classificati in cambio di denaro che ha coinvolto un capitano di fregata della Marina militare italiana e un ufficiale delle forze armate russe di stanza in Italia, “rappresenta un atto ostile di estrema gravità”.

Reazioni molto dure contro le operazioni russe sono arrivate anche da Regno Unito e Stati Uniti.  Il ministro degli Esteri britannico, Dominic Raab, ha espresso “solidarietà” all’Italia per l’espulsione dei funzionari accusati di spionaggio e definito “maligne e destabilizzanti” le azioni di Mosca, “che mira a minare un alleato della Nato”. L’intera operazione è stata accolta con “preoccupazione” dagli ambienti dell’Amministrazione Biden. Fonti di Washington hanno riferito all’Adnkronos che le continue attività russe nei Paesi Nato rappresentano sicuramente “un problema” per la sicurezza nazionale dei Paesi coinvolti e dell’Alleanza atlantica.

Tuttavia, da una prima analisi, i documenti riservati che sarebbero stati venduti alla Russia dall’ufficiale infedele non rivestirebbero “un’importanza di particolare rilievo” per la sicurezza italiana e della Nato, anche se confermano l”attivismo” di Mosca nei confronti dell’Alleanza. Da parte Usa c’è comunque “piena fiducia” nelle capacità italiane di fare fronte a queste minacce, come dimostra l’esito dell’operazione di Roma.

Un filo ci lega a Sofia

L’Italia non è l’unica nazione coinvolta nella guerra di spie. La scorsa settimana, nella giornata del 22, il governo bulgaro dava notizia dell’emissione di un decreto di espulsione ai danni di due diplomatici russi accusati di spionaggio. Ai due erano state concesse 72 ore per abbandonare il territorio bulgaro, in quanto dichiarati personae non gratae, e la loro espulsione avveniva all’indomani dello smantellamento di una presunta rete spionistica composta da sei persone che, secondo l’accusa, operava per conto del Cremlino.

L’operazione bulgara, esattamente come quella italiana, è avvenuta sullo sfondo di un clima di parziale riavvicinamento tra le parti determinato dalla recente in funzione del gasdotto Balkan Stream. Sofia e Mosca, invero, avevano iniziato a discutere di un suo possibile potenziamento che, se concretato, trasformerebbe la Bulgaria in un punto di snodo nevralgico per il gas russo in entrata nell’Europa orientale.

Lo scandalo spionistico, però, ha raggelato nuovamente le relazioni bilaterali tra Sofia e Mosca e trasformato quest’ultima in uno dei principali temi dibattuti nei salotti televisivi e sulle piattaforme sociali dalle principali forze politiche. Perché in Bulgaria, in effetti, è tempo di elezioni parlamentari – le urne si apriranno il 4 aprile – e lo spauracchio russo ha aiutato i candidati a distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dai problemi economici e sociali che infestano la nazione.

Emanuel Pietrobon. (Inside Over)

(Foto-eunews)