«Diplomazia indiretta» tra Stati Uniti e Iran

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(Roma, 13 marzo 2021). Gli Stati Uniti e l’Iran hanno avviato discussioni diplomatiche indirette, che passano tramite i Paese europei, e sono mirate ad avviare un dialogo sul ritorno all’accordo per il nucleare iraniano del 2015.

La notizia è stata riferita il 13 marzo dal consigliere per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan. “La diplomazia con l’Iran è in corso, solo che non in modo diretto al momento”, ha dichiarato ai giornalisti. Sullivan ha aggiunto che ci sono comunicazioni che passano tramite gli europei, ma anche attraverso “altri Paesi”. Questa comunicazione consente alle parti di spiegarsi e di procedere con le prossime mosse. Secondo il consigliere statunitense, Washington e Teheran stanno cercando di capire come andare avanti con la discussione, ma questo ha sottolineato che la situazione rimane complessa. Tuttavia, gli Stati Uniti ritengono di aver avviato un percorso diplomatico tramite il quale sarà possibile ridiscutere le misure sul nucleare iraniano. Secondo Washington, entrambe le parti devono mostrare di voler rispettare i termini dell’intesa, tramite un approccio che è stato definito “conformità per conformità”.

“Stiamo aspettando a questo punto di sentire ulteriormente dagli iraniani come vorrebbero procedere”, ha dichiarato Sullivan. Il fine ultimo sottolineato dal consigliere degli USA è quello di “impedire all’Iran di ottenere un’arma nucleare” e lo strumento per farlo è la diplomazia. Il 18 febbraio, gli Stati Uniti hanno riferito per la prima volta di essere pronti a ridiscutere con Teheran dell’accordo sul nucleare del 2015, negoziato e sottoscritto durante l’amministrazione dell’ex presidente Barak Obama. Tuttavia, ciascuna delle parti ha insistito sul fatto che l’altra facesse la prima mossa per tornare nell’intesa. Teheran ha chiesto a Washington di rimuovere le sanzioni economiche imposte negli ultimi tre anni dall’amministrazione di Donald Trump. Dall’altra parte, gli Stati Uniti vogliono che l’Iran ripristini le limitazioni al suo programma nucleare.

La notizia arriva quattro giorno dopo che, il 9 marzo, Washington ha sanzionato due ufficiali iraniani, membri del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC), accusati di presunto coinvolgimento in violazioni dei diritti umani contro prigionieri politici e manifestanti iraniani. I due individui in questione sono Ali Hemmatian e Masoud Safdari, definiti “interrogatori” per conto dell’IRGC. In particolare, ai due ufficiali e alle loro famiglie è stato fatto divieto di entrare negli Stati Uniti e i loro beni nel Paese sono stati congelati. Come specificato dal Dipartimento stesso, le violazioni di cui Hemmatian e Safdari sono stati accusati includono torture e/o trattamenti “atroci, disumani o degradanti” di prigionieri politici e persone detenute in Iran nel corso delle proteste del 2019 e 2020.

Inoltre, l’8 marzo, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, l’AIEA, ha affermato che l’Iran ha iniziato ad arricchire uranio in una terza serie di centrifughe avanzate di tipo IR-2m, situate nel sito nucleare sotterraneo di Natanz. La mossa rappresenta un’ulteriore violazione dell’accordo sul nucleare, il quale consentiva all’Iran di arricchire uranio solo con centrifughe IR-1 di prima generazione, presso il suddetto impianto. Tuttavia, già nel mese di novembre 2020, l’Agenzia AIEA aveva rivelato che erano stati installati, presto il sito sotterraneo di Natanz, un sistema di arricchimento sequenziale noto come cascata e un cluster interconnesso di centrifughe IR-2, dopo che Teheran aveva spostato tali dispositivi da un impianto fuori terra.

Negli ultimi mesi, sono state diverse le mosse che hanno messo in luce un progressivo allontanamento dell’Iran dai termini dell’accordo. Le violazioni di Teheran potrebbero creare una maggiore pressione sul presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, il quale sembra essere disposto a rilanciare l’accordo, ma ha più volte ribadito come sia necessario dapprima che l’Iran rispetti il patto. In tale quadro, il 7 marzo, il Dipartimento di Stato USA, attraverso il Segretario di Stato, Anthony Blinken, aveva anticipato che Washington era disposta ad avviare colloqui diretti con l’Iran. In risposta, il Il ministro degli Esteri di Teheran, Mohammad Javaz Zarif, aveva nuovamente ribadito la necessità di revocare le sanzioni economiche prima di discutere degli obblighi nucleari, sottolineando che questa è la posizione risoluta di Teheran e che non cambierà.

Il Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), è stato firmato durante l’amministrazione di Barack Obama, il 14 luglio 2015, a Vienna, da parte di Iran, Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Stati Uniti, Germania e Unione Europea. Questo prevede la sospensione di tutte le sanzioni nucleari imposte precedentemente contro l’Iran dall’Unione Europea, dall’Onu e dagli USA, in cambio della limitazione delle attività nucleari da parte del Paese mediorientale e ispezioni dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica presso gli impianti iraniani. L’8 maggio 2018, durante la presidenza di Donald Trump, Washington si è ritirata unilateralmente dall’accordo, imponendo nuove sanzioni contro Teheran che hanno, da un lato, aggravato le condizioni economiche del Paese mediorientale, e, dall’altro lato, acuito le tensioni tra Iran e Stati Uniti.

Maria Grazia Rutigliano. (Sicurezza Internazionale)