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Belgio: 20 anni di carcere per il diplomatico iraniano, progettò un attentato a Parigi

Un messaggio giudiziario e politico a Teheran. C’è questo nella sentenza per Assodollah Assadi, diplomatico iraniano condannato a 20 anni di galera. Un tribunale belga lo ha riconosciuto colpevole di aver progettato un attentato contro una manifestazione di esuli a Parigi, nell’estate del 2018. Terzo segretario presso l’ambasciata iraniana a Vienna, dove arriva nel 2014, il funzionario è ritenuto il responsabile di una rete europea dell’intelligence. Per questo si sposta in tutto il continente per allacciare rapporti e reclutare elementi, compresa una coppia che vive da tempo in Belgio, Amir Saadouni e la moglie Nasimeh Naami.

È a loro che Assadi, nome in codice Daniel, consegna un ordigno in un fast food del Lussemburgo, una bomba che deve essere innescata durante un evento nella capitale francese al quale sono stati invitati anche rappresentanti stranieri, tra questi Rudy Giuliani. L’operazione, però, è stoppata dall’intervento della polizia che blocca l’intera cellula. Un blitz legato probabilmente ad una lunga sorveglianza e ad un’esca ben preparata.

Le indagini sono state condotte da Germania, Belgio, Austria, Francia in collaborazione con altri alleati. Gli inquirenti hanno ricostruito passo dopo passo tutti i movimenti di «Daniel», lavoro favorito anche dalla documentazione sequestrata all’iraniano. In particolare un taccuino verde dove la spia ha annotato appuntamenti, trasferte, spese. Comportamento non professionale da parte di un personaggio che aveva già operato in paesi difficili, come l’Iraq. Errori — da valutare — che hanno portato al processo chiusosi con il verdetto. Pesante anche per i tre complici, dovranno stare in prigione dai 15 ai 18 anni.

La condanna di Assadi racchiude molti aspetti. Primo. Chiama in causa direttamente l’Iran. Non è poco, visto che in passato gli europei hanno preferito adottare una linea morbida nei confronti dei mullah. Secondo. Prova l’esistenza di un network e conferma l’importanza di Vienna all’interno della struttura. Terzo. Mette in guardia Teheran sulle conseguenze di attività illegali: negli ultimi anni in Olanda, Danimarca e Turchia si sono verificati attacchi (anche mortali) nei confronti di oppositori iraniani. Quarto. La magistratura non si è fatta intimorire dalle minacce di ritorsioni, messaggi «trasmessi» dallo stesso imputato.

Davanti agli addebiti la Repubblica islamica ha negato, quindi ha parlato di provocazioni montate ad arte. Ma ha anche pensato al dopo rastrellando diversi iraniani con la doppia cittadinanza: li ha messi in prigione usando vari pretesti e per alcuni ha previsto la pena di morte. Sono di fatto degli ostaggi che potrebbero essere usati in uno scambio per tirare fuori dalla prigione Assadi. Normale amministrazione, è già avvenuto. (Corriere Della Sera)

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