(Roma 04 dicembre 2020). Nel corso della seconda conferenza internazionale a sostegno del Libano, i Paesi donatori hanno nuovamente esortato le autorità libanesi ad accelerare la formazione del governo per ricevere gli aiuti finanziari di cui necessitano.
L’incontro si è svolto, in videoconferenza, il 2 dicembre, ed è stato presieduto dal presidente francese, Emmanuel Macron, e dal Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, con la partecipazione di 32 Paesi, 12 organizzazioni internazionali e 7 organizzazioni non governative libanesi. Secondo quanto riferito dall’ambasciata francese a Beirut, nel corso del meeting i donatori internazionali hanno richiesto la formazione di una squadra governativa “credibile ed efficace”, sulla base della road map francese presentata da Macron all’indomani della violenta esplosione presso il porto di Beirut, del 4 agosto scorso.
Pertanto, la comunità internazionale si è nuovamente detta disponibile a sostenere il Libano a seguito della “tragedia che ha afflitto il Paese”, con riferimento all’incidente del 4 agosto, ma ha evidenziato la necessità impellente di un nuovo esecutivo, in grado di mettere in atto le riforme richieste. Al contempo, i partecipanti al meeting del 2 dicembre hanno espresso preoccupazione per il ritardo nella presentazione dei risultati delle indagini sull’esplosione, mentre hanno affermato come la ricostruzione del porto dovrebbe basarsi su una migliore gestione e un processo decisionale trasparente.
Altro fattore di preoccupazione è il perdurante deterioramento delle condizioni di vita e della situazione umanitaria della popolazione libanese. In soli 12 mesi, è stato sottolineato, il tasso di povertà è aumentato dal 28% al 55% costringendo molti libanesi a emigrare. Non da ultimo, i partecipanti si sono detti concordi con le recenti dichiarazioni della Banca mondiale, secondo cui quella vissuta dal Libano è una “recessione deliberata”, provocata dall’inerzia delle autorità libanesi. Tuttavia, è stato affermato, il Paese è ancora in tempo per risalire a galla, ma per fare ciò deve attuare riforme in modo rapido.
Il Libano è caratterizzato da una grave crisi economica e finanziata, ulteriormente esacerbata dalla pandemia di coronavirus e dall’esplosione del 4 agosto. Dopo l’incidente presso porto di Beirut, la Francia aveva organizzato la prima conferenza internazionale a sostegno del popolo libanese, durante la quale i partecipanti hanno accettato di fornire circa 300 milioni di dollari in aiuti urgenti, sotto la supervisione delle Nazioni Unite. Da parte sua, il presidente francese Macron ha lanciato un’iniziativa, volta a formare un governo libanese composto da specialisti apartitici, in grado di attuare riforme amministrative e finanziarie urgenti. Al momento, l’incarico di formare la nuova squadra dell’esecutivo è in mano a Saad Hariri, già primo ministro fino al 19 dicembre 2019. Tuttavia, si tratta di una missione non priva di ostacoli.
Il 2 dicembre, la direttrice del Fondo Monetario Internazionale (FMI) Kristalina Georgieva ha affermato che il Fondo si è impegnato ad aiutare il Libano nell’attuare le riforme necessarie, ma il Paese è tuttora privo di un quadro finanziario coerente e di una strategia affidabile per riabilitare il settore bancario. A detta di Georgieva, gli sforzi profusi dal FMI per stabilire un programma globale volto a raggiungere la stabilità non hanno portato ad alcun risultato rilevante negli ultimi mesi, a causa dell’assenza di un governo libanese vero e proprio. Tuttavia, il sostegno globale offerto alla conferenza è stato incoraggiante.
In tale quadro, il 3 dicembre, il presidente libanese, Michel Aoun, ha discusso della situazione libanese con il ministro di Stato britannico per il Medio Oriente e il Nord Africa James Cleverly. Da un lato, Aoun si è detto rassicurato dal fatto che la comunità internazionale continui a seguire il processo di riforma del Paese, ma ha evidenziato come questo continui a far fronte a diverse difficoltà, provocate altresì dalle conseguenze economiche derivanti dall’arrivo di circa 800.000 siriani in fuga dal conflitto in Siria. Dall’altro lato, il ministro britannico ha messo in guardia da quella che potrebbe rivelarsi una carestia, se i leader libanesi non agiranno in tempo. “Il pericolo più urgente è la sicurezza alimentare. Il Libano presto potrebbe non essere più in grado di nutrirsi da solo” visti i crescenti tassi di povertà e inflazione, ha affermato Cleverly, ribadendo come si tratti di una problematica causata da persone e che poteva essere evitata, con riferimento alla classe politica libanese, più volte accusata di essere all’origine della perdurante e crescente crisi. “Adesso, mesi dopo l’esplosione, il Libano è minacciato da uno tsunami silenzioso. I leader libanesi devono agire”, ha altresì dichiarato il ministro.
Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)