(Roma 08 dicembre 2020). Le forze dell’Esercito Libico Nazionale (LNA), con a capo il generale Khalifa Haftar, hanno intercettato e fermato una nave turca diretta nella città della Libia occidentale di Misurata, nelle acque di fronte alla città costiera orientale di Derna, nella sera del 7 dicembre.
L’annuncio è arrivato dal portavoce del LNA, Ahmed Al-Mismari, il quale ha specificato che si è trattato di un’imbarcazione commerciale turca, battente bandiera giamaicana e chiamata Mabrouka, la quale sarebbe stata “sottoposta ad indagini per aver violato le leggi e regolamenti marittimi”. L’imbarcazione sarebbe entrata in un’area proibita e l’equipaggio non avrebbe risposto ad una chiamata ricevuta in merito. Al-Mismari ha poi aggiunto che il carico trasportato non è stato ancora ispezionato e che i 17 membri dell’equipaggio, dei quali 9 sono cittadini turchi, 7 sono indiani e uno è azero, sono stati trattenuti al porto di Ras al-Hilal.
Secondo quanto riferito da una fonte turca in condizione di anonimato a Reuters, la Mabrouka avrebbe trasportato medicinali e prodotti sanitari provenienti dall’Egitto e, per tanto, a sua detta, il sequestro sarebbe stato “ingiusto”. Secondo la fonte, la nave dovrebbe essere rilasciata presto in quanto vi sarebbero pazienti che hanno urgente bisogno del carico a bordo.
Il portavoce del LNA, però, ha accusato la Turchia di continuare ad inviare armi in Libia, contravvenendo all’embargo per la fornitura di armi nel Paese nordafricano, attivo dal 2011, al quale si è poi aggiunta la Risoluzione Onu 2510, approvata lo scorso 12 febbraio, che proibisce il sostegno straniero alle parti in lotta in Libia. Con essa, gli Stati membri si sono impegnati a non a non interferire nel conflitto libico e a non adottare alcun tipo di misura che possa aggravare ulteriormente la situazione ma, da un lato, la Turchia è accusata di sostenere il Governo di Accordo Nazionale (GNA) di Tripoli, con a capo Fayez al-Sarraj, dall’altro le forze di Haftar riceverebbero, invece, sostegno militare e armi da Russia, Emirati Arabi Uniti ed Egitto.
Secondo alcuni osservatori, il sequestro della Mabrouka sarebbe l’ultimo tra gli episodi che rischierebbero di mettere a repentaglio l’accordo di cessate il fuoco permanente in tutta la Libia, raggiunto lo scorso 23 ottobre, a seguito di un incontro tra le delegazioni libiche rivali, ovvero LNA, vicino alle istituzioni di Tobruk, e GNA riunitesi a Ginevra nel quadro del Comitato militare congiunto 5+5 dal 19 ottobre precedente. Proprio lo scorso 6 dicembre, era stata denunciata l’ultima violazione del cessate il fuoco da parte delle forze di Haftar che avrebbero attaccato il campo di Tindi, controllato dai soldati del GNA, con il sostegno di mercenari sudanesi e di una copertura aerea. Durante l’attacco in questione, le forze di Haftar avrebbero tentato di prendere il controllo del quartier generale della zona militare di Sabha, ma, l’esercito fedele al GNA, guidato localmente dal generale Ali Kanna, avrebbe risposto all’assalto e avrebbe obbligato gli avversari a ritirarsi nelle zone di montagna intorno al quartier generale.
La Libia è teatro di una lunga guerra civile iniziata il 15 febbraio 2011 a cui ha fatto seguito, nell’ottobre dello stesso anno, la caduta del regime dittatoriale di Muammar Gheddafi. Da tale evento in poi, il Paese non è mai riuscito a realizzare una transizione democratica e, al momento, vede, a livello politico, la presenza di due amministrazioni rivali, quella della Camera dei Rappresentanti di Tobruk e quella del GNA di Tripoli e, a livello militare, il fronteggiarsi delle milizie legate al GNA e di quelle del LNA.
Il GNA di al-Sarraj è il governo ufficialmente riconosciuto dall’Onu in Libia, è nato il 17 dicembre 2015 con gli accordi di Skhirat, firmati in Marocco e poi scaduti il 17 dicembre 2017 ed è stato formalmente appoggiato da Italia, Qatar e Turchia. Le forze del LNA sono invece vicine al governo di Tobruk che controlla la Libia orientale ed è guidato da Aguila Saleh, e, a livello internazionale, sono sostenute da Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Francia e Russia.
Camilla Canestri. (Sicurezza Internazionale)