Pechino e Shanghai in allarme: il Covid minaccia le metropoli cinesi

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(Roma il 22 gennaio 2021). Strade bloccate e traffico deviato da barriere. Quartieri isolati e uomini con lo scafandro a pattugliare le nuove aree a rischio. Due grandi ospedali, di medicina generale e oncologia, chiusi perché possibili focolai di Sars-CoV-2. Shanghai, cuore finanziario della Cina, oggi si è risvegliata così. Alla fine, nonostante le draconiane misure anti coronavirus attuate dal governo, il Covid-19 è riuscito a eludere la sorveglianza dei cinesi.

Tutto è partito in seguito a un banale test di routine effettuato mercoledì presso il Renji Hospital, struttura situata nel distretto di Huangpu. L’ospedale aveva rilevato un paziente “sospetto”, un uomo di 56 anni dipendente del Fudan University Shanghai Cancer Center, centro oncologico che sorge nel distretto centrale di Xuhui. Nel mirino delle autorità sanitarie sono finiti anche due stretti contatti del 56enne. Sono loro i tre positivi che hanno subito fatto scattare l’allarme nella megalopoli da oltre 26 milioni di abitanti.

La Shanghai Health Commission ha classificato la comunità residenziale dell’uomo, nel distretto Huangpu, come area a medio rischio. Tutti i residenti sono stati messi in quarantena in appositi hotel per essere testati. I circa 6 mila operatori sanitari del centro oncologico dove lavorava il paziente infetto sono risultati negativi al virus. Un risultato del genere, ottimo in ogni altro Paese, non è bastato a rassicurare l’amministrazione locale. Che, di fatto, sottoporrà ad analisi accurate i lavoratori di tutti gli altri ospedali di Shanghai.

Il ritorno del Covid

Sia il Fudan University Shanghai Cancer Center che il Renji Hospital hanno sospeso i loro servizi ambulatoriali, ad eccezione dei servizi ospedalieri, rimasti inalterati. I pazienti che avranno bisogno di cure mediche speciali saranno trasferiti in altre strutture. La notizia è stata accolta con un misto di stupore e paura. Stupore: perché nessuno si aspettava che il Covid-19 potesse penetrare le possenti difese issate dal governo cinese. Paura: perché Shanghai non è Wuhan, e un suo ipotetico lockdown totale sarebbe pericolosissimo per l’economia cinese.

Ricordiamo che a Shanghai non si segnalavano infezioni locali da coronavirus da novembre, quando furono identificati sette casi nell’area di Pudong, ricollegati all’aeroporto internazionale di Shanghai Pudong. La National Health Commision of China ha comunque annunciato casi anche in altre zone del Paese, tra cui 17 infezioni locali nella provincia nord-orientale del Liaoning, teatro di un piccolo focolaio nelle ultime settimane, e nella regione intorno a Pechino, Hebei, dove è emerso un focolaio più ampio con più di 200 positivi negli ultimi giorni. Positività segnalate anche nel Guangzhou (2), Jiangsu (1), Fujian (1) e Shandong (1).

Sotto assedio

In generale, da una settimana a questa parte, in Cina i casi aumentano al ritmo di quasi 150 al giorno. Certo, stiamo parlando di numeri irrisori se paragonati a quanto avviene nel resto del mondo. E irrisori anche se li paragoniamo alle cifre della prima ondata. Eppure, è bastato poco per convincere il governo cinese a usare il pugno duro. Anche perché all’orizzonte si intravede il cosiddetto periodo di Chunyun, cioè l’esodo in vista del Capodanno lunare (12 febbraio). Per quel giorno, sono previsti tre miliardi di viaggi interni alla Cina.

A spaventare le autorità, il fatto che centinaia di milioni di lavoratori migranti lascino le megalopoli per tornare nei propri villaggi d’origine, molti dei quali sperduti nelle campagne. Il rischio che numerosi cittadini possano infettarsi e portare il virus nelle città, una volta terminate le vacanze, è un’ombra che non fa dormire sogni tranquilli i funzionari. A Pechino, intanto, è risuonato l’allarme in due sobborghi: a Daxing, nel sud-ovest della capitale, e a Shunyi, nel nord-est. Il coronavirus non deve circolare all’interno della Cina; figuriamoci se può farlo a due passi dalla Città Proibita, nelle vicinanze della sede del Partito Comunista cinese. È per questo che la tensione è alle stelle. Le autorità consigliano ai lavoratori di non partire per le vacanze. Ma per molti di loro, il Capodanno lunare è l’unica occasione dell’anno per poter rivedere le proprie famiglie.

Federico Giuliani. (Inside Over)