(Roma il 04 febbraio 2021). Un attivista libanese, Lokman Slim, definito “anti-Hezbollah”, è stato trovato morto all’interno della sua auto, giovedì 4 febbraio, dopo essere stato sparato da cinque proiettili, di cui quattro alla testa.
Stando a quanto riferito dai suoi familiari, Lokman, noto per la sua opposizione al cosiddetto “Partito di Dio”, era scomparso il giorno precedente, il 3 febbraio, quando si era recato nel Sud del Libano per fare visita a un amico. Poi, dopo essersi messo in auto sulla strada del ritorno verso Beirut, la famiglia non ha più avuto sue notizie. L’auto con il cadavere dell’uomo, di 57 anni, è stata ritrovata a circa 70 km a Sud della capitale, nel distretto di Zahrani.
Il Libano è stato definito un Paese “sotto shock” per la notizia dell’uccisione dell’intellettuale, attivista politico, editore, fondatore e direttore di una delle più importanti organizzazioni non governative. Slim era considerato una voce di dissenso che si è apertamente opposta alle politiche e alle ideologie di Hezbollah, mentre negli anni è divenuto una figura di spicco nell’ambito dell’attivismo civile, in quanto difensore di principi quali cittadinanza, pari opportunità e uguaglianza. In una delle sue ultime interviste, racconta al-Arabiya, Lokman aveva parlato dell’incidente del 4 agosto presso il porto di Beirut, definendolo un “crimine di guerra” che ha coinvolto anche Damasco e Mosca.
Al momento, le indagini sull’omicidio sono ancora in corso, ma i medici legano hanno già rivelato che Lokman è stato sparato da cinque proiettili, quattro alla testa e uno alla schiena. La famiglia del ricercatore assassinato si è detta disposta a collaborare, consegnando il cellulare della vittima a parti internazionali, in quanto ha poca fiducia della magistratura libanese. Commentando il crimine, i familiari di Slim hanno riferito che l’uomo aveva spesso ricevuto minacce di morte e che l’assassino è, in realtà, noto, con riferimento a Hezbollah, definito una delle maggiori forze che governano nel Sud del Libano. Anche il vicecapo del partito Mustaqbal Movement, Movimento per il futuro”, Mustafa Alloush, ha accusato Hezbollah dell’assassinio del ricercatore e attivista, ritenendo ciò “logico”. A detta di Alloush, il Libano è testimone da tempo di omicidi di tal tipo, ma quello del 4 febbraio è soltanto l’inizio. Il partito sciita, da parte sua, ha negato qualsiasi coinvolgimento, affermando che si tratta di accuse dalle connotazioni politiche.
Di fronte a tale scenario, il coordinatore speciale delle Nazioni Unite in Libano, Jan Kubis, ha condannato l’accaduto dicendosi angosciato dalla grave perdita e chiedendo alle autorità competenti di indagare sulla questione in modo rapido e trasparente, sperando che “le indagini non procedano come quelle sull’esplosione del porto di Beirut”. Da parte sua, il primo ministro designato, Saad Hariri, ha dichiarato, sul proprio account Twitter, che l’assassinio di Luqman Slim è da inserirsi in un quadro di omicidi precedenti, e che quanto accaduto il 4 febbraio segnala, più di altri, che il Paese è in pericolo. Anche altri esponenti politici libanesi hanno sollevato voci di condanna verso un crimine definito “atroce” e hanno messo in luce come gli attivisti, i giornalisti e i politici in Libano siano da considerarsi in pericolo.
Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)