L’incontro tra Francesco e Al-Sistani, guardando alla pace in Iraq e il Medio Oriente

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(Roma, 06 marzo 2021). E’ un accorato appello a favore della pace e della fratellanza, contro ogni estremismo e violenza, quello lanciato oggi da papa Francesco dalla piana di Ur, nei pressi della città di Nassiriya, nel sud dell’Iraq, durante un incontro interreligioso con i rappresentanti delle varie fedi presenti nel Paese arabo a maggioranza sciita, tra cui la comunità degli yazidi, particolarmente colpita dalle persecuzioni condotte nel 2014 dallo Stato islamico. “Dio è misericordioso. L’offesa più blasfema è profanare il suo nome odiando il fratello. Ostilità, estremismo e violenza non nascono da un animo religioso: sono tradimenti della religione. E noi credenti non possiamo tacere quando il terrorismo abusa della religione”, ha detto il Pontefice a Ur, considerato dalla Bibbia il luogo di nascita di Abramo e ha un significato per le tre religioni monoteiste: ebraica, cristiana e musulmana. “Sopra questo Paese si sono addensate le nubi oscure del terrorismo, della guerra e della violenza. Ne hanno sofferto tutte le comunità etniche e religiose. Vorrei ricordare in particolare quella yazida. Non permettiamo che la luce del Cielo sia coperta dalle nuvole dell’odio”, ha detto Francesco. Gli yazidi sono una minoranza curdofona che pratica una religione monoteista caratterizzata da alcuni elementi che si rifanno al cristianesimo e all’islam. La minoranza è considerata eretica dagli estremisti dello Stato islamico. Durante l’estate del 2014, nel pieno della sua espansione nel nord dell’Iraq, lo Stato islamico ha massacrato numerosi uomini yazidi durante la conquista del monte Sinjar, e ha rapito migliaia di donne, vendendole poi come mogli ad altri combattenti o riducendole a schiave sessuali.

Papa Francesco ha poi rivolto un pensiero “ai giovani volontari musulmani di Mosul, che hanno aiutato a risistemare chiese e monasteri, costruendo amicizie fraterne sulle macerie dell’odio, e a cristiani e musulmani che oggi restaurano insieme” moschee e chiese. A Mosul, ex capitale del sedicente “califfato” dello Stato islamico in Iraq, domani il Papa effettuerà una preghiera di suffragio per le vittime della guerra presso Hosh al-Bieaa (piazza della Chiesa). “Il terrorismo, quando ha invaso il nord di questo caro Paese, ha barbaramente distrutto parte del suo meraviglioso patrimonio religioso, tra cui chiese, monasteri e luoghi di culto di varie comunità”, ha detto Francesco. “Amare e custodire i luoghi sacri è una necessità esistenziale, nel ricordo del nostro padre Abramo. Il grande patriarca ci aiuti a rendere i luoghi sacri di ciascuno oasi di pace e incontro per tutti”, ha aggiunto il Pontefice.

L’appello di papa Francesco: convertire gli strumenti di odio in strumenti di pace

“Sta a noi, umanità di oggi, e soprattutto a noi, credenti di ogni religione, convertire gli strumenti di odio in strumenti di pace”, ha detto ancora il Papa. “Sta a noi esortare con forza i responsabili delle nazioni perché la crescente proliferazione delle armi ceda il passo alla distribuzione di cibo per tutti. Sta a noi mettere a tacere le accuse reciproche per dare voce al grido degli oppressi”, ha detto Francesco. “La pace non chiede vincitori né vinti, ma fratelli e sorelle che, nonostante le incomprensioni e le ferite del passato, camminino dal conflitto all’unità. Chiediamolo nella preghiera per tutto il Medio Oriente, penso in particolare alla vicina, martoriata Siria”, ha aggiunto Bergoglio. “Non ci sarà pace senza condivisione e accoglienza”, ha dichiarato il Papa dalla spianata di Ur nel corso del dialogo interreligioso. Il Pontefice ha sottolineato che “chi crede in Dio non ha nemici da combattere”, aggiungendo che spetta all’umanità di oggi e “soprattutto ai credenti di ogni religione convertire gli strumenti di odio in strumenti di pace”.

“Un’antica profezia dice che i popoli ‘spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci’. Questa profezia non si è realizzata, anzi spade e lance sono diventate missili e bombe”, ha detto Francesco, sottolineando che il cammino della pace comincia dalla rinuncia ad avere nemici. “Chi ha il coraggio di guardare le stelle, chi crede in Dio, non ha nemici da combattere. Ha un solo nemico da affrontare, che sta alla porta del cuore e bussa per entrare: è l’inimicizia. Mentre alcuni cercano di avere nemici più che di essere amici, mentre tanti cercano il proprio utile a discapito di altri, chi guarda le stelle delle promesse, chi segue le vie di Dio non può essere contro qualcuno, ma per tutti. Non può giustificare alcuna forma di imposizione, oppressione e prevaricazione, non può atteggiarsi in modo aggressivo”, ha sottolineato il Papa.

