(Roma il 18 febbraio 2021). Gli Stati Uniti hanno recentemente riferito di avere canali “secondari” attraverso cui comunicare con i ribelli sciiti Houthi. Secondo fonti politiche, questi sono rappresentanti dal Sultanato dell’Oman e dal Qatar.
A riferirlo, il 18 febbraio, il quotidiano al-Arab, a seguito delle dichiarazioni dell’inviato speciale degli Stati Uniti in Yemen, Timothy Lenderking, il quale ha precedentemente affermato che Washington mira a intensificare i propri sforzi diplomatici a livello internazionale e con i partner mediorientali, al fine di trovare una soluzione al conflitto yemenita, impiegando altresì canali secondari per avviare un dialogo con le milizie ribelli. Secondo le fonti consultate da al-Arab, sin dall’insediamento del nuovo presidente statunitense, Joe Biden, alla Casa Bianca, il Qatar sta cercando di porsi come mediatore “neutrale”. Motivo per cui, Washington avrebbe affidato a Doha il compito di fungere da “porta secondaria” per risolvere la crisi yemenita, ma i preparativi per tale missione, in realtà, sono iniziati da tempo.
Parallelamente, anche l’Oman, nel corso degli anni del conflitto, ha spesso accolto funzionari statunitensi e leader Houthi nella propria capitale, al fine di trovare un compromesso che potesse portare alla fine della crisi in Yemen. Tuttavia, dietro i meeting ospitati dal Sultanato vi sarebbe il Qatar, il quale, secondo alcuni, per evitare di esporsi in prima linea, ha preferito fornire agli Houthi un canale di comunicazione internazionale, sostenendo i costi degli incontri tenuti in terra omanita.
Circa il ruolo di Doha, al-Arab riferisce che il Qatar ha svolto il ruolo di mediatore tra gli Houthi e il governo legittimo yemenita in passato e, nello specifico, nel 2007 e nel 2010. Nel 2011, poi, il Paese ha cercato di contrastare l’iniziativa del Consiglio di Cooperazione del Golfo e il suo meccanismo di attuazione, ritirandosi da essa ed esortando diversi attori yemeniti, tra cui gli Houthi e la Fratellanza musulmana, a fare lo stesso. Ad ogni modo, secondo alcuni analisti, Doha ha svolto un ruolo decisivo nell’impedire la sconfitta delle milizie ribelli. Ciò è avvenuto, da un lato, sostenendo la coalizione a guida saudita, da cui si è ritirata nel 2017, allo scoppio della crisi del Golfo, e, dall’altro lato, fornendo supporto al gruppo sciita, a livello politico, finanziario e mediatico. In tal modo, riporta al-Arab, il Qatar, dall’interno della cosiddetta “legittimità”, è riuscito a confondere le parti belligeranti impegnate nel conflitto.
Come riferito da diverse fonti, negli ultimi tre anni, le società qatariote sono state particolarmente attive nelle regioni yemenite poste sotto il controllo dei ribelli. Tra queste, la Qatar Charitable Foundation, un’organizzazione che ha aperto un proprio ufficio a Sana’a, da cui si pensa copra i finanziamenti destinati al gruppo sciita. Parallelamente, il Qatar è tra i sostenitori dei partiti politici yemeniti affiliati alla Fratellanza musulmana, tra cui al-Islah e la “Corrente di Doha”, i quali si oppongono alla “legittimità” rappresentata dal governo yemenita e dalla coalizione guidata da Riad. Il quadro delle relazioni Doha-Houthi vede poi la visita di Abdul Malik Al-Ajri, membro della delegazione sciita ai negoziati mediati dalle Nazioni Unite, definito “ambasciatore non ufficiale” dei ribelli.
Alla luce di ciò, alcuni analisti dubitano sulla capacità del Qatar di fungere da mediatore, in quanto la sua vicinanza agli Houthi potrebbe, in realtà, portare Doha a esacerbare ulteriormente le tensioni. Inoltre, secondo fonti di al-Arab, il processo di riconciliazione con i Paesi del Golfo, avviato il 5 gennaio scorso con la dichiarazione di al-Ula, potrebbe far sentire il Qatar più forte, consentendogli di continuare a offrire sostegno agli Houthi. Nel frattempo, le tensioni sul campo continuano e il conflitto yemenita, scoppiato a seguito del colpo di Stato Houthi del 21 settembre 2014, non può dirsi concluso. Alla luce della crescente escalation delle ultime settimane nel governatorato di Ma’rib, e ai perduranti attacchi contro il Regno saudita, il ministro degli Esteri yemenita, Ahmad Awad bin Mubarak, ha esortato la comunità internazionale a esercitare pressioni sul gruppo ribelle, il quale, a detta del ministro, sembra non essere intenzionato a portare la pace in Yemen.
Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)