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Cosa stanno facendo i russi nel Nagorno Karabakh ?

(Roma 17 gennaio 2021). Dalla sera dello scorso 9 novembre, data in cui i belligeranti hanno siglato un accordo di cessate il fuoco mediato dal Cremlino, nel Nagorno Karabakh è tornata la pace. Sebbene continuino a registrarsi schermaglie fra azeri e armeni, anche piuttosto violente, la presenza nella regione contesa di una missione di mantenimento della pace russa impedisce che il clima di tensione perenne conduca all’accensione di ostilità estese, aspre e in grado di far riesplodere una guerra.

La Turchia sta approfittando della rinnovata stabilità per raccogliere quanto seminato, tentando di strappare l’Azerbaigian alla sfera di influenza della Russia per mezzo di accordi e potere morbido. Il Cremlino, invece, essendo guidato dall’imperativo di mantenere un ruolo super partes – fondamentale per esercitare il ruolo di arbitro regionale –, si è fatto carico della ricostruzione del Karabakh Superiore e sta lavorando nel dietro le quinte per mitigare il clima fra i belligeranti, come palesato dalla trilaterale di Mosca dell’11 gennaio.

L’operato russo nel Nagorno Karabakh

La pace si mantiene (anche) creando condizioni di vita adeguate, le quali sono propedeutiche al miglioramento psicofisico e materiale delle persone. I risultati della missione di mantenimento della pace russa sono ragguardevoli, soprattutto in considerazione delle tempistiche, e indicativi del proposito del Cremlino di promuovere la propria immagine presso la nazione armena – un’immagine danneggiata negli anni di Nikol Pashinyan.

Negli ultimi due mesi, ossia dalla seconda metà di novembre alla prima metà di gennaio, gli operatori della pace russi hanno permesso il ritorno nella regione contesa di oltre 48mila sfollati grazie ad un’opera senza sosta di ricostruzione delle infrastrutture e di ricerca e disinnesco di esplosivi. In data 14 gennaio, nel Nagorno Karabakh risultavano ricostruiti “più di 300 edifici, con materiale edilizio fornito dalla Russia” ed altri 450 erano in fase di erezione.

Oggetto del restauro e del ritorno all’agibilità non sono soltanto i palazzi ad uso abitativo, ma anche le centrali elettriche e termoelettriche; un’opera monumentale che, sino ad oggi, è costata al governo russo l’invio di oltre ottocento tonnellate di materiale da costruzione. I numeri riguardanti l’operazione di ricerca e disinnesco di esplosivi sono possibilmente più impressionanti: da metà novembre all’11 gennaio, mediante l’utilizzo di tecnologia robotica all’avanguardia, sono stati controllati e bonificati 479 ettari di terra, 183 chilometri di strade e 710 edifici, per un totale di oltre 23mila ordigni rintracciati e distrutti.

Assistenza medica e protezione dei luoghi di culto

Il raggio d’azione della missione di mantenimento della pace è esteso e multilivello. Ricostruzione e sminamento a parte, nella regione contesa sono stati allestiti dei centri di assistenza medica destinati ai residenti e dispiegati soldati a tutela e sorveglianza dei luoghi di culto cristiani. Fra il 25 novembre e il 1 gennaio, nei centri di assistenza medica russi sono stati visitati e curati più di 150 pazienti, in larga parte colpiti da disordini postraumatici. A fare da sfondo, la distribuzione di circa un milione e mezzo di tonnellate di beni umanitari. Ultimo ma non meno importante, le forze di mantenimento della pace russe stanno proteggendo i siti di culto della cristianità armena, dalle chiese ai monasteri, dedicando particolare attenzione a quelli che, sulla base degli accordi di cessate il fuoco, sono stati trasferiti a Baku.

Le ricadute

L’operato delle forze di mantenimento della pace russe sta venendo ampiamente pubblicizzato a Yerevan, dove, nel frattempo, partiti di opposizione e società civile hanno emesso una sentenza di condanna nei confronti di Pashinyan, colpevolizzato per la gestione della guerra e per aver danneggiato le relazioni con Mosca negli anni recenti – una linea politica rivelatasi controproducente.

La promozione di potere morbido nella nazione armena da parte della Russia riceverà ulteriore impulso e trarrà enorme beneficio, oltre che dal generoso impegno nel Nagorno Karabakh, anche da un’altra circostanza: l’arrivo dei turchi in Azerbaigian, ivi presenti con un centro di monitoraggio. Sia Ankara che Mosca potranno trarre giovamento da ciò: la prima potrà rafforzare l’immagine dell’impero rinascente in casa e nel mondo turco, la seconda potrà agitare lo spettro del panturchismo alle prossime elezioni armene e presentarsi a popolo e politica come la loro unica ancora di salvezza.

Emanuel Pietrobon. (Inside Over)

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