Iran: sanzioni USA per due agenti segreti iraniani. «Furono loro a far scomparire un nostro poliziotto dell’Fbi»

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(Roma 14 dicembre 2020). Il Dipartimento del Tesoro punisce i funzionari accusati della scomparsa di Robert Levinson. Il presidente Rouhani sul negoziato nucleare: « Non discuteremo mai dei nostri missili balistici ».

Ultimi giorni per la presidenza Trump, ma la pressione dell’amministrazione sull’Iran rimane sempre alta. In poche ore gli uomini di Trump hanno lanciato diversi segnali. E parallelamente lo stesso sistema iraniano, nella persona del presidente Rouhani, ha risposto con altri segnali. La notizia del giorno è che di fatto gli Stati Uniti ormai accusano in maniera diretta l’Iran per la sparizione e la « probabile morte » dell’agente dell’Fbi Robert Levinson, scomparso in Iran nel 2007. L’accusa si deduce da una mossa del Dipartimento del Tesoro che oggi ha annunciato sanzioni contro due alti funzionari del governo di Teheran, Mohammad Baseri e Ahmad Khazai. I due sono membri del sistema di intelligence iraniano e sono accusati di essere gli autori del rapimento di Levinson. Il Tesoro nell’annunciare le sanzioni ha accusato il governo iraniano per aver messo in piedi il piano prima per far sparire l’agente americano e poi per coprire il ruolo iraniano con una campagna di disinformazione.

Già da alcuni mesi fa l’amministrazione Trump aveva concluso di ritenere che Levinson fosse morto, senza fornire le ragioni di questa ipotesi. Nel mese di ottobre un tribunale di Washington aveva ordinato all’Iran di pagare alla famiglia di Levinson 1,35 miliardi di dollari per risarcirla della perdita. Levinson sparì il 9 marzo 2007 sull’isola di Kish, dove avrebbe dovuto incontrare una fonte. In un primo momento era stato riferito che l’agente stesse lavorando su un’indagine privata ma l’Associated Press aveva rivelato sei anni dopo che Levinson era stato inviato in missione da analisti della Cia che non avevano l’autorità per ordinare un’operazione del genere.

La famiglia aveva avuto prove che Levinson era ancora in vita nel 2010 (un video) e poi nel 2011, quando le furono spedite alcune fotografie che lo ritraevano con una lunga barba e una tuta arancione simili a quelle dei detenuti di Guantanamo. Le sanzioni contro i due funzionari dell’intelligence di Teheran arrivano a pochi giorni dal passaggio di poteri da Trump a Biden, tanto che una fonte dell’intelligence americana dice al Washington Post che la mossa potrebbe essere un tentativo di mettere dei limiti allo spazio di manovra di Biden con l’Iran.

« Non dovrebbe mai più esserci un accordo negoziato con l’Iran che non preveda la liberazione degli americani che sono ingiustamente detenuti in quel paese », dice al Washington Post la fonte dell’amminsitrazione, « ci aspettiamo che i negoziati possano riprendere il prossimo anno, ma devono includere il ritorno a casa dei 3 americani ingiustamente detenuti in quel paese ».

Sul fronte iraniano, oggi ha parlato il presidente Hassan Rouhani, che ha lanciato diversi messaggi. Il primo, agli Stati Uniti e all’Europa, sui contenuti di un nuovo possibile accordo sul nucleare. Teheran vuole che gli Stati Uniti torni a rispettare quello firmato con Obama e abbandonato da Trump nel 2018. Ma gli Usa vogliono allargare il patto anche ai missili balistici, non solo al nucleare. « Il presidente Biden sa benissimo che il programma missilistico iraniano non è negoziabile e non entrerà in nessuna nuova trattativa », dice oggi Rouhani.

Il presidente iraniano precisa questo proprio perché da tempo è stato sollevato il tema del programma balistico iraniano: senza ricorrere all’arma nucleare, l’Iran sviluppando le sue capacità missilistiche sarebbe in grado di tenere in scacco molti paesi arabi nella regione e la stessa Israele. Per questo da giorni anche governi europei (da ultimo il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas) sostengono che si tornerà a trattare con l’Iran solo se Teheran accetterà di discutere anche di missili. Rouhani nega del tutto questa possibilità.

Il presidente iraniano poi cita il caso delle proteste europee per ila caso Zam, il giornalista impiccato la settimana scorsa perché accusato di aver sobillato e organizzato la rivolta del dicembre 2018 con i suoi messaggi su Telegram. « Non credo che danneggerà i nostri rapporti con l’Europa. Il sistema giudiziario iraniano è indipendente dalla volontà del governo », dice il presidente, « e l’esecuzione è stata condotta rispettando legge ».

(La Repubblica)