(Roma, 05 marzo 2021). Papa Francesco è partito dall’Italia, dall’aeroporto Leonardo Da Vinci di Roma, venerdì 5 marzo, per una visita in Iraq definita “storica”. Il Pontefice si è proposto di porsi come “pellegrino di pace in cerca di fraternità”, recandosi in una terra antica, “culla della civiltà” ma altresì “cuore del dolore”.
Il rientro è previsto per lunedì 8 marzo. Fino ad allora, nei prossimi giorni, il Papa è atteso in diverse località irachene. In particolare, stando a quanto programmato, Papa Francesco incontrerà le comunità cristiane di Baghdad, Mosul e Qaraqosh, la più grande città cristiana dell’Iraq situata nella Piana di Ninive, dove, nel 2014, lo Stato Islamico ha costretto i cristiani, che erano riusciti a sopravvivere ad al-Qaeda, a fuggire verso il Kurdistan iracheno, la Turchia, il Libano e la Giordania. A Erbil, invece, il pontefice incontrerà le autorità curde e alcuni dei 150.000 profughi cristiani, provenienti dal centro dell’Iraq, che hanno trovato rifugio nella regione. Un altro meeting atteso è quello con Ali al-Sistani, guida spirituale e politica sciita dell’Iraq, a Najaf, a cui si aggiungerà quello con il presidente iracheno, Barham Salih. “Ci auguriamo che la visita del Papa porti attenzione sulla tragedia dei cristiani in Oriente e li incoraggi a rimanere”, ha affermato il cardinale Louis Raphael Sako, patriarca iracheno della Chiesa caldea, in una conferenza stampa tenuta prima della partenza di Papa Francesco, in cui ha aggiunto che il pontefice porterà un messaggio di fraternità alle altre fedi irachene, evidenziando come la religione non sia motivo di divisione, ma di unione.
È la prima volta che un pontefice si reca nel luogo di nascita delle Chiese orientali, da cui più di un milione di cristiani è fuggito negli ultimi venti anni. La visita, come evidenziato da più parti, ha un valore simbolico, data l’importanza dei cristiani iracheni nella storia della fede e il loro retaggio culturale e linguistico risalente al tempo dell’antica Babilonia, di quasi 4.000 anni fa. Tuttavia, la sistematica persecuzione dei cristiani iracheni, prima per mano di al-Qaeda e poi dell’ISIS, ha spinto decine di migliaia alla diaspora, minacciando la sopravvivenza della stessa comunità. Alla viglia della sua partenza, Papa Francesco ha inviato un videomessaggio in cui, rivolgendosi al popolo iracheno, ha affermato: “Finalmente sarà tra voi”. “Vengo come pellegrino penitente per implorare dal Signore perdono e riconciliazione dopo anni di guerra e di terrorismo, per chiedere a Dio la consolazione dei cuori e la guarigione delle ferite”, ha aggiunto il pontefice.
La visita si svolge in un clima particolare, alla luce della pandemia di Covid-19 e della perdurante minaccia posta dalle cellule terroristiche ancora attive nel Paese mediorientale. Si prevede che numerosi cittadini si accontenteranno di vedere il Papa per televisione, a causa delle restrizioni volte a impedire la diffusione del Coronavirus. Sono diverse, poi, le misure adottate per garantire la sicurezza del pontefice. Si prevede che il Papa utilizzerà un mezzo blindato per viaggiare su strade appositamente riabilitate in vista della visita, mentre impiegherà un elicottero e un aereo speciale per trasferimenti più lunghi, che lo vedranno sorvolare anche i territori dove le organizzazioni terroristiche continuano a essere attive. Stando a quanto affermato dal comando iracheno delle operazioni congiunte, sono stati elaborati piani appositi a Baghdad e nelle altre città irachene, la cui sicurezza verrà costantemente tenuta sotto controllo dalle forze irachene, coadiuvate dalle unità del Servizio antiterrorismo e delle Forze di risposta rapida del Ministero degli Interni, nonché dai servizi di intelligence iracheni.
Il cristianesimo in Iraq risale al I secolo d.C., quando l’apostolo Tommaso predicava il Vangelo nella regione mesopotamica. Prima dell’invasione guidata dagli Stati Uniti del 2003, i cristiani, di diverse denominazioni, ammontavano a circa 1,6 milioni in Iraq. Oggi ne rimangono meno di 300.000, secondo i dati forniti dalla Chiesa caldea. Da allora, 58 chiese sono state danneggiate o distrutte e centinaia di cristiani iracheni sono stati uccisi per la loro fede. Con Saddam Hussein, le comunità cristiane furono tollerate e non dovettero affrontare significative minacce alla sicurezza, sebbene discriminate. La diaspora è iniziata dopo l’invasione del 2003 e la situazione di caos è stata ulteriormente esacerbata quando al-Qaeda ha avviato una campagna di omicidi mirati e rapimenti di sacerdoti e vescovi, oltre ad attacchi contro chiese e raduni cristiani.
Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)
(Foto-Les Echos) : (Khalid al-Mousily/REUTERS)