(Roma il 7 febbraio 2021). Le fazioni riunite a Ginevra hanno nominato un esecutivo ad interim che porti il Paese a elezioni nazionali dopo un decennio di caos e instabilità. Nel frattempo le migliaia di mercenari stranieri dovranno partire per facilitare la tenuta del fragile cessate il fuoco.
La Libia inizia un nuovo capitolo della sua storia con la nomina di un governo di transizione destinato a condurre a elezioni nazionali, il prossimo 24 dicembre, un Paese straziato dai quasi dieci anni di caos e instabilità seguiti alla deposizione del colonnello Muammar Gheddafi.
L’outsider che ha sconfitto i favoriti
Sono quattro gli uomini che i 75 delegati delle fazioni libiche, durante i negoziati condotti a Ginevra sotto l’egida dell’Onu, hanno investito del compito di riunificare una nazione contesa da da due amministrazioni rivali e un numero sterminato di milizie. Primo ministro a interim è l’ingegnere sessantunenne Abdul Hamid Dbeibah, un ricco uomo d’affari che aveva guidato la Libyan Investment and Development Company, il fondo sovrano avviato da Gheddafi nel 2007.
Il primo ministro libico ha ora 21 giorni per formare un esecutivo e altre tre settimane per ottenere la fiducia del Parlamento. Dbeibah non era apparso come il candidato più forte, anche in virtù dei suoi legami con il passato regime ma è apparso come una figura di compromesso rispetto a due favoriti che rappresentavano però ciascuno una delle due fazioni finora in lotta: Aguila Saleh, l’influente presidente del Parlamento di Tobruk, e Fathi Bashagha, il potente ministro dell’Interno del Governo di Accordo Nazionale con sede a Tripoli.
Capo del consiglio presidenziale è invece Mohammad Younes Menfi, un ex ambasciatore espulso dalla Grecia nel dicembre 2019 come rappresaglia per un accordo tra Tripoli e Ankara. Al suo fianco ci saranno Moussa al-Koni, rappresentante della minoranza Tuareg, e Abdallah Hussein al-Lafi, dalla citta’ occidentale di Zuwara.
La comunità internazionale ha espresso forte soddisfazione per un traguardo reso possibile dall’inattesa tenuta dell’accordo per il cessate il fuoco stretto lo scorso ottobre, due mesi dopo il fallimento dell’offensiva su Tripoli del generale Khalifa Haftar, che controlla la Cirenaica. Il governo guidato da Fayez al Sarraj era riuscito a ricacciare l’avversario alle porte di Sirte grazie al sostegno della Turchia, che aveva inviato a dargli manforte migliaia di miliziani prelevati da Sudan e Siria.
L’intervento di Ankara ha salvato il governo riconosciuto dall’Onu ma ha aggravato il problema costituito dalla presenza di mercenari stranieri in Libia (Haftar conta invece sui ‘contractor’ russi del celebre Gruppo Wagner), la cui partenza è una delle condizioni principali dell’accordo per il cessate il fuoco.
Per l’Onu è un « momento storico »
Al momento sembra però prevalere l’ottimismo. Stephanie Williams, l’inviata Onu che ha guidato il processo di pace, ha parlato di « momento storico ». « Sono convinto che questa sia una svolta », ha dichiarato invece il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. Usa, Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia hanno accolto con favore la nomina del governo ad interim ma hanno avvertito che c’e’ « una lunga strada da percorrere ». Sarraj ha augurato « successo nella sua missione » al nuovo esecutivo e il portavoce di Haftar si e’ congratulato con Dbeibah, Menfi e « il popolo libico ».
Scettici gli analisti. Secondo Wolfram Lacher dell’Istituto tedesco per gli Affari e la Sicurezza Internazionali, « le quattro persone che sono state elette non hanno alcun interesse comune che non sia ottenere il potere e mantenerlo ». Le nuove autorità, ha sottolineato Lacher alla France Presse, « troveranno molto difficile esercitare qualsiasi influenza nell’Est e incontreranno opposizione anche a Ovest ».
« Il processo Onu in Libia è uscito dai binari producendo una nuova autorità che francamente non si sarebbe aspettato nessuno », ha scritto invece, su Twitter, Tarek Megerisi, dell’European Council on Foreign Relations. Secondo Megerisi, i favoriti come Saleh e Bashagha sono stati azzoppati dall’identificazione con classi dirigenti incapaci di combattere la corruzione e fornire servizi essenziali ai cittadini.
Francesco Russo. (AGI)