Yemen: Iran, Turchia e Qatar temono una sconfitta

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(Roma 17 dicembre 2020). L’esplosione verificatasi il 14 dicembre, al largo della città saudita di Gedda, potrebbe rivelare la volontà dei movimenti legati alla Fratellanza Musulmana, sostenuti dal Qatar e dalla Turchia, di esercitare pressioni sul governo legittimo e sulla coalizione a guida saudita, affinché questi facciano loro concessioni.

Questo è quanto riferito da alcuni esperti yemeniti e riportato dal quotidiano al-Arab, il 17 dicembre, in un momento in cui le tensioni tra il governo legato al presidente Rabbo Mansour Hadi, l’unico riconosciuto a livello internazionale, e i gruppi separatisti del Sud, rappresentati dal Consiglio di Transizione Meridionale (STC), sembrano essersi placate. In particolare, secondo le ultime notizie del 16 dicembre, le parti sono prossime a concludere le operazioni militari concordate il 10 dicembre, così da poter poi annunciare un nuovo esecutivo che vedrà una pari rappresentanza tra Nord e Sud dello Yemen, così come previsto dal cosiddetto accordo di Riad, raggiunto dalle due parti il 5 novembre 2019, sotto l’egida dell’Arabia Saudita.

Come evidenziato da alcuni analisti, ciò significa infliggere un duro colpo all’asse turco-qatariota, che, attraverso movimenti politici yemeniti affiliati alla Fratellanza Musulmana, ha avviato una campagna contro la cosiddetta “legittimità” rappresentata dal governo yemenita e dalla coalizione a guida saudita. Obiettivo dell’alleanza sostenuta dalla Turchia e dal Qatar è formare una vasta coalizione che includa altresì i Fratelli Musulmani e i ribelli sciiti Houthi, questi ultimi sostenuti dall’Iran. Alla luce di ciò, la coalizione ha più volte cercato di sabotare l’accordo del 5 novembre 2019, ostacolando le consultazioni volte alla formazione della nuova squadra esecutiva.

Ora, un ulteriore episodio che dimostrerebbe l’attivismo dell’asse turco-qatariota, a sua volta legato all’Iran, è l’esplosione che, il 14 dicembre, ha provocato un incendio su una petroliera, battente bandiera di Singapore, al largo di Gedda. Sebbene l’episodio non sia stato rivendicato, per l’Arabia Saudita si è trattato di un ennesimo “attentato terroristico” perpetrato dalle milizie di ribelli Houthi sostenute da Teheran. Tale episodio si è verificato in concomitanza con un bombardamento, condotto per mezzo di colpi di mortaio, contro il quartier generale delle forze della coalizione a Balhaf, un porto yemenita adibito all’esportazione di gas liquefatto. Il tutto mentre nei governatorati meridionali yemeniti, Doha e Ankara continuano ad impiegare gruppi armati ad esse affiliate per creare caos e tensione. L’obiettivo finale, spiega al-Arab, è far sì che l’Iran, la Turchia e il Qatar riescano a ottenere guadagni politici e militari in un quadro che vede il governo yemenita e la coalizione a guida saudita sempre più impegnati a giungere a una risoluzione del conflitto in Yemen.

Secondo un ricercatore politico yemenita, Saeed Bakran, negli ultimi due anni, i ribelli Houthi e gli esponenti della Fratellanza Musulmana hanno agito di pari passo, mentre il Qatar ha costantemente mostrato sostegno per entrambi anche a livello mediatico. In realtà, Doha, ha chiarito Bakran, ha apparentemente appoggiato due poli opposti, ovvero sia la “legittimità” sia la rivolta dei ribelli contro di essa, ma il suo scopo è quello di assicurarsi un perpetuarsi del conflitto sia a Nord sia a Sud e far sì che l’Arabia Saudita non raggiunga i propri obiettivi, primo fra tutti la pace in Yemen. Tale scopo, è stato evidenziato, coincide con quello dell’Iran.

In tale quadro, un altro ricercatore, Ezzat Mustafa, ha messo in luce come spesso una tregua presso Ma’rib, un fronte dove le milizie Houthi combattono contro l’esercito yemenita coadiuvato dalla coalizione, ha coinciso con tensioni a Shabwa, una regione meridionale dove sono particolarmente attivi gruppi armati affiliati ai Fratelli Musulmani, e viceversa. A detta del ricercatore, ogni volta che, a Sud, si verifica una tregua militare basata sull’accordo di Riad, gli Houthi si dirigono verso Ma’rib, incoraggiando la Fratellanza a continuare a violare l’accordo e a prendere di mira le forze yemenite e saudite nei territori meridionali, quasi come se alla base vi fosse un’intesa tra i ribelli e i Fratelli Musulmani sostenuti da Doha, entrambi determinati a occupare Aden e contrastare l’accordo di Riad. Ciò potrebbe anche spiegare il ritiro delle unità militari della Fratellanza da Ma’rib, le quali avrebbero lasciato spazio agli Houthi. Secondo Ezzat, dietro tali movimenti vi è Doha.

Alla luce di ciò, secondo diversi ricercatori yemeniti, quanto accade in Yemen può essere legato agli sviluppi a livello regionale, e, in particolare, alle vicende legate al progetto nucleare iraniano, alle perduranti mire espansionistiche della Turchia e alla crisi del Golfo scoppiata il 5 giugno 2017, che vede il Qatar oggetto di un blocco imposto da Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti (UAE), Egitto e Bahrein. Motivo per cui, lo Yemen è divenuto, secondo alcuni, un teatro utilizzato da attori regionali, Doha e Ankara in primis, per soddisfare i propri interessi in un’ottica anti-saudita. Pertanto, gli attacchi degli Houthi contro obiettivi energetici di Riad e la mobilitazione del Qatar in Yemen mirano tutti a spingere il Regno saudita a fare concessioni su un duplice binario. Da un lato, un accordo di pace in Yemen che risponda alle richieste delle milizie ribelli e, dall’altro lato, la fine del boicottaggio contro Doha da parte del cosiddetto quartetto.

Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)