Coronavirus: l’Italia non ha più zone rosse

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Con l’approdo dell’Abruzzo in zona arancione in queste ore, il Paese entra in una nuova fase: nessuna regione è più in lockdown. E con la ripartenza di negozi e centri commerciali che riaprono ovunque, entra nel vivo lo shopping delle feste a ridosso del Natale. Se con il ritorno al giallo di Emilia Romagna, Friuli, Marche, Puglia e Umbria i bar tolgono i sigilli ai tavolini, in Campania, Toscana, Alto Adige, Abruzzo e Bolzano i negozianti rialzano dopo settimane le saracinesche grazie al passaggio all’arancione. Con cinque nuove regioni gialle (in tutto sono ora undici, oltre alla provincia di Trento) hanno riaperto – secondo i dati di Coldiretti, la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana – oltre 72’000 tra bar, ristoranti, pizzerie e agriturismi.

Sono comunque ancora circa la metà (47%) gli esercizi commerciali di questo tipo chiusi in Italia, nelle zone rosse e arancioni, per un totale di circa 170.000 locali. Resta un “caso“ quello dell’Abruzzo, dove a differenza delle altre regioni è stato lo stesso governatore Marco Marsilio a firmare in queste ore il passaggio di colore dopo “aver avvisato il ministro (della salute Roberto) Speranza“. Il presidente aveva lui stesso sottoscritto un’ordinanza per entrare in zona rossa lo scorso 18 novembre ed ora ha annullato di fatto quel provvedimento con quello nuovo. Si allentano le maglie ma l’allerta, segnalata dallo stesso Comitato tecnico scientifico (Cts), sale più di prima. Ci apprestiamo ad entrare in una fase in cui “avremo il raddoppio della criticità, nei pronto soccorso arriveranno coloro che avranno l’influenza stagionale e coloro che avranno il Covid vero e proprio“, avverte il coordinatore del Cts, Agostino Miozzo, chiarendo: “avremmo potuto imporre un lockdown assoluto, ma non possiamo permettercelo“. Non manca una riflessione sul ruolo dello stesso Comitato: come Cts – aggiunge – “ci contestano di avere troppa forza e di essere troppo influenti. Sono in tanti, anche la politica. Il conflitto è comprensibile: la politica fa la politica e gli scienziati dettano le regole della scienza. Se alla politica fa comodo che un metro sia 70 centimetri, per noi resta un metro. Le indicazioni sui trasporti hanno dato ad esempio grossi problemi alle grandi compagnie perché abbiamo fornito regole sul distanziamento“.

Con l’avvicinamento alle feste, nonostante norme e prescrizioni, aumentano però anche i maxiassembramenti nelle grandi città come Torino e Roma, dove nel quartiere dell’Eur sono stati segnalati in una serata tremila ragazzi radunati nelle strade della zona, abitualmente luoghi di ritrovo della movida. E il ministero dell’interno ha già pronto un piano per arginare il rischio di caos e mancato rispetto delle norme del decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) di Natale.

Il capo della polizia, Franco Gabrielli, in una circolare inviata ai questori ha chiesto “servizi mirati“ lungo le principali strade italiane e nei nodi delle reti di trasporto invitando a prestare la “massima attenzione“ nella predisposizione dei servizi. “Le attività in argomento, che dovranno prevedere aliquote della polizia locale – scrive Gabrielli – dovranno essere più pregnanti dal 21 dicembre al 6 gennaio nonché nelle giornate del 25 e 26 dicembre e del primo gennaio“ viste le “particolari limitazioni degli spostamenti tra regioni e comuni“.

Ma c’è chi già preme per ammorbidire le disposizioni contenute nel nuovo decreto. Il governatore della Liguria, Giovanni Toti, spera “che il governo ripensi, almeno dove il virus lo consente, alle misure che vietano gli spostamenti nelle feste natalizie ove creino disparità di trattamento“. E dal fronte dell’opposizione la Lega, a nome del centrodestra, punta al “via libera agli spostamenti all’interno della province, o in un raggio di poche decine di chilometri, per evitare di dividere le famiglie o bloccare alcune attività a partire dal volontariato“ in vista del 25-26 dicembre e del primo gennaio.

Una ventata più forte di ottimismo arriva dai progressi sul fronte del Piano vaccini, con le prime dosi in arrivo a gennaio: “un po’ di luce alla fine del tunnel si comincia a vedere. Ora aspettiamo che gli enti preposti diano le autorizzazioni per far funzionare il Piano“, dice il commissario per l’emergenza, Domenico Arcuri, il quale – oltre a specificare che il programma di inoculazioni riguarderà anche i migranti – chiarisce: “sarà più urgente vaccinare chi non ha avuto il Covid perché non ne è immune. Chi lo ha già avuto ed è guarito? Non saranno i primi e neppure i secondi, perché per breve tempo saranno immuni“. (Ticino News/ATS)