L’incotro con al Sistani

Papa Francesco si è recato questa mattina nella città di Najaf, una delle tappe più cariche di significato del viaggio apostolico del pontefice in Iraq, dove ha incontrato il grande ayatollah Ali al Sistani. Il colloquio tra i due si è incentrato “sulle grandi sfide che l’umanità deve affrontare in quest’epoca (…) a causa di ingiustizie, oppressione, povertà, persecuzione religiosa e intellettuale e soppressione delle libertà”, spiega l’ufficio di Al Sistani in una nota. Il religioso sciita ha “ringraziato il Papa per essersi preso la briga di recarsi a Najaf per effettuare questa visita”, indicando “il ruolo che i grandi leader religiosi e spirituali dovrebbero svolgere nel frenare queste tragedie” ed esprimendo la speranza che l’Iraq “superi l’attuale calvario in poco tempo”. Al Sistani ha inoltre espresso “preoccupazione per i cittadini cristiani che dovrebbero vivere come tutti gli iracheni in pace e sicurezza, e nel pieno rispetto dei loro diritti costituzionali”. Infine, Al Sistani ha fatto riferimento “al ruolo svolto dall’autorità religiosa nel proteggere i cristiani e tutti coloro che hanno subito ingiustizie negli ultimi anni,

Secondo una dichiarazione del direttore della Sala stampa vaticana, papa Francesco ha ringraziato l’ayatollah al Sistani perché “assieme alla comunità sciita di fronte alla violenza e alle difficoltà, ha levato la sua voce in difesa dei più deboli e perseguitati affermando la sacralità della vita umana e l’importanza dell’unità del popolo iracheno”. Nell’incontro, durato circa 45 minuti, Bergoglio ha “sottolineato l’importanza della collaborazione e dell’amicizia fra le comunità religiose perché, coltivando il rispetto reciproco e il dialogo, si possa contribuire al bene dell’Iraq, della regione e dell’intera umanità”. Nel congedarsi, il Papa ha “ribadito la sua preghiera a Dio, creatore di tutti, per un futuro di pace e di fraternità per l’amata terra irachena, per il Medio Oriente e per il mondo interno”.

Da giorni nella città della provincia di Karbala, che ospita la tomba dell’imam Ali, il cugino e genero di Maometto, la popolazione stava lavorando per celebrare l’evento. L’aeroporto internazionale che ha accolto l’aereo con a bordo il Papa e la sua delegazione è stato addobbato con striscioni che ritraggono uno a fianco all’altro il pontefice e l’ayatollah Al Sistani, 90 anni, e slogan in arabo, italiano e inglese che recita una famosa frase attribuita all’imam Ali: “Le persone sono di due tipi, o è un tuo fratello nella fede o un tuo pari nella creazione”. L’incontro tra papa Francesco e il grande ayatollah Ali al Sistani è avvenuto nell’abitazione di quest’ultimo in assenza di giornalisti. Dopo i fasti del palazzo presidenziale, colpisce il decoro austero di questo faccia a faccia tra due uomini spirituali. Nell’abitazione sono stati ammessi solamente il pontefice e gli interpreti. Per la minoranza cristiana che in pochi anni è passata da oltre un milione di persone a meno di 300 mila nel 2015, una dimostrazione di solidarietà da parte di Al Sistani potrebbe aiutare a garantire i loro diritti nel Paese e alleviare le intimidazioni dei miliziani sciiti contro la loro comunità. Anche i funzionari iracheni al governo vedono il potere simbolico dell’incontro, così come Teheran.

Francesco e Al Sistani: il significato dell’incontro

L’anziano ayatollah è la prima autorità di questo rango a incontrare il Papa e per molti aspetti il colloquio che avverrà a Nafaj coinvolge non solo gli iracheni ma gran parte dell’islam sciita presente in Iran, ma con minoranze consistenti anche in Pakistan, Afghanistan, Arabia Saudita e Libano. Al Sistani si è posto in questi anni da contrappeso della forte influenza dell’Iran sull’Iraq, presentandosi come una sorta di garante della sovranità del Paese. Le poche azioni dirette avviate dal grande ayatollah sono state cruciali per la storia dell’Iraq. Nel 2005, una fatwa spinse gli iracheni a recarsi alle urne nelle prime elezioni democratiche organizzate dopo la caduta di Saddam Hussein avvenuta per mano della coalizione guidata dagli Stati Uniti nel 2003. Nel 2014, una fatwa di Al Sistani ha spinto la comunità sciita a combattere lo Stato islamico contribuendo alla formazione delle Unità di mobilitazione popolare (Pmu) protagoniste insieme all’esercito iracheno e ai Peshmerga curdi della controffensiva contro il gruppo terroristico culminata con la caduta di Mosul nel 2017. Infine, nel pieno delle manifestazioni antigovernative del 2019, in parte anche contro lo strapotere delle milizie sciite e dell’influenza iraniana nelle provincie meridionali, un sermone di Al Sistani ha spinto l’allora premier Adil Abdul Mahdi, molto vicino a Teheran, a dare le dimissioni, sostituito nell’incarico nel maggio del 2020 dall’attuale premier Mustafa al Kadhimi, noto per i suoi buoni rapporti con gli Stati Uniti.

A livello regionale, l’incontro con il papa offre una sorta di investitura ad Al Sistani. Diversi osservatori fanno notare infatti che il colloquio con papa Francesco potrebbe porlo come principale interlocutore dell’Islam sciita rispetto alla guida suprema dell’Iran, ayatollah Ali Khamenei, acuendo la storica rivalità tra i centri religiosi dell’islam sciita di Najaf e Qom, quest’ultimo principale luogo di formazione dell’élite religiosa iraniana e dello sciismo khomeinista. La scuola di Al Sistani si oppone infatti a quella di Qom e ne critica il ruolo fortemente politico, rappresentato dal potere di Khamenei sull’ordinamento iraniano.

(Nova.News)