(Roma 03 dicembre 2020). L’Arabia Saudita accetterà un disgelo con il Qatar per mostrarsi dialogante davanti al nuovo presidente Usa Joe Biden. Ecco perché.
Il primo obiettivo tecnico ma anche simbolico del viaggio di Jared Kushner in Arabia Saudita è stato centrato: il genero del presidente e consigliere della Casa Bianca che muove coi sauditi una diplomazia personale, frutto di un’amicizia con l’erede al trono Mohammed bin Salman, ha ottenuto da Riad l’apertura dello spazio aereo per i voli commerciali che collegheranno Israele e gli Emirati Arabi. Non è poco, se si considera che difficilmente l’Arabia Saudita (con tutto il peso narrativo che la custodia dei luoghi sacri dell’Islam si porta dietro) potrà entrare a far parte degli Accordi di Abramo come fatto da Abu Dhabi e normalizzare così i rapporti con lo stato ebraico. Ma mentre si annunciano altri Paesi in entrata nel club prima dell’uscita dell’amministrazione Trump dall’incarico, certe decisioni saudite come quella sullo spazio aereo confermano simbolicamente l’avallo di Riad al processo in corso.
Scelta strategica che riguarda soprattutto il confronto con l’Iran, base comune tra Israele e i regni del Golfo che gli Stati Uniti stanno usando per catalizzare l’allineamento. È invece più tattica la ragione per cui Kushner probabilmente centrerà anche un secondo degli obiettivi della sua ultima visita nel Golfo da consigliere della Casa Bianca: la distensione tra Arabia Saudita e Qatar. I due Paesi restano distanti negli interessi e nelle proiezioni internazionali, ma soprattutto i primi — come spiegato su queste colonne da Cinzia Bianco (Ecfr) — hanno intenzione di mostrarsi aperti e meno aggressivi al futuro presidente statunitense Joe Biden. Consapevoli che i rapporti con il democratico saranno diversi, e molto meno amicali, consci che Riad comunque resterà vicina agli Usa e viceversa, “i sauditi cercano di risolvere la crisi col Qatar come regalo per Biden”, scrive il Financial Times.
Il blocco totale dei rapporti con il Qatar imposto dall’Arabia Saudita (e dagli Emirati) in tre anni e mezzo non ha portato a nessun risultato. Doha, formalmente accusata di sostenere gruppi islamisti e terroristi, non ha cambiato le direttrici che sono state la ragione profonda della crisi: il rapporto strettissimo con la Turchia e la linea dialogante con l’Iran. Sono d’altronde elementi strutturali per l’emirato: basta pensare che deve le sue ricchezze al controllo del più grande giacimento di gas naturale del mondo, condiviso (per disposizione geografica e geomorfologica) con l’Iran. È cambiato però il contesto internazionale: l’ingresso alla Casa Bianca di Biden, che ha già dimostrato che avrà una linea più severa con Riad, impone ai sauditi di mostrarsi flessibili, in grado di saper rinunciare a qualcuno dei fronti in cui muovono la loro politica regionale. In questo, la distensione potrebbe avere una fase iniziale (e permettere all’amministrazione Trump di incassare un primo successo) e continuare dopo gennaio, con Biden entrato in carica. Una de-escalation retorica di questo genere è in atto anche con la Turchia. Un problema: Abu Dhabi per ora non è della partita, e già lo scorso anno ha fatto in modo di intralciare altri contatti.
Emanuele Rossi. (Formiche)