Il Libano verso il collasso: anche Parigi mette in guardia

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(Roma, 13 marzo 2021). Di fronte a una situazione caratterizzata da crisi economica, stallo politico e una forte mobilitazione popolare, il ministro degli esteri francese, Jean-Yves Le Drian, ha evidenziato come il Libano si stia dirigendo sempre più verso il “collasso totale” e ha incoraggiato le parti politiche a trovare quanto prima un consenso per formare un esecutivo in grado di porre rimedio a un quadro “disastroso”.

Nel frattempo, la popolazione libanese, scesa in piazza dal 2 marzo, continua a protestare. Ad aver alimentato ulteriormente la rabbia della popolazione vi è stata la crescente svalutazione della valuta libanese, la lira, che ha raggiunto un minimo storico, toccando quota 10.000 lire rispetto al dollaro USA nel mercato nero. La forte mobilitazione ha spinto anche le forze dell’esercito a intervenire, al fine di garantire la sicurezza dell’intera popolazione e di riaprire le strade bloccate dai gruppi di manifestanti con pneumatici e bidoni bruciati, o semplicemente con auto. Il blocco delle vie di comunicazione ha rischiato di ostacolare anche le ambulanze e il trasferimento di apparecchiature per l’ossigeno, in un momento in cui il Libano continua a far fronte alla pandemia di Covid-19.

È dal 2019 che il Libano assiste a una grave crisi economica e finanziaria, definita la peggiore dalla guerra civile del 1975-1990. Questa è stata alla base della forte mobilitazione popolare, che ha visto gruppi di manifestanti scendere in piazza dal 17 ottobre 2019, per protestare contro la corruzione dilagante nel Paese e la cattiva gestione delle risorse statali. Sebbene le proteste fossero state placate, il declino del quadro economico e politico non si è mai arrestato. Ad aver peggiorato ulteriormente la situazione, vi sono state, nel corso del 2020, la pandemia di Covid-19 e l’esplosione che, il 4 agosto 2020, ha colpito il porto di Beirut, causando ingenti danni materiali, oltre che perdite di vite umane.

A livello politico, il Paese attende un esecutivo in grado di porre in essere le misure e le riforme necessarie a risanare la crisi. Dopo le dimissioni di Hassan Diab, guida ad interim del governo fino all’esplosione del 4 agosto, il premier in carica prima della mobilitazione di ottobre 2019, Saad Hariri, si è detto disposto a risanare una situazione politica sempre più precaria. In particolare, il 22 ottobre 2020, Hariri è riuscito a essere nominato primo ministro per la quarta volta dal 14 febbraio 2005 e si è impegnato verso Parigi e i donatori internazionali, i quali si sono resi disponibili a sostenere il Libano, ma solo nel caso in cui venga formato un governo indipendente. Ad oggi, però, non è stata ancora trovata una via d’uscita dal perdurante stallo, anche a causa delle divergenze tra Hariri e il capo di Stato, Michel Aoun.

Di fronte a tale scenario, il ministro francese Le Drian, l’11 marzo, ha posto l’accento sul “disastro” economico e finanziario del Libano, il quale potrebbe avere ripercussioni anche per centinaia di migliaia di rifugiati siriani e palestinesi ospitati dal Paese e per l’intera regione. Nonostante le promesse dello scorso anno, “nulla si è mosso”, ha affermato Le Drian, riferendosi alla road map delineata dal presidente francese, Emmanuel Macron, all’indomani dell’esplosione di Beirut, la quale prevede la formazione di una squadra governativa formata da esperti e personalità lontane da partiti politici.

Il ministro francese ha puntato il dito contro gli attori politici libanesi, i quali stanno dimostrando di non aiutare il Paese e di essere incapaci di trovare una soluzione alle perduranti crisi. Secondo Le Drian, spetta alle autorità libanesi dirigere le sorti del Paese, consapevoli che la comunità internazionale sta guardando con preoccupazione a quanto accade in Libano. A detta del ministro francese, “non è ancora troppo tardi”, ma a breve Beirut rischia di trovarsi in una situazione di collasso totale. Motivo per cui, è necessario “agire in fretta”. Parlando al suo fianco, anche i ministri degli Esteri di Egitto e Giordania hanno sollecitato Beirut a formare quanto prima un nuovo governo.

Nel frattempo, nella medesima giornata dell’11 marzo, il ministro libanese dell’Elettricità uscente, Raymond Ghajar, ha affermato che il Libano potrebbe presto rimanere a corto di elettricità, nel caso in cui le casse del governo continuino ad esaurirsi. Il Paese fa affidamento sulle importazioni di carburante e diesel per fornire elettricità alla popolazione, ma il deficit accumulato dalle compagnie statali è pari a circa 2 miliardi all’anno. A tal proposito, Ghajar ha riferito che la mancanza di carburante potrebbe avere “conseguenze catastrofiche”, in particolare sul settore sanitario e sulla capacità del Libano di conservare i vaccini anti-Covid.

Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionele)