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Israele e il Libano: due Paesi tecnicamente in guerra in cerca di soluzioni sui confini marittimi

(Roma 27 novembre 2020). L’iniziativa di aprire i negoziati tra il Libano e Israele, due Paesi tecnicamente in guerra e in continuo conflitto tra di loro, ha sorpreso molti esperti in geopolitica e non solo. È la prima volta che ci sono dei negoziati tra il Paese dei Cedri ed Israele ? La risposta è no.

Una prima iniziativa fu presa nel lontano 1982 subito dopo l’uccisione del Presidente libanese Bachir Gemayel. Il fratello Amin venne nominato in fretta Presidente della Repubblica al suo posto, quando nel  Paese si combattevano guerre confessionali sanguinarie diverse.

Sotto gli auspici degli Stati Uniti all’epoca, i negoziati si focalizzarono sul ritiro di Israele dal Sud del Libano, sulla normalizzazione dei rapporti tra i due popoli e sulla stabilizzazione di un’area di sicurezza tra i fiumi Zahrani e Litani che doveva essere monitorata dal SLA (South Lebanese Army). L’iniziativa durò cinque mesi e sembrava che si raggiungessero gli accordi ma le pressioni dell’opposizione libanese formata da fazioni pro-Siria e l’opposizione feroce da parte di Damasco, fecero cadere l’iniziativa e il Presidente Amin Gemayel fu costretto a rompere qualsiasi contatto con Israele.

Siamo nel 2011 quando una seconda iniziativa sembrava avviarsi tra il Libano ed Israele, ma questa volta sotto gli auspici delle Nazioni Unite e non per risolvere le divergenze circa i confini terrestri ma per cercare di trovare una soluzione all’area marittima contesa. I negoziati non sono stati semplici. Si sono interrotti, sono ripresi e si sono interrotti ancora nel 2019 quando Israele si è lamentata della sicurezza dei suoi impianti a Nord Est nel caso dovesse scoppiare una guerra con Hezbollah, il partito armato e politico che controlla il Sud del Paese, oltre ad altre parti del Libano.

Il 20 luglio scorso, la multinazionale Chevron Energy Co. ha comprato la Noble Energy, la Compagnia che aveva iniziato le operazioni di esplorazioni ed estrazione del Gas nel East Med. Chevron sta cercando di mettere termine alle controversie di numerose aree marittime tra vari Paesi mediterranei come la Turchia e la Grecia, ma anche tra il Libano ed Israele.

A tal proposito, Chevron ha donato circa un milione di dollari alla Caritas Liban qualche giorno dopo la doppia esplosione avvenuta nella capitale libanese il 4 agosto scorso. È forse un tentativo da parte della multinazionale di essere presente sul tavolo dei negoziati al fine di porre termine alle varie dispute e per riprendere i lavori di esplorazione nell’area contesa tra il Libano ed Israele?

Per molti la risposta è sì, perché si tratta di milioni e milioni di metri cubi di gas e Chevron non vorrebbe fallire come Noble Energy che è crollata davanti alla pandemia del Covid-19. Chevron è una multinazionale americana che sta diventando un protagonista sempre più importante in tutta la zona del Medioriente, non a caso sta anche operando nella zona di Nassiriya Oil Field in Iraq e la multinazionale potrebbe aver spinto il Segretario di Stato degli Stati Uniti Mike Pompeo a compiere un tour in alcuni Paesi del Medioriente nei giorni scorsi.

Non solo, la settimana scorsa il ministro dell’Energia israeliano, Yuval Steinitz, ha accusato il Libano di minare i negoziati cambiando continuamente posizione e cercando di allargare l’area marittima contesa e la risposta alle accuse da parte del Presidente libanese Aoun, sul social Twitter, non si è fatta attendere. Stranamente, tre giorni dopo, domenica scorsa, Steinitz si è rivolto nuovamente al Presidente libanese sia in arabo che in ebraico con toni più pacati invitandolo ad un incontro faccia a faccia in un paese europeo al fine di riavviare i negoziati e di risolvere definitivamente le divergenze dell’area marittima contesa.

Secondo l’attuale Presidente libanese, i negoziati iniziati nel 2011 sotto gli auspici delle Nazioni Unite erano basati su una mappa sbagliata dell’ONU. In altri termini, il Libano oggi pretende un’area addizionale rispetto al 2011: 1.430 chilometri quadrati rispetto ai 860 chilometri iniziali. Per intenderci, il Paese dei Cedri pretende un’area più profonda a Sud del blocco n.9.

Le controversie circa le mappe sbagliate presentate dall’ONU nacquero anche nel 2000 quando Israele si ritirò dal Sud del Libano e i problemi dei confini terrestri rimangono a tutt’oggi irrisolti. Accadrà la stessa cosa nell’area marittima contesa? Forse no, gli interessi economici sono troppo importanti sia per Israele che il Libano, un Paese in ginocchio oggi per via di una crisi economica senza precedente, per via della pandemia, ma soprattutto per via delle esplosioni che hanno distrutto quartieri interi della capitale che fa fatica a rialzarsi.

Di Christine Aura*. (Report Difesa)

*Libanese, docente universitaria presso le Università di Urbino e di Bologna.

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